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domenica 26 dicembre 2010

Dalla Serra di Celano ad Aielli per la Foce i bambinelli e i bombardini

La Serra di Celano è una montagna che mi piace tantissimo, è la sua conformazione ad affascinarmi, così imponente e grandiosa, si staglia superba sul paese da cui prende il nome. Il 26 dicembre di ogni anno c’è l’usanza di brindare sulla cima della Serra, unatradizione che da anni viene seguita dagli abitanti di Celano che amano la montagna. Sono stata davvero molto fortunata ad incontrare un gruppo così affiatato e simpatico, mi sono divertita tantissimo! Vista da sotto, la Serra mostrava appena una lievespolverata di neve sulla cima, nulla di più bello e suggestivo da guardare. Mano mano che salivamo la brina sfumava i colori nel bianco candore tessuto dalla calaverna. Le foglie filiformi si arricchivano di cristalli di ghiaccio, che modellati dal vento siestendevano verso Sud. Come era bello essere sul quel percorso! Pareva che ogni prospettiva si definisse meglio, nella percezione pulita di tutte le varie profondità. Sotto le due croci i fuochi di Antonio segnavano il rito d’augurio, ponendo a confronto labellezza fluida della fiamma con la purezza della neve. Sulla cima della Serra di Celano non sono mancati auguri brindisi e bicchieri, tutti si abbracciavano con affetto, felicissimi di condividere questa usanza così bella, ed io con loro. Le nuvole si animavano intorno anoi, a volte estendevano la percezione bianca della terra coperta di neve, a volte chiudevano soltanto le lontananze smorzandone le profondità, tuttavia erano sempre presenti in tutta la loro bellezza. Sul filo di cresta il nostro percorso riprendeva versoOvindoli, passando sulla Serra dei Curti. Io non avevo nemmeno ben chiaro il tragitto, ero fiduciosa dell’esperienza dei miei accompagnatori, e per questo nemmeno mi curavo della cosa. Giunti alla Forchetta delle Cese di nuovo brindisi e bicchieri, e dinuovo festeggiamenti e auguri. L’entusiasmo che si respirava coinvolgeva tutti, perché la cosa che ci accomunava era l’amore assoluto per la montagna e la gioia di esserci sopra. Sotto di noi le Gole di Celano sprofondavano in un’enorme vertigine attutita solodalla percezione del bosco, un lungo passaggio ammorbidito dalla neve che, tra le piante, stabilizzava gli equilibri. Un guado e una mulattiera e poi di nuovo su, sul Prato di Cerro. Quanto mi piacerebbe passare per quelle Gole, purtroppo gran parte di quelpassaggio è vietato a causa di una potenziale pericolosità: un’ordinanza specifica che sul versante destro di Monte Tino (la cima della Serra di Celano) sono presenti due spuntoni di roccia che si stanno distaccando, qui l’ordinanza. Tra le tante pause fattecon la compagnia ho avuto il piacere di provare i bambinelli e i bombardini, degustazioni raffinate di montagna che non hanno paragoni. Sul fare della notte i colori si uniformavano in scure tonalità, tutto si spegneva in un buio silenzioso che appacificaval’anima. Era una calma piacevole e bellissima, solo la luce delle nostre lampade rischiarava quel silenzio. Costretti di nuovo ad attraversare il fiume, l’acqua gelida ci arrivava fino alle ginocchia, purtroppo non c’era altra soluzione per raggirarlo, ma infondo anche questa è stata un’esperienza divertente (anche se sotto zero). Al di là del fiume ci attendevano altri amici di Celano che – fantastici! – erano venuti a prenderci. Appena raggiunti avevano già pronte in mano altre bottiglie da stappareper brindare di nuovo. È stata una giornata bellissima e la gente di Celano è davvero fantastica!

