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domenica 30 settembre 2018

Il Rifugio di Coppo dell'Orso dalla Chiesa della Madonna della Lanna

Al di sopra di Villavallelonga partivano i sentieri per raggiungere il Rifugio di Coppo dell’Orso. Dalla Chiesa della Madonna della Lannaseguivamo dapprima una parte della lunga carrareccia che risaliva la valle, percorribile soltanto a piedi, per poi lasciarla poco dopo perinerpicarci nel fitto dei boschi, seguendo una segnaletica prevalentemente fatta di omini di pietra. Al di fuori della faggeta ilpendio continuava a salire ma con mire aperte e sempre più lontane perse nella bellezza dei panorami, scoprendo il piccolo rifugio come unattraente punto di fuga verso cui si era richiamati a proseguire. Il Rifugio di Coppo dell’Orso era il fiore all’occhiello di quel territorio,risistemato con l’impegno della Sezione CAI di Coppo dell’Orso, con la soma dei muli e le maestranze locali, aveva un fascino raccolto edessenziale, tipico abruzzese. Da lì proseguivamo alla ricerca di un affaccio sulla Valle del Liri, tra vallate lunari e la luce distesa di fine settembre.

sabato 6 gennaio 2018

La Giostra sopra la Valle di Amplero

La Piana di Amplero conteneva un bacino di nebbia che gradualmente scopriva la sua parte bassa, mostrando il pascolo lento dei cavalli e ildisegno articolato di un rivolo in fuga verso l’inghiottitoio. A monte di un piccolo colle il bosco custodiva i resti della “Giostra”, una zona diculto racchiusa da una cinta fortificata, dove una cisterna, un edificio rettangolare, un santuario ed un deposito votivo erano il cuore diquell’area sacra al popolo dei Marsi. Negli anni ’70 e ’80 una campagna di scavi portò alla luce molti reperti e oggetti votivi, interrati non solosul colle ma anche nel resto del circondario: vi erano moltissime tombe, numerose lapidi e stele, un bellissimo letto d’osso e le famose“gambe del diavolo”, elementi tuttora custoditi al Museo Archeologico Nazionale di Chieti. Benché non vi fossero più quei reperti, ma solobasamenti di mura anonime e sassi dismessi, quell’area continuava a mantenere il suo fascino sacrale, forse suggerito dalla suggestione del vagare di anime dell'antico popolo dei guerrieri marsi.

domenica 4 novembre 2012

Traversata da Pescasseroli a Villavallelonga

La pioggia scendeva abbondantemente sulla faggeta di Pescasseroli, senza mai smettere per tutto il tragitto fino a Villavallelonga. Ilbosco si animava del rumore del suo scroscio d’acqua e ci isolava tutti nei nostri pensieri. Salivamo su di un letto di foglie morbide,dove un folto strato ne addolciva il percorso fangoso, mentre mano a mano si evidenziavano i colori dell’autunno, attraverso lepoche foglie rimaste attaccate ai rami che filtravano la luce. La foresta vetusta si lasciava scoprire a tratti con i suoi faggisecolari, la loro dimensione imponente pareva volesse proteggerci dalle precipitazioni del cielo e i malumori del mondo:dentro la foresta tutte le negatività rimanevano fuori, solo l’energia della terra aveva una comunicazione diretta. Seguivamoil letto pietroso dei fossi, che così bianchi si stagliavano sulla natura circostante come fiumi di roccia, mentre la bruma dinovembre filtrava tra gli aceri e i faggi, sacralizzando la foresta in una percezione misteriosa. L’autunno al Parco Nazionaled’Abruzzo Lazio e Molise era bellissimo anche così, tra la pioggia battente e ininterrotta e il fango ricoperto dalle foglie cadute.

domenica 14 novembre 2010

Rifugio di Coppo dell'Orso (TROVATO!!!) dal Vallone di Ciafassa per la cresta dei Tre Confini

