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La Grotta degli Urli vista dopo anni dava la percezione di
un ambiente diverso, la mancata attività esponeva le sue inquietudini e di
nuovo
limiti da superare. Ci addentravamo in un ambiente maestoso che scendeva come
al centro della terra: la Galleria Andrea
Doria, che dava
accesso al Salone del Trentennale e alla Santabarbara,
rinnovava la sorpresa di un grande ambiente custodito nel sottosuolo. I
pensieri si
amplificavano in quella cava fonda di notte eterna; in un momento
di attesa ascoltavo i rumori della grotta, ogni piccolo suono si dilatava così
come facevano i miei pensieri, che si estendevano e fluivano come voci interiori.
Quel grande tempio sotterraneo era a dimensione del sacro,
ogni inquietudine si calmava e finalmente si rasserenava l’anima. (Le ultime due immagini sono state realizzate da uPIX uNDER PIXel)
Il cielo sopra Cittareale si era vestito di altostrati di
nubi, un illusorio mare visto dal basso, movimentato e bellissimo, definito dai
chiaroscuri del bianco. Tornavamo in grotta dopo tanto tempo con l’emozione di
ripercorrere parte del sottosuolo della Grotta di
Cittareale, tra cunicoli e
pozzi, legati alle corde e alla nostra amicizia. La condivisione era come
sempre l’essenza del nostro percorso, si
rianimava il sentimento di amore per
il sotterraneo, tra i meandri di notti eterne rischiarate dalle nostre luci, tra
scintille di sogni e pensieri
amplificati nel buio.
La Valle d’Arano si raccoglieva alle pendici meridionali del
Sirente, protetta dai rilievi circostanti e cinta dal bosco attiguo. I suoi
prati
mostravano tutta la bellezza del verde rinnovato, mentre i primi fiori
sgualciti dalla recente pioggia effondevano maggiormente i loro
profumi. Sopra un
modesto rilievo, adiacente all’imbocco della valle, vi erano i resti della
Rocchetta di Ovindoli, tracce a malapena visibili di
un antico castello-recinto
posseduto nel XIII secolo da Berardo della Rocca di Arano. L’antica fortificazione
bassomedievale lasciava ormai il
suo posto ai pascoli, con distese di prati dispiegati
in morbidi avvallamenti. I cavalli al pascolo conferivamo ulteriore quiete a
quella
visione così rilassante, semplice, antica.
Camminavamo tra i colori nella bellezza di maggio, tra le
ultime lingue di neve e le prime fioriture, sul filo di cresta della montagna
aperta su
panorami nitidi, puliti dal vento di maestrale. Qualche nuvola
raccolta impreziosiva il cielo scandendo le lontananze, mentre il cuore colmo
della
quiete di tutta quella bellezza rasserenava l’anima. Conoscevo un nuovo
sentiero mai percorso che dalla cima di Monte San Franco
raggiungeva l’omonima
sorgente sottostante, la scelta del nuovo itinerario ci lasciava scoprire meravigliose
distese fittissime di fioriture
di crochi. L’acqua sgorgava abbondante dalla
sorgente, rinnovava la memoria e le stagioni, alimentava la montagna e la
nostra sete,
alimentava anche la nostra anima.
La montagna di casa stava tra i colori nitidi e le ultime lingue
di neve, tra il riposo e il gioco dei cavalli e la quiete della solitudine di
un
pomeriggio di maggio. Di tanto in tanto qualche presenza ne animava il silenzio,
i primi piccoli fiori ne impreziosivano le coste erbose; miaccompagnava la
familiare visione delle montagne, l’umore declinante del pomeriggio, la
distensione della luce. Il vento in quota fletteva
a tratti la croce di vetta,
mentre la discesa tornava subito serena, colma di bellezza contemplativa.
Nel giorno delle virtù teramane i colori della natura assumevano
i toni polverosi della terra, una foschia leggera mitigava le lontananze,
stemperava
i profili delle montagne confondendoli col cielo. Da molto tempo avevo letto
della Madonna della Tibia, il suo nome così
particolare mi era rimasto impresso
ed oggi finalmente la vedevo, così raccolta a ridosso delle rocce sovrastanti il
piccolo abitato di
Crognaleto, su di una selletta panoramica da cui la vista
del Gran Sasso mostrava uno dei suoi volti più belli. Costruita per grazia
ricevuta, la
chiesa godeva di un’atmosfera unica, fatta della memoria dei
pellegrinaggi sulle orme dei padri, chissà quante volte da quel
campanile a
vela i rintocchi si erano perpetrati nella valle tra i dirupi e i fossi, il
portale accolto i viandanti e le icone sacre ricevuto le preghiere
dei fedeli.
Rimaneva quel bellissimo umore di un passato unico e singolare, fatto di
semplicità, di rito e di sacro.