Le cime delle
montagne sono dei luoghi sacri, sono le estensioni fisiche più estreme, dove è
la terra a voler toccare il cielo e non viceversa. È questo il luogo dove
accadono i miracoli, dove le preghiere arrivano prima al divino, perché hanno
meno tragittoda compiere. È qui che si viene ascoltati meglio dall’Universo, è
qui che bisogna chiedere o rinnegare, è qui che si riesce meglio a prendere
coscienza di sé. Scrissi queste parole anni fa, allora come adesso pensavo che
per pregare bisognasse in qualchemodo compiere uno sforzo, non si può parlare
con Dio nelle comodità della propria vita, bisogna almeno compiere un
sacrificio per ricevere la Sua attenzione. Portavo con fatica la mia preghiera
fino in cima, e pensavo alle parole giuste da rivolgerealla Montagna, ma mi
rendevo conto che più salivo e più i miei pensieri si assottigliavano. Una
volta su, le mie parole erano rimaste talmente poche da vergognarmi di essere
al Suo cospetto, ma nonostante questo ogni mia preoccupazione era già svanita:
lamia preghiera era stata già ascoltata ancor prima di esser pronunciata. La
Montagna mi rasserenava con uno stato d’animo placato, mi sentivo finalmente
tranquilla, ora sapevo che sarebbe andato tutto bene.
lunedì 27 maggio 2013
Preghiera a Monte Calvo
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domenica 26 maggio 2013
I ruderi di S. Martino Campanea e la Muraglia megalitica dei Paladini a Colle del Vento
Il versante
teramano del Gran Sasso dava spettacolo dell’ultima nevicata, i boschi
rinverditi dalla primavera si stemperavano verso l’alto con il candore della
neve, mostrando una leggerezza tale che mano a mano che saliva pareva smaterializzarsi
nellastessa sostanza del cielo. Da basso delle vallate il verde si infittiva
ovunque, la vita era nel pieno del suo ciclo, ammorbidiva alture e precipizi,
accompagnando l’occhio a seguire le sinuose forme degli avvallamenti. Nei
pressi di Piano Vomano un antichissimoinsediamento si perdeva nella
vegetazione, i ruderi del piccolo tempio di San Martino Camapanea e l’imponente
murata megalitica denominata Muraglia dei Paladini, giacevano sul maestoso
affaccio di Colle del Vento. Sul leggero
declivo almargine dell’altura sono presenti i resti dell’insediamento
altomedievale, che si estendono su una superficie di circa 35000 mq. L’antico
“vicus” è articolato su una serie di terrazzi, presenta unità insediative di
varie dimensioni e tipologie. L’originedell’insediamento risale al III secolo
a.C. e sono presenti dei resti databili fino al VI secolo d.C. La vita di
questo “vicus” si spiega attraverso la sua posizione geografica attraversata,
fin da tempi antichi, dall’antico itinerario che collegava i “Safini”dell’Abruzzo
teramano con i “Sabini” del Lazio attraverso il Passo delle Capannelle. A nord
dell’insediamento italico sono visibili i resti della piccola pieve di San
Martino Campanea, di origine altomedievale che testimonia la continuità
topograficadei luoghi dedicati al culto. Bibl. L. Franchi Dell’Orto, C.
Vultaggio “La valle dell’alto Vomano ed i Monti della Laga”, Cassa di Risparmio
della Provincia di Teramo – Carsa Editore, Pescara, 1991. (Notizie tratte
da un cartello informativo delluogo). Dalla
Costa della Rocca fino a Piano Vomano, su una strada millenaria, "La
Tornara", sono visibili siti archeologici di straordinaria importanza,
quali quelli di Colle del Vento e Colle Santa Lucia, che conservano ancora
sotto un manto di argilla, iresti di un villaggio neolitico di oltre
quattromila anni fa... Sulla parte più alta (Colle del Vento) sono visibili
copiosi resti di un tempio romano e sui due lati i ruderi di due muraglie da
terrazzamento realizzate con grandi blocchi di arenaria. Lamuraglia meglio
conservata, quella esposta ad ovest, si estende per ventidue metri ed è alta
quattro metri; presenta due crolli laterali di cui uno recentissimo, ha la
parete molto inclinata verso l'esterno e necessita di restauro e di
consolidamento. (Iltesto riportato in corsivo è citato dal libro “Comune
di Crognaleto - Storia Arte Natura” - Di Eleonora S. - Andromeda Editrice -
Maggio 2000).
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domenica 19 maggio 2013
Anello di Monte Circolo in mountain bike: dalla Necropoli di Fossa al Castello d'Ocre alle Grotte di Stiffe (escursione "Tra Doline e Monasteri")
Scoprivamo la
Media Valle dell’Aterno impreziosita dal rosso intenso dei papaveri, distese
immense di prati fluttuavano al vento, lasciandosi andare a visioni rilassanti.
