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Quella di Diversamente Speleo è stata una bellissima esperienza,
abbiamo accompagnato in grotta chi non poteva andarci da solo, e
alla mia
squadra è toccato il privilegio di portare una barella. Dentro la grotta di
Beatrice Cenci, tantissime luci si mescolavano tra loro
come un fiume di
gente in una fiaccolata notturna, pareva un flusso di stelle animato da voci e
risate, tra chi si teneva stretto per mano e
chi aveva paura dei pipistrelli, e
chi si perdeva nella contemplazione della bellezza delle concrezioni. La
speleologia è condivisione, e
questa manifestazione ne rappresentava l’essenza.
Finito il mio impegno rientravo più volte per ascoltare la grotta, cercando il
buio e
il silenzio, si percepivano i bagliori e i rumori lontani delle ultime
persone nel fondo, e le voci che svanivano di chi andava via, mentre
io ero nel
mezzo. Non era difficile estendere le emozioni. A luci spente cercavo l’uscita e
tutto il mio sentire appariva amplificato.
Verso Sud il cielo
si perdeva in un azzurro infinito, lo seguiva il mare delimitato solo da
scogliere a picco frastagliate e selvagge. Mi
piacevano i fiori di cactus,
sorpresi all’inizio dell’infiorescenza, fatti di petali gialli e sgualciti,
protetti da spine. Anche le aloe erano in fiore,
impreziosendo di delicata bellezza
la macchia mediterranea. La quiete correva sui pendii assolati fino ad
incontrare il mare, dove
sprofondava nell’immaginazione di altri mondi. La Grotta
Zinzulusa viveva del suono della risacca, il suo androne, animato da una danza
di rondini, accoglieva ormeggiata qualche piccola barca. Il sole ardeva sulle
pietre sacre del Salento, i dolmen cantavano un silenzio di
millenni, mentre a
Galatina una musica figurata animava d’immaginazione la piccola Cappella di San
Paolo.