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La prima
esperienza di cicloturismo era un giro di prova ad anello intorno al territorio
aquilano, partivamo da Scoppito perraggiungere Secinaro, passando per la Valle
dell’Aterno, l’altopiano delle Rocche e quello di Campo Felice, sfruttando lanuova galleria di Serralunga, che finalmente metteva in comunicazione i due
versanti della montagna. Passavamo perstrade poco frequentate, immerse nella
natura e al cospetto di montagne maestose, come il Sirente. Il verde delle
vegetazionitrovava sfogo in molteplici sfumature, mentre i toni dei campi di
grano iniziavano a spegnersi, alleviando i contrasti con gli altricolori. I
paesi si popolavano di turisti, alcuni
dei quali incuriositi dalle nostre strane biciclette con le sacche. Nella quiete
di stradebellissime trovavamo il piacere di viaggiare senza fretta, tutto era
a nostra dimensione.
Charles Moulin
era un pittore francese amico di Henri Matisse, con cui frequentò l’Ecole des
Beux-Arts de Paris nel 1888. Viaggiò molto tra gli Stati Uniti, la Francia e
l’Italia, dove giunse per laprima volta all’età di 27 anni, e che scelse in
seguito come luogo dove rimanere per tutta la vita. Vincenzo Tommasone, uno
zampognaro che gli aveva fatto da modello per i suoi quadri, glifece conoscere
la Valle del Volturno, da lì nacque l’amore per quella terra, circondata da
montagne maestose e primitive. Nel 1919 si trasferì definitivamente presso Castelnuovo
al Volturno,alternando la permanenza in paese con lunghi periodi di isolamento
artistico sulla cima di Monte Marrone, dove un piccolo eremo costruito in seno
ad una vallata sommitale gligarantiva la giusta tranquillità per avere
coscienza totale della luce e della natura. La gente del posto gli voleva bene,
lo leggevamo negli occhi di Livio, un signore incontrato lungo ilnostro
cammino che da bambino aveva avuto la fortuna di conoscerlo: ci descriveva la
sua aria singolare e la sua lunga barba bianca, vestito di stracci e sempre con
un sorriso gentile definitosul volto, chissà quante leggende avrà suscitato su
di sé quello strano pittore che tutti chiamano Mussié Mulà. Nei pressi dell’eremo, diversi faggi secolari si
torcevano come a volerdimostrare la propria anima, la nebbia andava e veniva a
tratti conferendo a quella visione un ulteriore fascino e mistero. La bellezza
delle Mainarde si componeva della sua natura selvaggia eincontaminata, luoghi
severi dove l’uomo aveva difficilmente segnato il territorio, e forse sarà
stata proprio questa sintesi terrena ad ammaliare l’anima di quell’artista. Dalla
cima di MonteMare ammiravamo quasi tutto il filo di cresta della piccola
catena montuosa: lo sguardo scivolava lungo i pendii e risaliva le sommità degli
altri rilievi, tra ghiaioni, boschi e piccoli arbusti sicomponevano la luce e i
colori dell'essenziale. Charles Moulin era
stato incantato dai paesaggi delle Mainarde, era ossessionato dalla luce e
all’amico Matisse che gli domandava come avrebbefatto a trovarlo scriveva:
“Quando vedrai il sole, lì sarò io”. (Testo in corsivo citato da qui).
Il
Castello di Piscignola un tempo apparteneva alla nobile famiglia aquilana dei de
Nardis, e di fatto partecipò nel 1254 alla fondazione della città dell’Aquila. Situato
nel territorio comunaledi Antrodoco nel 1927 passò anch’esso alla provincia di
Rieti, ma il legame abruzzese si rivendicava ancora negli ultimi anni. Il
toponimo aveva subito nel tempo diverse variazioni: da RoccaPiscinale a Piscigna
a Piscinola (diminutivo del termine
latino piscina = vivaio di pesci)
andava a cogliere il significato che un tempo ribadiva lo stemma lapideo del
castello raffigurante deipesci, apposto sull’architrave dell’ingresso e purtroppo
trafugato nell’autunno del 1980. Un’antica sorgente ai piedi del castello alimentava
stagionalmente il Ruscello Corno: una profondaerosione del suo fosso segnava l’abbondanza
che un tempo avevano le sue acque, sicuramente ricche e pescose, ridotte ai nostri
giorni soltanto a rivoli stagionali. Quelle poche murarimaste in piedi erano
in completo disfacimento, ormai la loro funzione protettiva era rivolta unicamente
agli arbusti che vi crescevano all’interno. Si salvava soltanto una piccola volta
abotte che fungeva da ricovero ad un gruppo di asini. I pascoli in quota animavano
quell’interessante conca di natura carsica, i loro campanacci risuonavano nella
vallata dando vitalità ad uno deipiù bei pianori della zona. Di questo “castrum” abbiamo notizia nel
Catalogus Baronum (siamo nell’anno 1167) dove si dice: Todinus de Colimento
tenet […] Roccam Piscinalem (CATALOGUSBARONUM, a cura di E. Jamison, in “Fonti
per la Storia d’Italia”, Roma, 1972, n:1172). L’Antinori ci fa sapere che Nel
1185 Gentile Vetulo aveva Rocca Piscinale in Valle d’Antrodoco” e che Nel1384
Piscignola risulta ancora abitata (A.L. ANTINORI, Corografia, ms. – metà sec.XVIII
– in Biblioteca Provinciale dell’Aquila, vol. XXXVII, p. 38). Ma
successivamente da undiploma di Re Ladislao del 1408 apprendiamo che a tale
data il Castrum Piscignolae doveva considerarsi distrutto e abbandonato dagli
abitanti (vedilo in A. CLEMENTI, Momentidel medioevo abruzzese, Roma, 1976, p.
106); tanto che nel 1488 Piscignola e Racino non formavano che un castello
(ANTINORI, op. cit. vol. XXXVII, p. 40). (Il testo riportato in corsivo è
unacitazione tratta dalle Note Illustrative dei Sentieri Montani della
Provincia dell’Aquila, 1996).