Dopo l’avventura di domenica scorsa, uno dei pensieri che più volte mi è tornato in mente durante la settimana era rivolto al rifugio di Coppo dell’Orso: volevo assolutamente tornarci, per vedere e capire quale fosse stato il punto in cui avevamo sbagliatopercorso. Grazie alla disponibilità dei ragazzi del posto ho avuto questa possibilità: sono stati di una gentilezza unica! Nel primissimo mattino la Piana del Fucino svaporava tanta di quella nebbia che un pochino mi lasciava perplessa, ma tuttavia hoallontanato subito questo pensiero poiché tutti i bollettini meteo stimavano una giornata splendida. Previsione colta in pieno! Sotto la guida di Michele Morisi, il presidente di Coppo dell’Orso (da cui non mi sono staccata un attimo) abbiamo percorso di nuovo iltragitto di domenica scorsa, risalendo il Vallone di Ciafassa. Una volta svalicato il filo di cresta, quello che si apriva di fronte ai nostri occhi era un qualcosa di assolutamente meraviglioso: il cielo sopra di noi era così splendido che si faceva perdonare ditutto. I morbidi pendii erbosi scendevano dolcemente a valle, ritmando profondità uniche e cariche di verde intenso. Sembrava di essere in primavera, sembra assurdo, ma è proprio così. Di tanto in tanto scorgevamo anche delle margherite, apparivanolungo il nostro percorso come dei piccoli miracoli. I fiori sono sempre dei miracoli. Poco distante da noi c’era il Pozzo della Neve, così decidiamo di allungare il giro passando di lì, con la prospettiva di continuare poi il sentiero per i Campi di Grano.Amo in modo particolare tutto quello che contiene la neve, per me le neviere e i ghiacciai sono delle cattedrali di sacralità. Quel pozzo si apriva sotto i nostri occhi come uno squarcio di terra, così profondo e buio, dai bordi così scoscesi da sembrareinaccessibile. Le nostre ombre correvano lungo quei bordi, tanto da diventarne parte, si attraversavano e proiettavano su quelle rocce aspre, ne fluidificavano la percezione tanto da renderle morbide. Il fondo del pozzo non era visibile, ma forse era megliocosì: a volte il non vedere la bellezza di una cosa la rende ancora più bella, perché inevitabilmente la idealizza. In questo modo quel luogo diveniva ancora più sacro. Ripreso il sentiero abbiamo attraversato tutto Campo di Grano, facendo tappa ogni volta alleCapanne del Pastore. Pare che l’orso marsicano ami in modo particolare questo luogo, causando non pochi problemi a chi vi tieni gli armenti. Ripreso il filo di cresta in direzione dei Tre Confini ogni cosa adesso diventava più chiara: finalmenteriuscivamo a fare mente locale su dove avevamo sbagliato sentiero domenica scorsa sotto la nebbia. Impressionante. Alla luce del tutto sono certa che se avessimo continuato a tentare non avremmo mai e poi mai trovato la strada per il rifugio. Ma adessoeravamo qui, con la testa leggera e una giornata splendida che ci placava l’anima, condizione perfetta dell’essere al posto giusto al momento giusto. Forse è stato quasi un bene che domenica scorsa ci siamo persi, in fondo è stato proprio grazie a questo che oggieravamo qui, a godere di tanta bellezza. Tutte le cose hanno un lato positivo, bisogna solo saperlo cogliere. Al rifugio di Coppo dell’Orso ci aspettava la nostra guida di domenica scorsa, giustamente declassato a ruolo di cuoco, ma in fondo non è darinnegare del tutto la sua amicizia: devo ammettere che ha cucinato bene, almeno quello. (Scrivo ovviamente con simpatia!!!). Ma non solo, lì si festeggiava anche il compleanno di Erica (tanti auguri!!) e così ci siamo felicemente messi tuttiinsieme a mangiare, a bere, a ridere e a brindare: a Erica, alla nebbia e agli Sherpa di tutto il mondo. Scendere per il percorso della Ricarica, dopo, è stato divertentissimo! Dritto per dritto e di corsa!

domenica 7 novembre 2010

Rifugio di Coppo dell'Orso (mai trovato) dal Vallone di Ciafassa per la cresta dei Tre Confini

