Castelbrando
dominava dall’alto la Valmareno, mostrando una bellezza di altri tempi. La Via
Claudia Augustea passava proprio di lì, tra millenni di storia e antiche
leggende. Dalle prossimità diCison di Valmarino partivano gli antichi percorsi
dei mugnai: la via delle acque risaliva
tutto il torrente del fiume Rujo, facilitato da ponti e passerelle, dandoci il
piacere di scoprire antichi muliniristrutturati. Raggiungevamo il Bosco delle
Penne Mozze, dove quasi duemilacinquecento stele metalliche portavano i nomi
degli alpini caduti in guerra. Le penne mozze erano il simbolo di quellevite
spezzate, tantissimi nomi portavano il conto di brevi esistenze. Seguivo i
sentieri dedicati alla Seconda Guerra Mondiale che raccoglievano la memoria dei
caduti in Russia e deicaduti in Africa, ed immaginavo che qualcuno di loro
avesse anche conosciuto i miei nonni, mandati lì a combattere e fortunatamente tornati a casa.
La luce filtrava a malapena tra gli alberi,proiettando per terra l’ombra delle
foglie, mentre il vento dava corpo alla tristezza lasciando tremare anche quelle
brevi esistenze.
domenica 20 luglio 2014
Il Bosco delle Penne Mozze da Castelbrando - Prealpi Trevigiane
domenica 6 luglio 2014
Anello sui Monti Sibillini passando per il Lago di Pilato, Forca Viola e Cima del Redentore
Molti turisti
affollavano il valico di Forca di Presta, dando nota delle diverse provenienze
attraverso differenti cadenze dialettali.Quasi tutti si incamminavano lungo il
sentiero marcato per il Monte Vettore, o quantomeno ad un punto di vista
superiore perammirare dall’alto la bellezza delle fioriture della Piana di
Castelluccio. Le nuvole andavano e venivano, e vestivano disuggestione i
rilievi più alti, mentre la neve ancora si tratteneva in alcuni inghiottitoi,
dando spazio anche in quota a fiorituretardive. Scoprivamo il Lago di Pilato
incastonato nel maestoso circo glaciale tra la Punta del Diavolo e la Cima del
Lago: la suaacqua incredibilmente limpida e cristallina custodiva l’unico
esemplare al mondo del Chirocefalo del
Marchesoni, unminuscolo gamberetto rosso endemico di quelle acque. I bordi
del Lago si popolavano di quegli esseri quasi impercettibili, cosìparticolari
e dalle fattezze preistoriche, che nuotavano lentamente seguendo il ritmo scandito
dei propri battiti vitali.Proseguivamo in direzione di Forca Viola, lasciandoci
alle spalle quell’enorme valle glaciale modulata dalle morene. Il nostrosguardo si apriva nuovamente sulla Piana di Castelluccio, dove le geometrie
colorate delle diverse coltivazioni rompevano il lororigore grazie all’irregolare ombra
delle nuvole. Sul filo di cresta della Cima del Redentore ogni punto di fuga a
valle scivolavavertiginosamente, mentre le nuvole andavano e venivano, aprendo
e chiudendo le visuali al nostro passaggio.
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