Percorrevamo le solitarie piste ciclabili che si diramavano da Stiffe, alla
ricerca deitesori del territorio, lungo un percorso arricchito di storia e
suggestioni naturali, attraverso il
passaggio di single track tra doline profonde ed antichi monasteri. Finalmente
il territorio si avvaleva della presenza di una nuova associazione
ciclistica – laBike Explorer – in
grado di proporre percorsi in mountain bike arricchiti della valenza di
approfondimenti didattici, grazie anche all'ausilio di studiosi ed
archeologi. Il giro di oggi era una delle proposte di questa associazione che,
in collaborazione con ilCAI dell’Aquila, aveva designato un itinerario molto
interessante che da Stiffe raggiungeva la Necropoli di Fossa, le Doline di
Monticchio e la Fossa Raganesca, il Castello d’Ocre ed il Monastero di Santo
Spirito, per concludersi poi in una visitaguidata all’interno delle famose
Grotte di Stiffe, dove si chiudeva anche l’anello ciclo-escursionistico. (Per
maggiori informazioni: www.bikeexplorer.it).
Raggiunta la Necropoli Protostorica di Fossa, trovavamo ad attenderci una guida
archeologica dispostaad illustrarci il sito. Le antiche tombe si rivestivano
di erba e fioriture, pronte a confondere l’occhio sui primitivi reperti,
soltanto i menhir si innalzavano con fermezza da terra, disposti in ordine
crescente e uno a fianco all’altro, seguendo l’enigma diregole ignote. Quelle
camere funerarie erano protette dal sigillo di antichi cerchi di pietra, il
riposo degli antenati veniva così custodito, mentre sopra di essi il vento
pareva sciogliere la magia di antiche preghiere. La Necropoli di Fossa è stata individuatanel 1992 in seguito a lavori
per la realizzazione di un impianto industriale. Da allora la Soprintendenza
per i Beni Archeologici per l’Abruzzo ha portato alla luce, in un’area di mq.
5000, circa 600 sepolture cronologicamente distribuite fra il IX secolo a.C.ed
il I secolo a.C. La Necropoli deve il suo eccezionale stato di conservazione
alle esondazioni del vicino Fiume Aterno che già nel VIII secolo a.C. ha
coperto, proteggendole, le tombe a tumulo preesistenti. Gli insediamenti di
riferimento sono il piùlontano Monte Cerro e il prossimale Colle Restoppia. La
necropoli sembra costituire un tutt’uno con gli altri nuclei sepolcrali di
Varranone a Poggio Picenze e di Macerine a San Demetrio nei Vestini. L’area
della necropoli è molto estesa e lesepolture sono assai fitte e nei molti casi
si sovrappongono le une alle altre. (Notizie tratte da un cartello
informativo del luogo). Ripreso il percorso alla volta di Monticchio, salivamo
un tratto lungo l’antica via Mariana, un filo di percorso si affacciavasull’orlo della dolina, predisponendo alla bellezza e alla vertigine. Il calore
del sole esaltava l’odore della resina dei pini, la terra delle beatitudini
trovava conferma del suo nome ovunque, soprattutto sull’affaccio panoramico del Castello d’Ocre. Unultimo single track ci conduceva al Monastero di Santo Spirito, da lì a poco si
concludeva la bellissima escursione in grado di coniugare la mountain bike con
l’archeologia, la storia e la bellezza del territorio. A conclusione non poteva
mancare lavisita alle Grotte di Stiffe, erano diversi anni che non le
visitavo, finalmente le riscoprivo con le sue cavità e le sue grandiose cascate.
Una guida silenziosa ci accompagnava nel suo ventre, i suoi passi si flettevano
lentamente attraverso la grotta come quelli di una sacerdotessa.
