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Dalla chiesa di Santa Maria ad Cryptas (ancora chiusa per i
restauri) salivamo un sentiero in direzione del Monastero di Sant’Angelo d’Ocre,
quel luogo di beatitudini manteneva intatta la quiete che lo distingueva da secoli, congiunta alla ricchezza della sua storia e alla bellezza del suo
paesaggio. Il
complesso di Sant’Angelo ci appariva da lì come uno stralcio di Meteore greche,
ma ferme nella roccia strapiombante, più
aspra e sconnessa, circondata dalla
vegetazione. Ammiravamo dall’alto il suo bellissimo chiostro ricolmo d’assenza,
da anni non vi era più
nessuno, vi era a malapena un piccolo altare posto all’esterno
del porticato ad accogliere le preghiere dei fedeli.
Il fenomeno della
degradazione delle rocce carbonatiche nei millenni aveva generato veri e propri
crateri di enormi proporzioni, per
secoli erroneamente ravvisati come antichi volcani estinti, erano invece doline magnifiche,
tra cui la straordinaria Fossa Raganesca, che
sprofondava sotto i nostri occhi
e si apriva con un diametro di circa cinquecento metri. Il cielo si apriva e
chiudeva alternando pioggia e
sereno, e donando al bosco un fascino unico. Il
Castello d’Ocre, posto sulla sommità di Monte Circolo, era avvolto da tutta
quella vegetazione,
i suoi ruderi pericolanti gravati dal peso dei terremoti non
permettevano accessi. Da lì ammiravamo Fossa e l’Eremo del Beato
Placido da Roio, si apriva la Media Valle dell’Aterno, ritmata dai lotti cromatici dei campi
coltivati, e sovrastata dalla visione lontana
della mole maestosa del Gran
Sasso d’Italia. Seguivamo antichi sentieri alla volta del Tempio di Giove,
sopra l’abitato di Casentino, dove remoti
blocchi megalitici designavano la
grandiosità di un sacro Podio dedicato al dio. Quella zona così ricolma d’acqua
ramificava al suo
interno antichi acquedotti, entravamo per curiosità in uno
dei suoi accessi fattibili trovando le testimonianze di chi prima di noi c’era
stato
e vi aveva inciso il suo nome.
Dal castello di Poggio Poponesco, sopra Fiamignano, si ammirava
gran parte della Valle del Salto, con i suoi piccoli paesi arroccati e una
natura rigogliosa. Il Lago lasciava scorgere le sue sponde articolate di acqua torbida,
anche l’aria era offuscata dal Libeccio, ma nonostante
tutto si percepiva
ovunque una bellezza integra. Del castello rimanevano poche mura di cinta e la
torre, dall’ingresso alto e
inaccessibile rivolto verso Sud, disposto adesso
ad accogliere soltanto il sole. Venne eretto nel IX secolo a seguito delle
terribili invasioni
saracene che portarono nella zona sangue e disperazione. La
sua caduta avvenne nel 1283 sotto i fuochi della ribellione: il sottostante
paese
Fiamignano pare derivi dalla parola “fiamme”, quelle che avrebbero
distrutto il castello di Poggio Poponesco. Altro straordinario affaccio
panoramico sulla Valle del Salto era dal cospetto della Grotta di Santa Filippa
Mareri, giovane nobildonna sfuggita ai fasti della sua
condizione sociale per
abbracciare la vita eremitica assieme alla sorella ed altre compagne. La fede
francescana e il suo cuore integro la
contraddistinsero nei secoli; rimaneva
nella cavità un piccolo altare protetto da una tettoia affrescata di stelle,
dove il blu cobalto
rimandava alla dimensione dei santi. Un breve cunicolo
laterale apriva su ambienti modesti, piccole sale dove i credenti avevano
deposto con
dolcezza dei gigli.
