domenica 28 gennaio 2024

Traversata di Monte Le Quartora dai pressi di Casamaina ai pressi di Roio Piano

Compivamo una bellissima traversata di Monte Le Quartora, partendo dal territorio di Casamaina per raggiungere quello di Roio Piano.Una comoda carrareccia saliva inizialmente nel bosco per poi aprirsi alla bellezza dei panorami, quella strada era probabilmente unavia di transito che dava accesso alle miniere di bauxite. Superato il valico, la zona di Terra Rossa lasciava affiorare il colore che ledava il nome, purtroppo non c’era la neve a riverberare il candore sui pendii, il bianco giaceva soltanto a chiazze e nelle zone d’ombra, etra i ruderi dell’antico monastero di Santo Iaco. Un sentiero a malapena percettibile si immetteva nella carrareccia chepassante per Pesco Croce raggiungeva il Passo di Vallefredda, dove un vecchio fontanile dismesso faceva da crocevia. La bellezzadella Piana di Campoli si raccoglieva protetta dai rilievi intorno, le casette Michetti, ormai completamente dirute, rievocavanola presenza dei suoi ultimi abitanti, famoso era il ricordo del pastore Vittorio che fino agli anni Sessanta le aveva mantenutefunzionali soggiornando negli stazzi. La luce bassa del pomeriggio iniziava ad inondare piano la valle, mentre i buoi e i cavallici guardavano incuriositi e allo stesso tempo disinteressati. Gli ultimi avvallamenti della Costa Grande fino a Capo Ripa, con i suoimaceroni disseminati e l’erba rasa e stinta, ampliavano ulteriormente il fascino di quei luoghi così similmente lunari e solitari.

sabato 27 gennaio 2024

La Croce del Poggio e la Valle del Campanaro

La Valle del Campanaro si articolava in un dedalo di sentieri diramanti la carrareccia principale. Mi colpiva molto la cura di ogni tracciato,ben delineato e certo, che non lasciava dubbi a chi li percorreva. Nel fitto della vegetazione, tra querce e pini neri, alcuni rifugidavano ulteriore nota della presenza umana. La Fonte di San Rocco si individuava con l’edicola dell’acquedotto di Poggio Picenze,datato al 1895, ma la storia non si soffermava qui, era in ogni tracciato che vedeva rimboschita la montagna da oltre settant’anni,nelle pietre deposte con cura e nel magnifico Muro dei Giganti. La montagna del Cenerale mostrava le sue bellezze anche oltrela quota boschiva, raggiungevamo la Croce del Poggio che nonostante la modesta altitudine svettava sui panorami sottostanti e aprivala vista come un grande respiro.

domenica 21 gennaio 2024

Peschio del Principe, l'antica Vena Rocca da Castel Sant'Angelo di Cittaducale

Le vie di Castel Sant’Angelo culminavano nella parte sommitale con un alto mastio risalente all’anno mille, protetto da una cintamuraria ancora ben conservata con feritoie strombate e bocche da fuoco, antiche predisposizioni di difesa militare. L’affacciopanoramico godeva di una bellezza straordinaria sulla valle sottostante, Umbilicus Italiae si poneva comunque al centro di tuttoquel circondario. Un sentiero molto curato si apriva tra arbusti e ginestre salendo ripidamente la volta della montagna finoad intercettare la strada sterrata per il Peschio del Principe. Guardando a valle il Lago di Paterno rifletteva come uno specchio il solecircondato di azzurro intenso. Anticamente noto anche come Vena Rocca, "U Peschio Du' Principe" manteneva ancora parte deiruderi di un’antica costruzione medievale probabilmente appartenuta ad un signore di quell’epoca. La sua collocazione era certamentea controllo dell’importantissima via Salaria sottostante, e non solo, lo sguardo era davvero in grado di spaziare a ridosso di una posizionecosì privilegiata. Per la via del ritorno compivamo un anello passando per il tracciato di un acquedotto fino ad intercettare il sentieroper i casolari diruti di San Martino, dove un pascolo di armenti conferiva ancora più quiete a quegli scenari. Tra i vicoli di CastelSant’Angelo giungeva la sera, le luci fredde crepuscolari inondavano d’azzurro quel mite pomeriggio di gennaio.


venerdì 19 gennaio 2024

Il Ghetto Ebraico di Civitaretenga

Il Ghetto Ebraico di Civitaretenga custodiva i fiori della vita, da tempo ne supponevo la presenza, e attendevo la possibilità dipoterli ammirare. Una parte del paese era stata restaurata e restituiva agli occhi la bellezza del luogo, con i suoi vicoli e le sue casestretti gli uni alle altre, mentre il Ghetto ancora attendeva. Dichiarato dalla Soprintendenza sito di interesse culturale, nel 2021 vennemesso in sicurezza per consentirne le visite guidate. Finalmente erano stati avviati i lavori di recupero di via Guidea – originaria viaGiudea che a seguito di una legge discriminatoria cambiò nome. Ci vorrà ancora del tempo per poterlo visitare, ma nell’attesapercorrevo altre strade trovando comunque i fiori della vita incisi sugli architravi e gli stemmi in pietra, segni di un passato legatoalla cultura ebraica.

La Madonna della Neve di San Pio delle Camere su Monte Costeria

La piccola chiesa della Madonna della Neve era nascosta nel fitto della vegetazione; chiusa nelle sue mura aveva per manigliaun ramo sulla sua porta rossa. La bellezza dell’essenziale era nell’ambiente modesto e curato, diviso da un’arcata che mettevain risalto lo spazio rialzato dell’altare, sopraelevato da alcuni gradini. I segni del tempo sfiguravano l’affresco principale ma chetuttavia era ancora discretamente leggibile. Una piccola acquasantiera scavata nella roccia impreziosiva la cornice interna della finestra,mentre le parole incise, poco visibili sugli intonaci esterni, si stavano perdendo. Non c’erano più i riti di culto legati alla mietitura, si eranoaffievolite le preghiere alla provvidenza, erano cambiate le usanze dei tempi passati. C’era la memoria e le sue testimonianze,la consapevolezza dei ricordi che anche se definivano luoghi ormai dell’altrove avevano in sè ancora tanta dolcezza. Il crinale diMonte Costeria godeva di un piacevole affaccio panoramico, tornavamo per la mulattiera di Pilongo di Sotto, tra maceroni e antichi restidi basamenti di pietre a secco, mura divisorie dei coltivi montani. (Per approfondimenti: "La Montagna e il Sacro, riti e paesaggi religiosiin Abruzzo" di Edoardo Micati, Carsa Edizioni, 2018.)