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L’Abbazia di San Pietro in Valle nei pressi di Ferentillo
custodiva un tesoro prezioso. Una miriade di fiori della vita ornavano le
lastre
marmoree dell’altare, in un tutto-pieno assoluto di fascino e mistero. Non
avevo mai visto così tanti fiori tutti insieme. Le lastre di Orso
erano
collocate una frontalmente ed una dietro l’altare, rimanevo incantata ad
ammirarne le incisioni, oltre i fiori – o meglio semi
della vita – anche croci
templari e simboli del sole infuocato. Un testo reperibile nell’abbazia
riportava a riguardo dell’altare le seguenti
informazioni che riporto a
citazione: “Altare Longobardo di Ursus
Magester: (VIII sec.) L'altare maggiore è costituito da due lastre
marmoree
istoriate fiancheggiate da pilastri marmorei decorati. Sulla lastra anteriore
si legge la scritta dedicatoria del duca
longobardo Hilderico Dagileopa
"HILDERICUS DAGILEOPA IN HONORE SCI. PETRI ET AMORE SCI. LEO ET SCI
GRIGORII
(p)RO REMEDO A.M.". La lastra sul fronte è scandita da tre
flabelli decorati che racchiudono due figurine maschili oranti (in preghiera).
La prima da destra rappresenta Hilderico nelle vesti militari di duca di
Spoleto con in mano la spada tipica longobarda (scramasax)
mentre nell'altra è
raffigurato lo stesso duca che, spogliatosi delle vesti militari, diviene
monaco presso l'abbazia e riceve i sacri riti del
battesimo simboleggiati dal
calice e dalle colombe sopra la sua testa. Di notevole importanza storica,
vicino alla prima figurina, la firma
dello scultore della lastra "UR-SUS
MAGESTER FECIT" il quale si attribuisce così la paternità dell'opera. La
lastra posteriore è
interamente decorata, secondo la tendenza altomedievale
dell'horror vacui, con elementi tipici longobardi come i fiori a sei petali, le
fuseruole, le cornici, gli intrecci di foglie e le fibbie”.
Dopo molte giornate di pioggia finalmente tornava il sole, a
giugno inoltrato, sulla soglia dell’estate. Percorrevamo strade immerse
nella
natura alla ricerca dei percorsi meno trafficati per apprezzare al meglio il
nostro viaggio con la bicicletta. La bellezza delle colline
reatine, il valico
di Fontecerro, Cottanello e la via Francescana lasciavano nel cuore immagini di
un pellegrinaggio che trovava
meraviglia conclusiva negli affacci panoramici del
Convento del Sacro Speco, dove quiete e silenzio facevano da invito ad un
momento
di raccoglimento condiviso. Giungevamo a Narni, nostra destinazione
della giornata, inoltrandoci così in terra umbra, proseguendo
l’indomani per
San Gemini, Acquasparta e Massa Martana trovando destinazione a Foligno, animata
nel cuore del suo Palio con la Giostra
della Quintana. La Calamita Cosmica di
Gino de Dominicis ci proiettava in un’altra dimensione, viva dell’ironia di chi
non è mai
morto, in grado di farsi ancora gioco dall’altrove. Da Spoleto a Terni,
per il vecchio valico della Somma, tra ciclovie e lungofiumi e
qualche tratto
obbligato di Flaminia, tornavamo verso casa lungo strade sempre più familiari della
via del ritorno.