Il sentiero dalla Valle d’Arano trovava continuità nella
neve soltanto ai Prati del Popolo, da lì in poi un’immensa coltre bianca
ammantavauniformemente i morbidi pendii meridionali del Sirente. Tutto si
infondeva di bianco e d’azzurro, grazie al riverbero del cielo limpido ingrado
di definire lontananze e con solo pochi accenni di nuvole. Mano a mano che
salivamo mi piaceva osservare la Piana del Fucino, chedelineava i suoi campi
coltivati come una geometria scomposta di tasselli cromatici perfettamente incastonati
tra loro, variati disfumature differenti sotto i riflessi della luce. Il lungo
tragitto si concludeva sulla cima, strapiombante a Nord, all’ombra di cornicisospese.
domenica 28 marzo 2021
Monte Sirente dalla Valle d'Arano
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sabato 27 marzo 2021
San Silvestro di Pietrabattuta e il Ponte Nascosto
Dall’antica Via Cecilia riprendevamo il percorso per San
Silvestro di Pietrabattuta. Ricordo ancora l’emozione della mia prima visitasolitaria in quel luogo percorrendo l’antico lastricato romano; vi ero poi
stata di nuovo per condividerne la localizzazione in un periododell’anno dalla
vegetazione più diradata, col beneficio di poter osservare meglio altri
dettagli, ed ogni volta mi pareva di scoprirne unaparte nuova, così come oggi.
Tra i rovi serrati si racchiudevano parti di antiche cisterne dalla volta
sfondata, vecchie manifatture in pietraancora disposte a delineare l’idea di una
grandiosa architettura. Ma il rinvenimento più prezioso giaceva nell’individuazione
dell’anticafontana di acqua perenne, piccola e bellissima, coperta da edere e
muschi, e custodita dal silenzio che dava risalto acustico al timidoscorrere dell’acqua.
Poco distante, a meno di un km, finalmente ammiravamo anche il magnifico Ponte
Nascosto, anche detto indialetto locale “Nascusci”,
ponte di epoca romana posto sull'antica via Cecilia: la sua collocazione si
ipotizzava fosse su un’importante croceviadi antiche strade consolari. Un’impalcatura
malmessa, di circa vent’anni, a stento ne manteneva la struttura millenaria che
parevaergersi da sola senza ausili con maggior solennità.
venerdì 26 marzo 2021
La cappella di Sant'Antonio tra Preturo e Cascina
Lungo la strada provinciale che da Preturo saliva ai Piani di
Cascina vi erano i ruderi della cappella di Sant’Antonio. Disposti circa a 768
metridi quota, salendo, a destra della strada, erano talmente ricoperti dalla
vegetazione che si lasciavano a malapena individuare. Antiche muraanonime,
ormai talmente riprese dalla natura che non si lasciavano più leggere nei
propri perimetri, tra liane di clematide, rovi e muschi, e ladolcezza
primaverile di violette selvatiche. Poco più avanti una deviazione sulla destra
dava affaccio sul Fosso della Forcella, epermetteva di raggiungere ulteriori
edifici dimenticati, ruderi di chissà quali vecchie memorie ormai lontane dall’interesse
dell’uomo, chenonostante la triste condizione d’incuria avevano comunque un
fascino suggestivo.
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Da Casaline ad Amiternum per il Castello di Cesura e i Prati di Foce
Consultando la schedatura analitica delle opere fortificate
abruzzesi curate da Giuseppe Chiarizia (Abruzzo dei Castelli), il Castello diCesura risultava nella conformazione di traccia storica, di proprietà incerta e
il cui primo impianto risaliva al XII secolo. Già altre volte - inautunno e in
inverno - ne avevo descritto le mie impressioni, adesso erano quelle sulla
soglia della primavera, che riscoprivano con nuovesensazioni lo stesso luogo.
Dal piccolo paese di Casaline un sentiero battuto ci introduceva alla volta
della montagna, dove panoramifamiliari si aprivano agli occhi e al cuore con
forte sentimento di appartenenza. I primi fiori svelavano la loro bellezza, soprattuttol’Hepatica nobilis, l’erba trinità
che con le sue sfumature di viola impreziosiva molti angoli di sottobosco. Dal
Castello di Cesurascendevamo verso i Prati di Foce, per poi seguire strade
solitarie che mettevano in comunicazione piccoli paesi in parte abitati, che
solonella stagione estiva vivevano maggiore affluenza. Quelle vecchie strade
asfaltate e solitarie si incrociavano a tratti con quelle sterrate,attraversando luoghi remoti alle pendici di Monte Rua.
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mercoledì 24 marzo 2021
Il Castello di Rascino
Il Castello di Rascino sorgeva su un poggetto a ridosso dell’omonima
piana lasciando alla vista soltanto pochi resti del suo antico fortilizio. Un
cartello informativo del luogo, scolorito da sole eintemperie, ne dava alcune
informazioni. “Il termine Rascino compare
per la prima volta in un documento del 1083 come toponimo di una “posizione di
confine” (fines Rasinum) dei tratturi soggetti all’abbaziadi Farfa, ma il
castello ed il villaggio sono certamente preesistenti e stabili. Intorno alla
metà del XIII secolo quello di Rascino fu uno dei 99 castelli che contribuì al
popolamento di L’Aquila e nel 1315compare nei suoi statuti. La fondazione dell’Aquila
avviò un processo che per il Castello di Rascino si sarebbe mostrato
irreversibile. Ad accelerare il processo contribuirono i due incendi del 1347
ed ilviolento terremoto del 1349. A nulla valse la riduzione della pressione
fiscale del 1352, promulgata per incentivare la ricostruzione: nel 1408, distrutto
dalle guerre, il castello è ormai consideratoabbandonato. Molti studiosi
ritengono che la vera causa dell’abbandono potrebbe essere attribuita all’eccessivo
sfruttamento dei magri seminativi. Trovandosi infatti sopra il limite di
vegetazione
della vite e del castagno, l’agricoltura era infatti esclusivamente
incentrata su cereali e legumi di pieno campo (lenticchie). Tra il 1988 e il
1991 il castello è stato oggetto di una campagna di scavi da partedella Scuola
di Studi Archeologici dell’Università Inglese di Leicester.” Quel luogo,
popolato secondo i reperti fin dalla preistoria dai rinvenimenti di selci scheggiate,
giaceva ora in silenzio e si lasciavaindagare. La vista del suo lago, dalla particolarissima forma stellare, appagava la vista con la sua bellezza, gli
avvallamenti che scendevano morbidi su di esso infondevano la sensazione di
quiete. Il caloredel sole esaltava quel benessere dell’anima, dove il valore
delle cose si svelava a prescindere dal passaggio inesorabile del tempo.
lunedì 8 marzo 2021
Il rifugio dei Campitelli sotto la neve
Il bosco respirava la quiete e il silenzio dell’ultima parte
d’inverno, ci inoltravamo nella bellezza del bianco che con le sue stratificazioni leggere svelava le lontananze. Il piccolo rifugio del Campitello si raccoglieva
isolato in tutto quel candore ai limiti del bosco, il suo riparosuscitava la
gratitudine dei viandanti, la riconoscenza e il rispetto verso poche mura a
ridosso di una natura solitaria. Il suono leggero dellaneve si sovrapponeva
all’eco della voce degli uccelli, che come presenze lontane, accompagnavano il
nostro cammino sulla via del ritorno.
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