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I ricordi erano lontani. Eravamo andati alla Grotta Grande
del Cervo con Massimiliano Re, uno dei suoi primi scopritori. La bellezza di
quell’antro era sempre unica, ogni volta si notavano cose nuove e mai viste,
animate da luci ed emozioni, estensioni di pensieri e di poesie di
sogni fatti
di buio e riflessi di calcite. Diretti verso il fondo percorrevamo il Ramo
della Luna e il Fiume di Fango, fino a
raggiungere il magnifico Salone
Angeletta, dove gigantesche meduse concrezionate sembravano innalzarsi verso la
cava fonda della notte.
Andavamo oltre, lungo il Fiume del Silenzio, la grotta
era di nuovo completamente diversa, il soffitto basso e scuro, così come le
pareti
annerite dal diossido di manganese. L’ultimo pozzo si affacciava su di
un lago terminale, rimanevo sulla soglia, dove oltre quel limite si
estendevano tutti i sogni.