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La spiaggia di Pollara
Osservavamo il mare, seduti sull’orlo di un vulcano estinto. Quella distesa aperta, immensa e sconfinata si apriva davanti ai nostri occhi e al nostro cuore, solo lo Scoglio di Faraglione si poneva
certo davanti noi, ma così solitario e perso andava a sottolineare ancora di più la natura assoluta del mare, mentre Alicudi e Filicudi erano leggibili solo in trasparenza. Nei giorni precedenti già
eravamo stati a Pollara, nel suo piccolo porto, vecchio e abbandonato, ormai vissuto solo dai turisti, ma adesso finalmente eravamo da soli, e potevamo ascoltare tranquillamente la voce di
quel luogo, scrutandolo, indagandolo con tutta la calma possibile. Le vecchie scale scavate nella pietra si perdevano tra gli scogli e le piante di capperi, ricamando quella natura selvaggia di antiche
testimonianze. Quel piccolo porto un tempo scandiva la vita dei pescatori, chissà quanta fatica e quanti travagli hanno visto quelle pietre. Come la montagna, così il mare era un enigma infinito e
sconosciuto, una rivelazione divina verso cui i poveri diavoli destinavano le preghiere. Il mare batteva con impeto sugli scogli, per poi perdersi docilmente nella risacca. Anche noi siamo stati lì,
ancora possiamo udire il suono della risacca, anche se ormai non torneremo più. Così scriveva Barrie sull’Isola che non c’è. Tutte le volte che penso alla risacca ripenso alla favola di Peter Pan, alla
malinconia del passato nella meravigliosa consapevolezza dell’attimo presente, prossimo ricordo di un bellissimo futuro. Un tuffo nel blu profondo e il mare sembrava svelare un altro mondo
incognito, come una porta socchiusa verso un’altra dimensione. Nuotavamo tra banchi di pesci argentati, difficilmente indispettiti dalla nostra presenza, mentre il cuore batteva forte ad ogni
voragine marina che si apriva sotto di noi. Sembrava di volare. Tra i ricci di mare e i pesci pagliaccio correvano cernie e saraghi, mentre i granchi, intimoriti, si nascondevano tra alghe e coralli: icolori che si vedevano racchiudevano incredibili sogni tropicali. L'indomani saremo partiti per tornare a casa. Di tanto in tanto una medusa si lasciava trasportare, materia nella materia, memoria nella memoria.
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