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Poco fuori le
mura di Alba Fucens, nel folto della vegetazione, si nascondeva l’ingresso di una
parte della magnifica opera idraulica
dell’acquedotto albense, edificato dai
Romani probabilmente nel II-I secolo a.C. circa. La galleria si sviluppava in
maniera
rettilinea e con una leggera pendenza in salita, per favorire lo scolo
delle acque, seguendo la direttrice che conduceva al
macellum dell’antica colonia romana. Il passaggio sotterraneo,
dapprima comodo ed agevole, ci permetteva di toccare con mano
la maestria di
antichi ingegneri, che, nonostante secoli e terremoti, avevano ideato un’opera
eterna. Disturbavamo la
quiete di un piccolo pipistrello mentre con le nostre
lampade animavamo la danza inoffensiva di moltissime zanzare. Mano a
mano che
il percorso diveniva più angusto riaffioravano dalla melma i resti di antichi
reperti, ossa e cocci variopinti che
azzeravano la distanza di oltre duemila
anni, lasciandoci la suggestione di una condizione insolita. Il cunicolo
terminava con
una frana, probabilmente causata da recenti lavori di superficie,
l’ipotesi più plausibile era quella che il condotto sfogasse in uno
dei “tombini”
dell’area del mercato dell’antica Alba Fucens. Ringrazio il gruppo
Speleoarcheologico ASD Grotte e Forre
Natura d’Abruzzo - www.naturabruzzo.it - che ci ha dato la
possibilità di compiere questa escursione.
Monte Pozzoni
segnava il confine tra il Lazio e l’Umbria, e accoglieva nel grembo del suo
anfiteatro le sorgenti del Fiume Velino. Salivamo lungo la Valle di S. Rufo,
passando nelle
prossimità della nascosta grotta della Sibilla, dove un profondo
pozzo penetrava difficilmente nelle viscere della montagna, lasciando
all’immaginazione l’indagine di cascate, strettoie e
inghiottitoi persi nel
buio. La parte alta della montagna si alzava solitaria, mirando alla bellezza
lontana dal Gran Sasso, della Laga, dei Sibillini e del Terminillo, mentre
nelle prossimità di quelle
piramidi erbose, i pendii scivolavano dolcemente verso
Accumoli e Cittareale. Uno degli speroni della montagna un tempo ospitava un
nido di aquile, che depredato dagli uomini lasciava soltanto il
ricordo di quel
volo maestoso. Nei pressi dell’abitato, il castello di Cittareale era il punto
più importante dell’Alta Valle del Velino, che si estendeva a Sud di Monte
Pozzoni. Era il castello di Re
Manfredi, un antico mastio ad insolita pianta
triangolare che dava sfoggio del suo carattere difensivo. Ai piedi del suo
basamento un’apertura si insinuava nelle sue fondamenta. Le sue origini
risalivano all’epoca sveva di Federico II, e si collocava strategicamente tra
il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio. Re Manfredi era il figlio di
Federico II, e secondo la leggenda
tramandata nei secoli era stato sepolto
proprio all’interno della fortezza a cui aveva dato il nome.