domenica 17 ottobre 2010

Monte Tino e Monte Etra

Fin dalla prima volta che sono salita sul Sirente ho sempre avuto l’impressione che Monte Etra e Monte Tino fossero sullo stesso filo di cresta, costituendo così la famosa Serra di Celano, ignorandone le Gole. Solo dopo, guardando bene la carta, ho compreso l’erroree rifatto mente locale sul territorio. Ho cambiato questa collocazione mentale, ma non il desiderio di percorrerle comunque entrambe con questo preciso filo di continuità. La giornata di oggi non era delle migliori, il cielo si apriva e siincupiva in maniera volubile, e solo alcune zone d’Abruzzo contenevano una minima stabilità, tra cui parte della Marsica. Costretti a cambiare l’itinerario iniziale per diversi motivi, abbiamo deciso all’ultimo momento di salire su Monte Tino (1923m), la cima più alta della Serra di Celano, con l’intenzione di compiere una traversata che collegasse Celano con Ovindoli. Lasciata in quest’ultimo posto una macchina, abbiamo raggiunto il bellissimo paese di Celano e, non avendo ben chiaro da dovepartisse il sentiero, abbiamo parcheggiato l’altra macchina in Via della Serra, attribuendogli un perché di logica al suo nome. La strada era di certo quella giusta in direzione della montagna, peccato però che potevamo risparmiarcene tanta asfaltata:un’intera Via Crucis che dal paese conduceva fino alla Chiesetta degli Alpini. Da qui in poi iniziava effettivamente il sentiero che, bellissimo, smussava i tagli aspri delle rocce percorrendo una via molto comoda. Vista da sotto la Serra di Celano sembravadavvero difficile ed impervia, altissima, ma passo dopo passo rivelava invece le sue morbidezze, trovandone il culmine nei prati di San Vittorino. Il cielo si copriva e si scopriva, il vento era così forte da essere l’unica costante della giornata. Sopra di noi moltigrifoni sfruttavano le varie correnti ascensionali, non posso saperlo, ma sono convinta che si divertissero tantissimo. La cima di Monte Tino guardava quella di Monte Etra, chissà se c’è un perché al maschile e al femminile di questi nomi, sembravano dueamanti che non potranno mai completarsi l’uno con l’altra, costretti solo a guardarsi, divisi dal salto nel vuoto delle Gole. Eppure io volevo tanto farli incontrare, così come l’immaginavo inizialmente nel mio errore. Il cielo sopra di noi si incupiva sempre di più, e per questo siamo rimasti poco sulla cima. Il tempo di scendere dalla roccia ha coinciso con quello di rottura dell’ultimo equilibrio del cielo, innesco di un’inevitabile pioggia, ma per quello che mi riguardava ormai poteva anche diluviare.Abbiamo percorso buona parte della Vallata dei Curti tra la pioggia e la nebbia, sicuri del segnale del GPS, attraversando una landa caliginosa che sapeva di tundra. Una volta rasserenato il cielo, ogni cosa si mostrava nella sua veste più bella, nitida ebellissima, ancora più accesa e splendida grazie ai colori dell’autunno. Io non ero per niente stanca e il cielo aveva scaricato buona parte delle sue tensioni, così propongo di salire anche su Monte Etra (1818 m), certa di trovare affermazione nellamia richiesta. Anche se solo nella mia testa ci tenevo tanto a farle incontrare quelle due montagne. Ripresa la macchina parcheggiata presso Ovindoli ci siamo spostati nella Valle d’Arano, da qui iniziava la nostra nuova salita. Meraviglia dellemeraviglie la parte morbida del Sirente toccava tutte le tonalità della delicatezza, sfumandosi in caldi ocra chiarissimi puntecchiati di tanto in tanto dai carpini rossicci. Le nuvole sopra di noi correvano veloci proiettando la loro ombra mutevole su quella superficie e compiendo giochi agitati. Il vento, come sempre, era la nostra costante, la mia unica certezza che sul filo di cresta si faceva ben sentire. La cima di Monte Etra guardava quella di Monte Tino, che nella sua esposizione a Nord mostrava in effetti lasua parte più difficile e maschile. Ora potevamo anche andare via. Eravamo riusciti a farli toccare. Il giro che abbiamo compiuto, secondo i dati del GPS (sommando entrambi i percorsi) segna una distanza di 22,536 km, con undislivello in salita di 1903 m e in discesa di 1453 m, indicando come tempo in movimento 6h 48’. (Per ingrandire la carta basta cliccarci sopra due volte).