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sabato 20 aprile 2019

L'antico insediamento romano della Piana di San Marco sotto Castel del Monte

Sotto l’abitato di Castel del Monte vi era l’antico insediamento romano della Piana di San Marco, dove a seguito di una campagna di scavi erariaffiorato dal terreno un antico pavimento musivo con decorazioni a losanghe. I resti di un lungo muro perimetrale e la conformazione deglispazi interni lasciavano supporre un grande edificio di rappresentanza, le cui stanze presentavano ancora alcune tracce di intonaco, talvoltadipinto, piccoli segni di un passato importante. Qui vennero alla luce frammenti di ceramica sigillata, balsamari in vetro, lucerne e ancheuna moneta romana della media età imperiale, portando la datazione del sito alla fine del I sec. d. Cristo. L’analisi di unità stratigrafichetestimoniava la devastazione di un importante incendio che distrusse tutta l’area, su cui, in un periodo immediatamente successivo, vennericostruito. L’ipotesi più accreditata lasciava supporre la presenza di un vero e proprio vicus, che, situato nell’altopiano sovrastante l’areadell’antica Aufinum (Ofena) e ai piedi del più antico centro fortificato di Colle della Battaglia, fosse connesso alla pratica della transumanzache vedeva Castel del Monte e Campo Imperatore mete di monticazione.

domenica 20 gennaio 2019

Sci da fondo ai Prati di Cretarola

Tre quarti di luna bastavano a schiarire la notte, tanto da far bruciare il chiarore delle stelle, la neve depositata ovunque dava forza a quel riflesso che si estendeva lungo prospettive lontane, lasciando tuttavia ben leggere paesi e montagne. L’indomani seguivamo i percorsi sullaregione della creta, tormentata da dossi, dove si apriva la bocca di un canyon che dava accesso al bacino del Fiume Tavo. I Prati di Cretarola erano completamente ricoperti di neve, e percorsi in parte da una piccola pista da fondo che girava su se stessa. I cieli erano grigi e ditanto in tanto si chiudevano in leggere nevicate. La quiete e la bellezza di Campo Imperatore rendevano ancor più straordinario quell’ambiente così unico.

domenica 1 gennaio 2017

Monte Bolza dalla Costa del Cavone

La Costa del Cavone prendeva il nome da un enorme buco nel terreno scavato nei pressi della fonte sopra l’abitato di Castel del Monte: fino al1901 ogni inverno veniva riempito di neve, che, pressata e coperta di paglia affinché non si sciogliesse durante l’estate, portava l’acqua nelpaese attraverso una rudimentale conduttura. In disuso da oltre un secolo, grazie alla successiva funzione dell’acquedotto della Vetica,quella zona si era spogliata delle influenze antropiche e riappropriata della sua essenziale bellezza. Ora il Cavone ci appariva come unadolina solitaria dalle forme armoniose e simmetriche. Il sentiero che le passava accanto conduceva ad una delle porte di Campo Imperatore,con un affaccio straordinario che più si saliva in cresta e più diveniva panoramico. Sotto di noi una fascia di doline movimentava quel grandepiano carsico a Nord prima di distendersi nel magnifico altopiano. Verso Sud la visione acquerellata dei rilievi scandiva piani diprospettiva aerea, le montagne divenivano leggere, come un respiro profondo senza pesi sul cuore.

venerdì 17 agosto 2012

La Notte delle Streghe a Castel del Monte e "ru rite de' re sette sporte"

