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Firenze era bellissima, con i suoi palazzi, le sue piazze,
le sue chiese che apparivano come una visione superlativa della bellezza
architettonica italiana. Ogni angolo regalava scorci unici, con vicoli affollati
di gente sopraggiunta da ogni parte del mondo per
ammirarla. Santa Maria del
Fiore si apriva allo sguardo in tutta la sua maestosità, tanto da togliere il
fiato, magnifica e
sorprendente, si ricamava di pietra trovando il bianco nel marmo
di Carrara, il verde in quello di Prato e il Rosso della Maremma.
L’ingegno
italiano si era concentrato per secoli su quegli antichi edifici, mantenuti
tutt’ora all’apice della bellezza, e resi fruibili
alla collettività con il
saldo di un biglietto d’ingresso.
Percorrevamo in
moto le strade della Toscana, tra colline verdissime sormontate da antichi
casolari, con viali alberati di
cipressi, viti, ulivi e campi di grano. Le miti
temperature di fine aprile ci regalavano una percezione unica, dove la natura
appariva educata dall’armonia delle coltivazioni. Raggiungevamo Siena
scoprendola con le luci bruciate del pomeriggio, accese
sugli antichi palazzi e
le chiese, viva del contrasto con le prime ombre della sera. Un suonatore di
violino animava un angolo
esterno della piazza del Duomo, sfruttando quella
magnifica cassa di risonanza, mentre, poco distante, la gente sostava seduta
per
terra nella quiete di Piazza del Campo, come se fosse sospesa al di fuori dal tempo.
Ripercorrevamo
uno dei tragitti più belli del Fiume Aterno, alla scoperta della sezione
territoriale che riguardava Beffi e Goriano Valli, le cui torri si
fronteggiavano da un lato e l’altro del fiume
controllando strategicamente l’accesso
alla Valle Subequana. Nel Medioevo queste torri di avvistamento
caratterizzavano gran parte della vallata, la loro posizione strategica su
creste ed alture
garantiva il controllo militare, la comunicazione visiva e
la difesa. La vegetazione si infoltiva lungo il corso del fiume,
facendo da cornice al piacevole suono dello scorrere
dell’acqua. Ritrovavamo l’antico
ponte romano ricostruito, e i segni delle ruote dei carri sull’antica strada
percorsa da Celestino V alla volta di Collemaggio. Quello che mi mancava di
questa
parte di territorio era un’indagine all’interno della Chiesa di Santa
Maria Silvana, situata poco più avanti lungo il corso del Fiume Aterno. Il suo
piccolo impianto rurale sorgeva poco distante
dall’abitato di Beffi, isolato e
sicuramente poco frequentato ormai da diversi anni. Il portone di accesso,
chiuso a malapena con un filo di ferro, dava adito ad una sala vuota col
pavimento a
scacchiera, munita di un altare e decorata su due pareti da affreschi
deteriorati, di cui uno realizzato da Felice d’Alessandro nel 1578 come ex voto.
Le poche notizie storiche sulla Chiesa di
Santa Maria Silvana ne attestavano la
presenza già nel XIV secolo, ma vari indizi facevano supporre la precedente
esistenza di un santuario dedicato a Silvano, ipotesi suffragata dal
ritrovamento
di un cippo ( CIL, IX, 3421 ) attestante il culto di Silvano in
questo territorio (citazione). Non ero mai entrata in questa piccola chiesa a
causa del suo tetto fatiscente, da cui filtrava la luce sotto
manifestazioni
sferiche, eppure la quiete che la componeva ne tesseva la trama dell’intera
struttura. Raggiungevamo Beffi seguendo un percorso probabilmente appartenuto
ai fedeli, che
anno dopo anno avevano segnato la terra col peso del loro passo.
L’antica Torre di Beffi manteneva la
comunicazione visiva con quella di Goriano Valli, tanto che non potevamo non
contraccambiare il punto di vista dall’altro lato del fiume. La Torre di
Goriano Valli sorgeva poco distante dall’abitato, raggiungibile da un piccolo
sentiero immerso nella vegetazione.
La porta di accesso era fortunatamente
aperta, dandoci la possibilità di pervenire alla parte sommitale con quattro
giri di scale a chiocciola, da lì ammiravamo l’intera vallata e scoprivamo
un
nuovo punto di vista colmo di bellezza. Di sotto, un cartello di legno
scolorito dagli anni dava alcune nozioni: Castello
di Goriano Valli. L’impianto a pianta trapezoidale simile a quello di
Ocre è
riconducibile al sec. XIII. La torre circolare eretta successivamente con
funzione di avvistamento e difesa ha pianta circolare all’esterno e ottagonale
all’interno ed è coperta con volta a cupola, in origine era coronata da merli
rettangolari.
Il
Tumulo di Corvaro si innalzava al centro dell’omonima piana, lasciando scoprire,
dietro una recinzione divelta, una
monumentale tomba del VI secolo a.C.
appartenente all’antico popolo degli Equi, fieri guerrieri di montagna del
territorio del
Cicolano. La sua particolare conformazione definiva dodici
costoloni disposti a raggiera, racchiusi in un’area delimitata da un
cerchio
composto di pietre squadrate. Le intermittenti campagne di scavo avevano
portato alla luce 254 tombe, fornendo
importantissime testimonianze sui nostri
antenati ed individuando, al centro del sepolcro, un nocciolo sacro ancora
più
antico: un piccolo tumulo della Prima Età del Ferro, risalente al IX-VIII
secolo a.C., da cui era stato estratto un notevole
corredo funebre,
probabilmente appartenente ad un personaggio molto importante di quel periodo. Informazioni.