skip to main |
skip to sidebar
A Fontavignone le pietre ci raccontavano la memoria del
passato, da Pietra Pezzuta, al Pugno, all’Acquario e alla Seggetta ogni roccia
si vestiva di suggestione. Conoscevamo i luoghi che un tempo erano stati il
riparo dei soldati in fuga dai tedeschi, durante Seconda Guerra
Mondiale. Un
americano, un inglese, un cecoslovacco ed un tenente medico sudafricano avevano
trovato rifugio nel fitto della vegetazione,
nascosti in grotte e ripari
naturali, ricoveri di fortuna che grazie alla protezione e l’aiuto dei
Fontanari gli avevano garantito la salvezza.
Antiche strade e mulattiere si
snodavano nel bosco, spesso accostate a muraglie di eccellente fattura, che
nonostante lo scorrere del
tempo mantenevano ancora le conformazioni. L’ultimo
giorno dell’anno ci accoglieva nella bellezza luminosa della natura, dal punto
panoramico del Miratore un letto di nuvole inondava la Valle dell’Aterno, lasciando
ai nostri occhi il dono della contemplazione.
Il rumore dell’acqua della Cascata di San Nicola
riecheggiava da parte a parte lungo la Forra del Quirino, ne percepivamo la
presenza
onnipresente, affacciandoci dall’abitato di Guardiaregia. Un sentiero
naturalistico rimarcava in sicurezza antiche strade e mulattiere,
lo seguivamo
immergendoci nella quiete di quei luoghi solitari. Eravamo nell’Oasi WWF Riserva
Regionale Guardiaregia Campochiaro,
sulle montagne del Matese Molisano, immersi
ancora in una visione di autunno. Antiche leggende animavano l’immaginazione
dei boschi,
storie di briganti, ingiustizie, punizioni e strategie, facevano
eco al silenzio introspettivo dei nostri pensieri. I Tre Frati svettavano
magnifici nel bosco a ridosso di una delle strade per Benevento, chissà quanti
racconti di streghe leggendarie si erano perduti qui, sotto
questi faggi, nelle
notti dei tempi passati.
A Roma, al quarto piano di via Oslavia 39b, la casa di
Giacomo Balla ci apriva le sue porte lasciandosi indagare. Si percepiva ancora
l’umore
dell’artista nel suo spazio, dai muri al soffitto al pavimento ogni
cosa parlava di lui e della sua visione artistica, splendore geometrico
futurista di una mente continuamente contemporanea. Osservavo tutti i dettagli
e ammiravo la bellezza di chi come lui aveva fatto della
propria vita un’opera
d’arte, senza mezze misure o compromessi, in una visione totalizzante di chi
davvero era centrato nella propria
essenza, un maestro. Ogni cosa seguiva una
logica astrattiva e funzionale, ne adoravo le forme scandite dai colori, i
ritmi visivi
armonici, ripetuti quasi in maniera musicale, proporzionati allo
spazio, equilibrati nella bellezza.
Roma bellissima la domenica mattina presto, le strade vuote
in via della Pietra, la colazione al Caffè storico di Piazza Sant’Eustachio.
I
monumenti di pietra bianca riflettevano le vibrazioni violacee delle prime ore
di luce, il silenzio completava la bellezza di quei luoghi,
affollatissimi la
notte precedente, ma che ora erano soltanto nostri.