La nebbia è il fenomeno meteorologico per il quale una nube si forma a contatto con il suolo. È costituita da goccioline di acqua liquida o cristalli di ghiaccio sospesi in aria. A causa della diffusione della luce solare da parte dell'acqua in sospensione la nebbia si manifesta come un alone biancastro che limita la visibilità degli oggetti. (Wikipedia). Ecco, la nebbia oggi l’ho vistaproprio bene! Ospiti nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, gli amici di Coppo dell’Orso ci avevano invitato a percorrere un itinerario che da Villavallelonga raggiungeva il bellissimo rifugio tanto rinomato, passando per il Vallone di Ciafassa. Da lì, una volta svalicato, il sentiero continuava lungo tutto il filo di cresta dei Tre Confini, a circa poco più di un km dal Rifugio di Coppodell’Orso, dove ci aspettavano gli altri ragazzi per mangiare tutti insieme. Non vedevo l’ora di raggiungerli! La giornata inizialmente tersa, splendida e bellissima, mano mano si incupiva tendenzialmente, annuvolando il cielo come del resto indicavano le previsioni del meteo. Ma nulla lasciava allarmare pericoli o cose simili, anzi, tutto stazionava in una calma abbastanza tranquilla.Io ero avanti con un amico del gruppo, e seguivamo i passi di una persona del posto che ci guidava in direzione del rifugio, mentre tutti gli altri erano dietro di noi. Quando è sopraggiunta la nebbia (all’improvviso) non ci siamo particolarmente preoccupati, perché chi ci guidava conosceva bene la zona e in più aveva con sé un GPS, anche se purtroppo senza sentiero tracciato perchécomprato da poco (la traccia la stava segnando in quel momento). Le creste di quella montagna, così aperte e prive di riferimenti, con la nebbia si amplificavano in anonimi saliscendi tutti uguali, la visione era molto limitata e contemporaneamente avevamo perso anche il contatto con gli altri. Non potevamo fermarci a causa del freddo così eravamo disposti a seguire chi ci guidava ovunque,che ogni volta era certo di aver trovato la strada giusta. Siamo andati avanti e indietro per ore salendo e scendendo gli stessi dislivelli non so quante volte, ci siamo trovati un paio di volte verso Campo di Grano, poi verso le Fossate, non so quante volte sui Tre Confini e persino su Monte Cornacchia! Quelle creste le abbiamo spianate! Quando abbiamo raggiunto Monte Cornacchia eho riconosciuto il “monolite” della cima ero felicissima perché finalmente avevamo la certezza di un riferimento certo, lì siamo riusciti anche ad entrare in contatto telefonico con gli altri del gruppo, indicandogli la nostra posizione, ormai era fatta! Chi ci accompagnava adesso diceva di avere ben chiaro il percorso, e alla domanda che gli hanno fatto gli accompagnatori di Coppodell’Orso, se avevamo bisogno di aiuto, ha risposto di no, che ormai aveva chiaro il percorso per raggiungere il rifugio. Ma la nebbia così fitta confonderebbe chiunque. Di nuovo saliscendi continui, di nuovo gli stessi posti, di nuovo tutto uguale. E in più si stava facendo tardi. Sia io che il mio amico comprendevamo lo stato d’animo del nostro accompagnatore, capivamo che sisentiva mortificato e che voleva guidarci fuori a tutti i costi, per recuperare quella situazione così degenerata, e per questo sdrammatizzavamo la cosa il più possibile, ma non potevamo continuare così, dovevamo toglierci da quella situazione di pericolo il prima possibile, soprattutto perché si stava facendo tardi. A breve sarebbe sopraggiunto il buio, allora sì che la cosasarebbe diventata davvero grave. L’unica cosa da fare era quella di tornare indietro seguendo la traccia segnata dal GPS all’andata. Ho notificato la cosa agli altri con un sms (anche perché il telefono non prendeva) e via a riprendere tutta la traccia dell’andata per il Vallone di Ciafassa, fino al punto di partenza. Il bosco mano mano che si faceva buio si animava di una suggestione inquietante, ma lafelicità di aver lasciato la nebbia e di aver ripreso finalmente il sentiero conosciuto alleggeriva ogni cosa (e poi per fortuna che avevo nello zaino la lampada frontale!!).  Abbiamo camminato credo per più di otto ore di fila senza sosta, di cui le ultime 4 ore tra vento gelido, pioggia e nebbia fitta, con una tenacia che non immaginavo di avere. Ero certa che ne sarei venuta fuori. Daquesta esperienza ho imparato davvero tanto. Chi ci guidava ha certamente sbagliato, ma non mi sento di infierire contro, perché può succedere davvero a tutti di perdersi con la nebbia, semmai ha sbagliato a non chiedere subito aiuto e a continuare a tentare, perdendo così tempo prezioso. Ma anche io ho sbagliato: non avrei mai e poi mai dovuto allontanarmi dal gruppo, e come meanche l’altra persona, perché può sempre sopraggiungere un imprevisto. Non mi vergogno a riconoscere i miei errori, anzi, ne faccio tesoro scrivendo la mia esperienza, perché ho capito tante cose, soprattutto quelle da NON fare. Quando abbiamo incontrato tutti gli altri ci siamo abbracciati, felici che si sia concluso tutto bene: sembra paradossale, ma è stato questo il momento in cui misono agitata di più perché avevo avvertito tutta la loro preoccupazione accumulata nel non trovarci. So bene che dal di fuori è facile criticare, ma è meglio che i saccenti si stiano zitti, perché non sia mai che attirino su di sé proprio la stessa sorte! (P.S. Meno male che non abbiamo incontrato l’orso marsicano!!!).