lunedì 13 maggio 2013
Il Monastero rupestre di Sant'Onofrio al Morrone, l'ultimo eremo di Celestino V
Erano passati
settecentodiciannove anni da quando Carlo Martello salì le scalinate rocciose
dell’Eremo di Sant’Onofrio perraggiungere un eremita che aveva come dimora una
grotta e come giaciglio una cavità scavata nella pietra. Quell’umile eremita erafra' Pietro Angeleri, futuro papa Celestino V, colui che dopo appena due anni
di pontificato operò il gran rifiuto, rigettando ilpotere conferitogli dalla
chiesa nella speranza di finire i suoi anni nei luoghi della vera ricchezza: nella
sua amata Majella, aspra eselvaggia, dove l’uomo poteva veramente entrare in
contatto con Dio attraverso il sublime tramite della terra. Ora, su quellescalinate, giaceva l’esile ombra dei fiori di cisto rosa, che con i suoi petali
sgualciti ricordava maggiormente l’effimera duratadella vita. Il sole batteva
su quella costa rocciosa, esaltando l’odore dei pini nei pressi dell’eremo. Tutto
era chiuso, trannel’accesso alla piccola grotta di Celestino V. Quella piccola
cavità tratteneva la memoria del Santo, che come materia sacra nerivestiva
tutto l’interno. Le preghiere dei fedeli si incidevano sulla croce e sul volto
del Cristo, erano divenute le ferite della suacarne, il fardello lasciato in
custodia a chi si prega affinché porti la cura. Il silenzio del mattino
amplificava la memoria di quellacavità, che per secoli aveva raccolto gli echi
delle preghiere: anche se le voci si erano perse nel momento del parlare l’essenzadi quei pensieri era rimasta fissata sulla pietra. Il giaciglio di fra’
Celestino era stato lisciato da quelle voci, la sua memoria eraimmortale, la
sua materia era finalmente la materia
stessa della grotta.
Il Santuario di Ercole Curino
Il Santuario di
Ercole Curino viveva in uno stato di silenzioso abbandono. L’erba incolta
continuava a crescere liberando fioriture e coprendo le antiche mura italiche. La
chiusura della strada d’accesso limitava non solo le visite ma anche lemanutenzioni necessarie, ogni cosa era lasciata a sé stessa, sotto le mani
della natura che mano a mano si rimpossessava di tutto. Le mura che componevano
l’antico santuario portavano dentro di sé una storia lontanissima, si
affacciavano assieme alle maestosegradinate sulla conca di Sulmona, volgendo
al cielo le tre terrazze. Sull’ultima di esse un antico mosaico di ispirazione
ellenistica ritraeva il nuoto dei delfini, accompagnato dai colori vividi di
vecchi affreschi. Il Santuario di Ercole
Curino si trova ai piedi delversante occidentale del monte Morrone, a circa
cinque km di distanza dalla città di Sulmona in località Badia. L´edificazione
del santuario italico di Ercole Curino risale al IV secolo a. C. e venne
parzialmente modificato dai romani nel I secolo a. C.. Fuseppellito da una
frana nel II secolo a. C. e ben presto se ne perse il ricordo. Il sito venne
invece identificato come ubicazione della villa del poeta latino Publio Ovidio
Nasone. Nel 1957 - 58, gli scavi diretti da Valerio Cianfarani, nella
convinzione di riportarealla luce l´abitazione natale del poeta latino, vedono
emergere, invece, i resti dell´imponente santuario. Il Santuario di Ercole
Curino era uno dei più importanti luoghi di culto dell´epoca romana, dedicato
ad Ercole, dio protettore di sorgenti ed acquesalutari nonché dei mercanti. Si
trova lungo la via che collega Roma, attraverso gli Appennini, con il mare;
così come costituisce una sosta lungo il tratturo principale che, durante
l´inverno, veniva percorso dai pastori abruzzesi verso le terrepiù calde della
Puglia. Il santuario di Ercole Curino si articola su due terrazze. Sulla
terrazza inferiore si trovano quattordici ambienti, probabilmente locali di
servizio, che venivano comunemente denonimati poteche. Tutti gli ambienti
presentanola traccia della volta a botte, tranne che ai due estremi, i quali
fungevano da tromba per le scale che conducevano ai piedi della terrazza
superiore. Qui si trovava un porticato in marmo colonnato con tre bracci, del
quale resta un muro, e la gradinatache conduce al sacello. Su uno dei ventuno
gradoni è rappresentato, in rilievo, un simbolo fallico che aveva una funzione
apotropaica. La terrazza superiore del Santuario di Ercole Curino che ospita il
Sacello, il quale risale al periodo fra ilII ed il I secolo a. C., presenta un
donario in pietra per raccogliere le offerte ed una fonte. All´interno del
tempietto nel santuario di Ercole Curino, perfettamente conservato
probabilmente grazie alla frana che ha seppellito l´interocomplesso, le pareti
sono decorate da pannelli stuccati policromi, mentre sul pavimento si può
ammirare un mosaico di ispirazione ellenistica, che disegna un intreccio di
tralci di vite, delfini, torri ed onde. Sulla soglia è disegnato un fascio di
folgori,attributo di Giove. I preziosissimi reperti rinvenuti sono custoditi
presso il Museo Archeologico Nazionale di Chieti. F.L. (Il testo riportato
in corsivo è stato citato dal sito abruzzoturismo.it dove sono presenti maggiori
dettagli ed informazioni).
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