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Il bacino di
Crispiola si chiudeva a Nord con una modesta dorsale, il cui rilievo più alto
prendeva il fantasioso nome di Cupola di San
Pietro. Quella piccola montagna,
vista da diverse angolazioni, assumeva effettivamente una forma emisferica, e
dedicava il suo
nome al Santo che in passato veniva venerato dagli abitanti di Corno. Una piccola propaggine a Nord di
quella montagna
ospitava i resti della Rocca
Sancti Silvestri, un castello di cui adesso si perdevano quasi del tutto le
tracce, ma che un tempo
aveva avuto sicuramente un passato glorioso, considerando
soprattutto il contributo alla fondazione della città dell’Aquila. Le
poche
mura rimaste in piedi erano a malapena percepibili tra i sedimenti accumulati
nei secoli e la vegetazione spontanea,
tuttavia era sensazionale la scelta di
quel magnifico punto di vista a controllo della vallata. La Cupola di San
Pietro mostrava
dall’alto panorami sorprendenti, con distese immense di boschi
incastonati di calaverna, e una nuova prospettiva che affilava
Monte Calvo,
Monte Giano e il Terminillo lungo la stessa via di fuga. Proseguivamo alla
ricerca del Castello di Corno, trovando
alcuni ruderi sulla cima di un piccolo
rilievo a quota 1160 metri. I resti dell’antica fortezza, nonostante maggiormente
visibili
rispetto i precedenti, si confondevano anch’essi nella visione
generale della natura. Di tanto in tanto riaffioravano anche
probabili
brandelli di cinta muraria, con l’ordine delle pietre scomposto e la memoria di
antichi guerrieri tornata alla polvere.

A Pescina il
tempo si fermava sotto la torre di San Berardo, si tratteneva tra le pietre rivestite
di muschi e le finestre affacciate
nel vuoto, sotto tetti sfondati. Era trascorso
un secolo dal gennaio del 1915, e quel vuoto si colmava soltanto dei rovi che
permettevano
alla natura di riappropriarsi della parte più vecchia del paese. La strada
saliva suscitando la suggestione nostalgica di
Fontamara, parevano i vicoli, le piazze e le case che Silone
ricordava nel suo esilio, divenendo l’espressione concreta di un
paese fatto di
memoria. Il rilievo montuoso al di sopra del paese ospitava i resti dell’antico
castello, di cui ormai ne rimanevano
issate soltanto poche mura e la torre
pentagonale. La bellezza di quella posizione dominante era dovuta alla
strategia di controllo
che in passato si voleva avere sul fiume Giovenco all’ingresso
del Lago Fucino, per impedirne l’accesso da Ovest alle sue acque,
mentre adesso
si colmava della visione geometrica delle coltivazioni, scandite dai colori
differenti dei diversi
appezzamenti. La Piana del Fucino era quello che Secondo
Tranquilli desiderava guardare per sempre, oltre la vita e la
morte, “mi piacerebbe essere sepolto così, ai piedi
del vecchio campanile di San Berardo a Pescina, con una croce di ferro
appoggiata al muro e la vista del Fucino in lontananza. Ignazio Silone”.