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Due giorni stupendi immersi nella bellezza, tra fioriture
precoci e il rumore del mare. Il primo giorno ripercorrevamo verso Nord tutta
la
Costa dei Trabocchi, dalla Foce del Sinello fino alla fine della pista
ciclabile di Ortona. Diversi tratti chiusi obbligavano a deviazioni,
tuttavia la grandissima bellezza di quel contesto compensava ampiamente le aspettative al
pensiero che in futuro ci sarà finalmente
una bellissima pista ciclabile sulla
costa d’Abruzzo. I trabocchi a ridosso del mare raccontavano il legame antico
dell’uomo con
quell’elemento primordiale, così sconfinato e magnifico, oblio di
sogni e pensieri, disperso a vista d’occhio sotto il volo dei gabbiani che
lasciavano pervenire i loro versi tra il rumore delle onde. Le fioriture, così
inoltrate rispetto alle nostre, esplodevano in colori accesi attorniati
dal
verde intenso della giovinezza delle foglie, tutta quella bellezza giungeva a
noi e sapevamo apprezzarla. Il secondo giorno ci
addentravamo nella Riserva
Naturale del Bosco di Don Venanzio e poi verso Sud, nel centro storico della
bellissima Vasto, compiendo un
anello di ritorno al cospetto del faro di Punta
Penna e della Riserva Naturale Regionale di Punta Aderci. Su quel trampolino
erboso si
ammirava un infinito azzurro fatto di cielo e di acque turchesi, il
mare e il vento si accostavano naturalmente all’anima seminando la speranza
di
una quiete liberamente ritrovata.
La Quercia Zi Co’ era un vero patriarca, situata poco fuori
la località di Corruccioni, frazione di Cagnano Amiterno, sul ciglio della
strada
sterrata per la cima de Le Serre, contava la veneranda età di oltre
settecento anni. Il suo nome così particolare prendeva riferimento da
quello
del suo proprietario, tale “Zio Cosimo”, classe 1908, che per tutta la vita l’aveva
custodita gelosamente. La magnifica bellezza di
quell’albero così imponente
lasciava la consapevolezza di essere al cospetto di un monumento vegetale,
degno di riverenza e di ogni tacito
rispetto. Il tronco, probabilmente
squarciato da un fulmine, permetteva di entrarci dentro, ed era bellissimo
sentirsi avvolti da quel magnifico
nume.
Ho sempre creduto che la cima di Monte Soffiavento fosse
situata al di sopra dell’omonimo pozzo per la raccolta dell’acqua piovana ed
invece
oggi mi sono accorta che la localizzazione satellitare l’attribuisce ad
un rilievo poco distante. Tenevo fede alle descrizioni delle vecchie carte
IGM,
così oggi ho visto quel luogo, percorso così tante volte, con occhi diversi. Mi
sono soffermata sulla nuova piccola cima, non che fosse più
importante delle
sue prossimità sottostanti, ma solo per osservarla con occhi nuovi. Per coincidenza,
durante quel mio percorso solitario,
riflettevo su certezze e incertezze, a
volte siamo così convinti di cose che diamo per scontate che ci sorprendiamo
nel prendere
consapevolezza che ne vediamo solo una parte, e che in realtà
tutto può cambiare da un momento all’altro. In fondo è proprio vero che
l’unica certezza della vita è la morte, non ve ne sono altre, e che a noi sta soltanto
l’azione di cogliere ogni minimo momento di bellezza della
nostra esistenza. (Le foto dei particolari del testo e della cartina igm sono
tratti dalla Carta n°4 dei Sentieri Montani della Provincia
dell’Aquila – I Gruppi
M.Nuria M.Calvo M.Giano Monti dell’Alto Aterno, 1996.)
La montagna si velava di nubi, che ad entrarci era come in
un sogno. La strada faceva da riferimento certo tra i chiarori della nebbia,
così come
la valletta sottostante la cima, ammantata di neve sul limite del suo
crinale. Tra velature e suggestioni di nuvole, terra e cielo si toccavano,
mentre il vento animava le trasparenze coprendo e schiarendo visuali. I fiori
dei crochi si stringevano nei petali orlati di brina, uniche piccole
presenze
di quel percorso solitario. Tra quei chiarori la croce appariva in maniera
intima e inattesa, prima delle mie aspettative, avevo perso
la cognizione del
tempo e della fatica, poiché mentre camminavo sulla montagna in realtà mi
addentravo in me stessa. Scendevo per lo stesso
itinerario, riacquistando le visuali
lontane con la sensazione di essermi da poco svegliata da un sogno.
Tra
erbe e toppi di muschi scorreva l’acqua della Cascata dello Schizzataro, precipitava
all’interno di un piccolo bacino
artificiale, favorendo solitamente all’inverno
la costruzione delle forme di ghiaccio. Adesso però era primavera, e con ogni
forma di vita votata al risveglio e al movimento. Un ripido sentiero ne
risaliva affianco per poi ammorbidirsi subito alla
volta della montagna,
custode di grotte e ricoveri pastorali, le
rótti de sàndi risàndi ovvero le grotte di San Crisante, in
riferimento alla
vicina chiesa dei Santi Crisante e Daria. Vi ero stata altre volte, e di nuovo
ne ammiravo le fattezze semplici e
rigorose, custodi di una storia antica, con
intorno la suggestione solitaria della montagna. Al di sopra dei boschi
iniziavano ad intervallarsi cespugli e radure fino alle sommità di Monte
Rofano, affacciato sulla bellezza dei Piani di Fugno e
con un magnifico punto
di vista rivolto alla mole maestosa del Gran Sasso e a parte dei suoi
contrafforti meridionali. Il
percorso seguito ha preso spunto da qui.
Ogni luogo si concretizza in molteplici punti di vista, non
vi è mai la stessa percezione, e dipende non soltanto dal mutamento climatico a
seconda delle stagioni, ma anche dalla nostra capacità di osservare che di
volta in volta è variabile così come lo siamo noi stessi con i nostri
umori. A
volte abbiamo uno sguardo più accorto ai dettagli, a volte più aperto all’insieme,
ma è sempre diverso, con la conclusione che dare
per scontato un luogo è sicuramente
un errore. Scoprivo la bellezza di vecchie incisioni sugli intonaci del
monastero di San Severo, presso la
montagna di Pettino, accenni delicati di un
passato lontano, messaggeri di memoria perduta. Tra croci e figure antropomorfe
vi era
il vissuto di qualcuno ormai dimenticato, lontanissimo e sconosciuto,
dissipato nel tempo dell’abbandono, e delle cui memorie ne
rimanevano soltanto
pochi graffi. Vi ero stata in passato ed ora ne scoprivo altri punti di vista
egualmente affascinanti. Quante cose
ancora da conoscere, scoprire e
riscoprire, quanta bellezza sulle nostre montagne.