La notte di Castel del Monte si accendeva sotto il racconto delle streghe, portavano il racconto della tradizione, tra la credenza di bambini succhiati, le maledizioni e la paura profonda dell’ignoto.I vicoli del borgo si tingevano di una luce rossa e intensa, così calda da infuocare le pietre e scaldare la notte. Ogni angolo del paese diveniva il palcoscenico di un racconto figurato: passodopo passo si faceva tappa ad assistere la storia de “ru rite de’ re sette sporte”, tra l’angoscia dei castellani in pensiero per i figli malati, la paura dell’ignoto ed un sabba ballato da streghebellissime. Apprezzavamo il racconto dei culti da mantenere, così vicini ai nostri giorni eppure tanto distanti. "Qui un tempo non lontano si credeva alle streghe, e ce ne sono che ci credonoancora. Quando una creatura si ammalava e il medico non ci capiva nulla e non c'era medicina per guarirla, subito si sospettava che le streghe di notte se la succhiavano. Estupidamente si credeva che le streghe entravano nella casa dal buco della chiave o dal tetto. I parenti, gli amici e i vicini, tenevano subito consiglio, e si deliberava che bisognava fare ilgiro del paese di notte e passare sotto sette sporti. Il giro si faceva verso la mezzanotte quando le vie erano deserte, e la comare del battesimo doveva portare in braccio la creaturaseguita da altre donne tutte in silenzio e, se pure si incontrava qualcuno non si doveva fare una parola, con tutto questo credevano di allontanare le streghe e far guarire la creatura. Sifaceva anche in altro modo, si vegliava la creatura per otto o dieci notti, nell'ultima notte anche ad ora tarda si prendevano panni della creatura, si andava fuori dal paese dove due strade siincrociavano, e li si mettevano i panni sopra un pezzo di legno, si battevano fortemente e poi si bruciavano. Qualche volta capitava che la creatura si guariva, e si rafforzava la credenzanelle streghe..."  (Testo tratto da "Se ascoltar vi piace. Dai Quaderni di Francesco Giuliani"). Tutte le informazioni sulla “notte delle streghe” sono riportate nel sito: www.lanottedellestreghe.org

giovedì 1 settembre 2011

Castel del Monte di Andria

L’enigma di Castel del Monte ci disorientava con stratagemmi militari, credevamo di essere in un punto ma effettivamente eravamo altrove. La terra dei falchi ci concedeva unatestimonianza sorprendente, una rivelazione unica e antichissima di una maestosità straordinaria: quel castello sorgeva dalla polvere così  isolato da ogni cosa, da lì i punti di fuga correvanosconfinati fino al mare. I volumi si ripetevano ritmandosi tra di loro, collegandosi ai piani superiori per passaggi poco intuibili. Ogni cosa si difendeva, l’accoglienza delle sale pareva schernirechi andava oltre, dando l’impressione di scrutare chi passava. Le pietre e la terra trasudavano di un’antica energia, forse era davvero un canale diretto che faceva da tramite tra la terra e il cielo.

mercoledì 25 maggio 2011

Anello di Monte Bolza

Ci sono delle volte in cui ci sentiamo attratti da dei luoghi, come se in qualche modo ne venissimo richiamati, ed io sentivo la voce di Campo Imperatore. Ancora non riuscivo a staccarmi dalleultime visioni del Gran Sasso, dai suoi avvallamenti così solitari e unici, così lunari, percorsi solo da strade silenziosissime: sentivo che dovevo esaurirli ancora un po’ prima di cambiare direzione.Tenevo a mente Monte Bolza e il Canyon della Valianara, volevo percorrere tutto nella pacata solitudine di un pomeriggio di primavera. Come era importante per me perseguirequell’intenzione, perché diveniva guida e sostegno dei miei desideri. Campo Imperatore mi attendeva come un premio alla fine della salita al Valico di San Cristoforo: si apriva davanti aimiei occhi nella sua distesa immensa smorzata solo da nuvole basse. La solitudine mi agitava mano mano che le nubi si componevano nervosamente, ma cosa poteva mai succedermi?Ero consapevole che quella era la paura dei principianti, e paradossalmente la cosa mi calmava perché in qualche modo faceva tornare tutto normale. La pioggia veniva giù, rendendopesante l’erba e la terra, peggio ancora la rena dove le gomme sprofondavano. Correvo lungo il Canyon come se qualcosa mi tenesse in agitazione e mi spingesse a pedalare, ma di cosa avevocosì paura? Forse perché ero sola? Di certo credo di essermi persa qualche emozione. La vista della strada asfaltata finalmente mi calmava, le sue forme certe e regolari ormai mi facevano daguida. Tutto si distendeva, ero fuori e dentro ai miei percorsi nel giusto modo che più desideravo.

