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Forse, senza che me ne
accorgessi, anch’io sono cambiato più di quanto avrei voluto (Le passeggiate
del sognatore solitario, Jean-
Jacques Rousseau). L’aria si velava di
trasparenze, le profondità dei panorami si offuscavano nel candore. Le montagne
a malapena
lasciavano individuare il loro profilo a contatto col cielo, tutto
pareva unificarsi nella luce. La giusta via appariva e spariva nel terreno,
lasciando
evidente la direzione nella conformazione della montagna, tutto sarebbe andato verso quella direzione. Immensi pendii di erba
rasa scivolavano visivamente a valle come una carezza, il pascolo silenzioso
dei cavalli conferiva ancora più quiete a quella dimensione.
L’anima si rasserenava
alla bellezza lineare della semplicità, all’essenza delle cose, all’intimo
dialogo con sé stessi al cospetto del mondo.
Uscita CAI L'Aquila.
Tra spiagge nere e fiumare, antichi ponti e luoghi solitari,
spostandoci di volta in volta verso Sud, fino a raggiungere l’Isola delle Correnti.
Percorrevamo i vicoli di Marzamemi di notte, a filo del mare nero, che nel buio
manifestava soltanto il rumore delle onde e i piccoli lumi di
barche lontane. I
boschi di eucalipto scortecciati esaltavano il loro odore sotto il peso della
pioggia, mentre nello sfondo si intravedeva
sempre il mare. È curioso a vedere che quasi tutti gli
uomini che vagliono molto, hanno le maniere semplici; e che quasi sempre le
maniere semplici sono prese per indizio di poco valore. Lunghe strade
assolate tra Modica e Capo Passero, alla ricerca dei ricordi, la Bella
estate
di Cesare Pavere e la mia prima salita in bici sull’Etna, su quella montagna
nera, da Zafferana a Nicolosi fino al Rifugio Sapienza,
compiendo un anello sui
declivi del vulcano, dove il verde dei cespugli a malapena accennati trovava un
risalto straordinario. Scoprivamo la
bellezza del Lago Sirino, un luogo in cui ritornare,
un piccolo bacino naturale colmo di acque e di quiete, dove tutto si conteneva in
una
visione semplice e ordinata in grado di rasserenare l’anima. E il naufragar
m'è dolce in questo mare.
La Val di Funes ci accoglieva nella quiete di una dimensione
autentica, ogni giorno della nostra permanenza percorrevamo sentieri più o meno
frequentati, a piedi o in bici, vie di accesso a malghe raccolte nel verde di
immensi prati coltivati. Tra i diversi luoghi visitati il Sass Putia mi
rimaneva nel cuore, la sua percorrenza semplice si manteneva costante fino in
cima, dalla quale si aprivano panorami di grande bellezza sulle
altre vette
delle Odle. Viste dall’alto le strade si disegnavano sulle vallate sottostanti,
seguendo sinuosamente gli avvallamenti e portando
congiunzione tra le varie
malghe situate lungo il percorso. Percorrevamo la via del ritorno compiendo un
anello antiorario che
trovava il punto di partenza e di arrivo nel Passo delle
Erbe.
Regina delle Odle, il Sass Rigais era senza dubbio una
montagna molto bella e panoramica, la raggiungevamo partendo dal versante di
Santa
Magdalena, dove pernottavamo, compiendo una lunga salita fino alla
Forchetta di Mesdì, per poi discendere nel Plan Ciautier e risalire di
nuovo
per la Val di Salieres. Compivamo il percorso delle ferrate in senso antiorario
salendo prima ad Est, che tra cavi, pioli e staffe
metalliche giungeva presto in
cima, dove la presenza dei gracchi alpini ci faceva compagnia. Una pausa nella
bellezza, e poi di nuovo giù per il
versante a Sud, in equilibrio sul sentiero
fino alla chiusura del cerchio del nostro percorso. Tra vette affilate e nuvole
correva la vista dei
panorami, mi rimaneva impressa nel cuore per tutta la via
del ritorno, felice di una bellissima giornata.