sabato 23 marzo 2024

Il Castello Piccolomini di Balsorano

Le Giornate FAI di Primavera ci permettevano di visitare il CastelloPiccolomini di Balsorano, di proprietà privata: guidati dai giovanivolontari del FAI percorrevamo la parte accessibile ai visitatori. Unamagnifica cinta muraria irregolare avvolgeva il castello posto sopra unosperone roccioso, il punto di vista sulla Valle Roveto era invidiabile.Riadattato più volte nell’uso, da albergo a ristorante a setcinematografico, si prestava ancora oggi a coinvolgere i visitatori coni suoi interni gotici e rinascimentali, tra arazzi, affreschi, stemminobiliari e antiche armature. Ci tuffavamo nel passato e, anche se conuna breve visita, avevamo modo di assaporare la vita di quelle grandisale che avevano visto il passaggio di tantissime generazioni.

domenica 17 marzo 2024

Il Cammino di Celestino da Acciano a Beffi

Da Acciano a Beffi ripercorrevamo una delle tratte più belle del Cammino di Celestino. L’immaginazione correva indietro neltempo al 1294, quando il medesimo tragitto veniva percorso da Pietro da Morrone, futuro papa, alla volta dell’Aquila. Il letto del fiumeAterno lasciava correre l’acqua che in sé aveva la memoria del tempo, quell’acqua che si era più volte rimescolata nel mondo e cheora mi piaceva pensarla come testimone di ogni conoscenza. I ruderi di un antico mulino erano a ridosso del fiume, con alte pareti inpietra e tetti sfondati, porte divelte e fermate dagli accumuli di terra, probabilmente ancora in funzione nel secolo scorso, ma cheadesso si rivestiva soltanto di edere ed accoglieva gli arbusti. Poco distante ritrovavo la chiesa di Santa Maria Silvana, visitata piùvolte in passato col riscontro di un lento degrado che anno dopo anno procedeva comunque inesorabilmente. Ma la bellezza dellanatura aveva la voce più forte che passava sopra ogni cosa, sulla superficie dell’acqua, tra gli alberi e i vigneti incolti, sopraogni pietra ossidata, sopra il piccolo e famosissimo ponte romano. L’acqua correva similmente ai pensieri, che nonostantevolessero contenere tutto, si abbandonavano al fluire del tempo.

sabato 16 marzo 2024

L'Eremo di San Terenziano di Roccacasale e l'insediamento italico del Colle delle Fate

L’Eremo di San Terenziano si affacciava sulla conca peligna, godendo di un bellissimo panorama. Anche se visibile dalla stradasottostante, rimaneva raccolto come una piccola roccaforte isolata. Un sentiero lo raggiungeva tra gli arbusti, un tempo nemmenotroppo lontano quella via era meta di un’affollata frequentazione ai primi di settembre, quando in occasione dei festeggiamenti delSanto vi si allestiva un mercato occasionale dei frutti preziosi della terra, sia per fedeli che per i viandanti che vi si recavano.Ora ci accoglieva soltanto il silenzio. Tutti gli ambienti si aprivano e lasciavano guardare, tra residui di stucchi e affreschi sbiaditi,sotto la bellezza deteriorata della volta ellittica sovrastante. I lavori di riqualificazione inconclusi mostravano l’incuria di chi l’avevaabbandonato lasciandoci un senso di impotente desolazione, quanti luoghi di straordinaria bellezza e importanza giacevano comeruderi nell’indifferenza! Riprendevamo il nostro percorso alla volta della montagna, seguendo la mulattiera in direzione dellaMasseria Fortificata Santa Croce, l’unica ancora visibile in buone condizioni. Una pioggia leggera e l’ombra della pineta ci toglievanodal caldo di una ormai già proclamata primavera. Seguivamo i sentieri sopra Roccacasale alla scoperta del magnifico Colle delle Fate,dove notevoli mura poligonali e cisterne testimoniavano di un antico e importante abitato italico. Interessanti informazioni sul Colledelle Fate di Roccacasale sono riportate in questa pagina web.

domenica 18 febbraio 2024

Grotta d'Orlando e i sentieri di Monte Longagna

L’anfiteatro montuoso di Monte Romanella, Monte Alto e Monte Longagna custodiva molti sentieri, il più famoso era la Stradadei Centopozzi. La celebre Grotta d’Orlando si raggiungeva con una breve diramazione dalla via principale, il nome così particolarecercava spiegazione nella tradizione locale, chi l’attribuiva ad uno dei paladini della cerchia di Carlo Magno, e chi rammentavainvece semplicemente la correzione del nome originario di grotta urlante. Il bosco ci accoglieva nella sua bellezza, tra faggi epiccole tassete seguivamo i sentieri per Fonte Longagna. L’ultimo tratto di mulattiera segnava marcatamente la via, nonostante nonsegnato, fino alla Madonna della Candelecchia. Poco oltre scoprivamo i ruderi di un antico santuario al di sotto della Rupe di San Leonardo,il fascino di quella collocazione e i residui di mura così ben integrati nell’ambiente erano davvero una bellissima sorpresa.

sabato 3 febbraio 2024

La Madonna della Neve di Castelvecchio Calvisio e la zona di Carapelle

Un’antica mulattiera scendeva da Castelvecchio Calvisio in direzione dei numerosi campi coltivati della Valle di Vusci, intercettando sullastrada la suggestiva Madonna della Neve. La notevole fattura della chiesa dava sfoggio di importanza nonostante l’incuria del tempoche l’aveva resa allo stato di rudere. Fortemente incassata nel pendio, a ridosso di un tornante, avevamo modo di ammirarla sia dall’alto,con il campanile a vela alla nostra portata, che dal basso dell’ingresso. Purtroppo qualcuno l’aveva privata delle pietre lavoratepiù accessibili: erano state divelte le cornici del portale e delle finestre, rimanevano soltanto i decori del frontone d’ingresso e lafinestra sommitale. L’interno dava dimora a rovi ed arbusti, ancora si ergevano i tre grandi archi del tetto, e quel poco che rimanevadegli altari era evidenziato dai resti degli affreschi. Non si leggevano più le immagini sacre, era visibile soltanto un essenziale decorovegetale. Una datazione lasciava risalire la chiesa al 1650 – D. F. DE F. P. S. D. ANNO DMI IUBILEI – ma la storia si era perduta neltempo e rimaneva soltanto in qualche memoria tramandata. (Per approfondimenti “La Montagna e il Sacro – riti e paesaggi religiosi in Abruzzodi Edoardo Micati, Carsa Edizioni, 2018). Riprendevamo il nostro percorso in direzione dei campisottostanti, tra la bellezza degli uliveti e un’illusoria primavera. Un grande casolare isolato catturava la nostra attenzione, untempo quei luoghi avevano vissuto più di importanza, di lavoro e di frequentazione. Raggiungevamo Carapelle Calvisioimmettendoci direttamente nei suoi vicoli, finalmente erano attivi i lavori della ricostruzione che ci lasciavano sperare di poterammirare presto un bellissimo borgo. Tutta la montagna intorno era un dedalo di sentieri, seguivamo quello per Villa San Martinoe la Chiesa di San Cipriano, alcune delle testimonianze più antiche della storia di Carapelle.