giovedì 10 marzo 2011

Il Canyon della Valianara a Campo Imperatore

Ci sono dei luoghi che trattengono l’anima, che l’accolgono con amore già fin dalla prima volta, promuovendo un desiderio inspiegabile di attrazione per il ritorno. Sono come dei campimagnetici, dove la bellezza del luogo si mescola con un inspiegabile mistero legato alla terra e alle sue genti. Quei profili terrestri rimangono impressi nel cuore e nella mente, e ogni voltache vengono confrontati con un ritorno ci raccontano qualche cosa di noi. Il vento passava piano, si insinuava serpeggiando tra i passaggi del canyon smorzandosi progressivamente nel silenziopiù assoluto. Le larghe pareti laterali parlavano anch’esse una lingua silenziosa, vestite di bianco e di ricordi, si rigavano del passaggio di girelle di neve, scese come soluzioni ad enigmiimpensabili. Il Canyon della Valianara apriva la via dal lato di Castel del Monte per Campo Imperatore. Alcuni castellani sostenevano che tale nome fosse quello di una strega, mentre altrismentivano la stessa affermazione, mantenendo il mistero anche sull’origine del nome. Da secoli la tradizione di qui si lega al culto delle streghe, rinnovandosi di anno in anno con “il rito dei settesporti” (info). Che il nome Valianara fosse davvero quello di una strega proprio non potevo saperlo, tuttavia non mi rimaneva difficile suggestionarmi in questa visione, immaginando il canyoncome un antro misterioso dove ogni cosa poteva succedere, sotto l’influsso di una aleggiante presenza legata all’inspiegabile. I quaderni dei pastori raccontano tante cose, chi di loro aveva ildono della scrittura aveva le chiavi per convertire la materia: sono loro i veri alchimisti, che a dispetto dell’oro sceglievano la poesia, comprendendola come unica panacea universale. Solo chicontempla la Natura è in grado di capire i suoi processi. Francesco Giuliani era uno degli ultimi poeti-pastori di Castel del Monte, è grazie ai suoi scritti che molte usanze e tradizioni sonogiunte fino a noi, parlandoci della sua terra, delle sue genti e delle sue streghe: “Qui un tempo non lontano si credeva alle streghe, e ce ne sono che ci credono ancora. Quando una creatura siammalava e il medico non ci capiva nulla e non c’era medicina per guarirla, subito si sospettava che le streghe di notte se la succhiavano. E stupidamente si credeva che le stregheentravano nella casa dal buco della chiave o dal tetto. I parenti, gli amici e i vicini, tenevano subito consiglio, e si deliberava che bisognava fare il giro del paese di notte e passare sotto settesporti. Il giro si faceva verso la mezzanotte quando le vie erano deserte, e la comare del battesimo doveva portare in braccio la creatura seguita da altre donne tutte in silenzio e, se pure siincontrava qualcuno non si doveva fare una parola, con tutto questo credevano di allontanare le streghe e far guarire la creatura. Si faceva anche in altro modo, si vegliava la creaturaper otto o dieci notti, nell’ultima notte anche ad ora tarda si prendevano panni della creatura, si andava fuori dal paese dove due strade si incrociavano, e li si mettevano i panni sopra unpezzo di legno, si battevano fortemente e poi si bruciavano. Qualche volta capitava che la creatura si guariva, e si rafforzava la credenza nelle streghe..” (Tratto dai Quaderni del poeta-pastore Francesco Giuliani).