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Vallepezzata era
un paese abbandonato nei Monti della Laga, così isolato da essere raggiungibile
soltanto a piedi. Ci accoglieva al suo
ingresso con i ruderi della piccola
chiesa di San Nicola, con le teste di gufo scolpite sotto gli architravi e lo
stemma bernardiniano dalle dodici
lingue di fuoco. La pietra arenaria trovava
risalto nel contrasto del verde inteso della vegetazione che da lì a poco
avrebbe chiuso ogni passaggio.
Tra ranuncoli e ortiche, le felci iniziavano a
srotolare le proprie foglie, e dinanzi a noi si tenevano dritte come le uniche presenze
del paese
silenzioso. Nel piccolo cimitero solo due tombe, tra i rovi,
fermavano il tempo al 1960. Si narrava che lì, in passato, gli inverni fossero
così
rigidi e la terra così indurita dal gelo da non permettere neppure le
sepolture, tanto che col freddo i morti si stipavano sui tetti almeno fino
all’arrivo della primavera. Una fontana del 1901 lasciava ancora scorrere l'acqua. Gli ultimi terremoti avevano reso inagibile ogni
ambiente, una casa con l’unico comignolo rimasto in piedi manteneva ancora il
tepore delle ultime presenze, con il letto alto e corto, la
cassapanca di legno
e la cucina annessa al camino. Ormai gli interni e gli esterni non si
distinguevano più, e i ragni preferivano tenere dimora
nei boschi.
