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La Valle di Fua era la parte iniziale di uno dei valloni glaciali delle Montagne della Duchessa, attraversava un paesaggio inforrato e
selvaggio dove massi erratici e faggi avevano trovato insieme il loro equilibrio. Un pastore delle Caparnie ci suggeriva di raggiungere da
Ovest la cresta del Murolungo, ci faceva dono della sua esperienza indicandoci un sentiero non segnato in grado di ammirare al meglio
quel territorio lunare, disegnato nella magnifica opera di antichi circhi glaciali. Quel filo di cresta precipitava verticalmente a Nord con
una parete rocciosa, alla cui base si nascondeva la Grotta dell’Oro, leggendario nascondiglio di briganti a seguito dell’Unità d’Italia. La
cavità si apriva come una spaccatura della montagna, che mano a mano diveniva cunicolo e poi strettoia, rivestito da morbide
concrezioni di latte di monte. Alcune farfalle trovavano riparo all’ingresso di quel luogo umido, dove l’acqua percolata trovava sfogo
in una sorgente sottostante. Il Lago della Duchessa colmava il fondo di quei pendii dorati bruciati dal sole, accoglieva sulle sue rive il
ristoro dei pascoli, che ci rammentavano quale fosse il vero tesoro.
Da Campo Felice il sentiero per il Rifugio Sebastiani passava
per la vecchia Miniera di Bauxite, che dapprima coperto nel bosco, si
scopriva
poi nella magnifica Valle del Puzzillo, tutta contenuta nel maestoso circo
glaciale di Vena Stellante. L’erba iniziava ad ingiallire
sotto il peso dell’estate,
regalando ai nostri occhi distese maculate di verde e d’oro, mentre voli di
rondoni prendevano slancio nel vento di
Maestrale. Quell’aria fresca rendeva
piacevole il nostro passaggio, e lo era anche per un gruppo di cavalli che
tutti raccolti sull’affaccio del
Passo del Puzzillo ci osservavano non curanti
ed esposti al vento. Vena Stellante aveva un nome che riecheggiava ai sogni, precipitava
bruscamente a Nord nella sua depressione, mentre verso Sud si conformava in
pendii più distesi e rasserenanti. Percorrevamo tutto il
filo di cresta di quell’antico circo
glaciale, passando anche per la Cimata del Puzzillo e quella di Pezza; in
lontananza la terra a tratti si
scarnificava nei toni rossi della bauxite, che, come con ferite aperte al cielo, mostrava il passato di quei territori desolati ma
accoglienti.
