Un grande sogno speleologico era contenuto dentro la montagna
di Santa Croce di Narni: una leggendaria caverna era nascosta nellesue
profondità, ed era ancora in attesa di venire alla luce. Seguivamo un sentiero
immerso in una bellissima lecceta che metteva incongiunzione molte grotte,
miniere ed altre importanti testimonianze del passato: la ricerca del ferro, che
aveva fatto ispezionare tuttaquella zona nel XVIII secolo, faceva ben leggere la
sua memoria nelle cave, nei cunicoli artificiali e in una magnifica fornace
ancoraintatta. Conoscevamo la Grotta dei Nuovi, la Grotta Celeste, la Grotta
dei Veli, la Grotta degli Archi, la Grotta del Monastero e la Grottadello
Svizzero, ognuna con una storia e tutte rivolte al grande sogno della Grotta
della Montagna. Nei punti panoramici sul Nera,tra valli e voragini vicinanze e lontananze di Goethe, la contemplazione
si perdeva nella bellezza del Sublime. Unantico monastero francescano, eretto
dai Clareni, un sott’ordine ritenuto eretico e perseguitato dall’inquisizione,
si nascondevanel fitto bosco a ridosso di magnifiche rocce. Un arco a tutto
sesto dava accesso agli interni, la piccola chiesa spogliata di ognidecoro
definiva ancora integralmente il suo spazio voltato a botte, mentre altre mura aperte
al cielo delimitavano le restantiaree adibite a dormitorio, refettorio, cisterne
e cucina. Gli antichi sentieri per raggiungerlo erano stati rispristinati dalla
cura dichi aveva a cuore quei luoghi, grazie al Gruppo Speleologico UTEC di Narni
per aver promosso e valorizzato questo bellissimo itinerario.
domenica 17 novembre 2024
domenica 10 novembre 2024
Anello del Lago Vivo e la Grotta dello Schievo
Un bellissimo sentiero si inoltrava nel bosco, il vecchio
Mosè ci accoglieva ancora all’ingresso con i suoi resti e la memoriadella sua
poesia, con tutto ciò che rimaneva che dava vita a tutto quello che restava.
Dalla Sorgente del Sambuco alla Sorgentedelle Donne seguivamo il sentiero per
il Lago Vivo salendo la Valle Resione. La parte bassa del bosco si vestiva
delle vibrazionicromatiche dei toni rossi, così calde e avvolgenti, con foglie
ancora sospese sul limite della vita, tra i rami e il cielo di novembre.La piccola
edicola della Madonna delle Grazie, detta del Buon Passo, ci introduceva al
finire del bosco, dove a breve si sarebberoaperte le radure e si potevano
ammirare i panorami. Il Lago Vivo manteneva a malapena le sue acque, raccolte
nel suopunto più basso, alimentato da diminuite falde sotterranee. Sullo
sfondo il Monte Petroso confondeva tra le nubi il candoredei suoi profili di
pietra rivolti al cielo, mentre in prossimità del lago un pascolo pacato di
mucche riposava. L’assenza di acquaera stata confermata anche alla
Grotta dello Schievo, l’aridità degli ultimi tempi avevano disanimato quel
magnifico antro.Seguivamo il sentiero lungo il Rio Torto, dove finalmente
l’acqua sgorgante dalla terra si componeva nella forma sinuosa delfiume. Tra
mulattiere e magnifici alberi chiudevamo il nostro anello in uno dei luoghi più
suggestivi del Parco Nazionale d’Abruzzo.
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domenica 27 ottobre 2024
Tra i patriarchi dell'Anatella
Ci inoltravamo in un fittissimo bosco di faggi, sotto i balzi
rocciosi dell’Anatella del Sirente. La suggestione dell’ambiente, resoaccogliente e intimo dalla luce calda filtrata dai colori dell’autunno, ci
donava la quiete. Seguivamo un comodo sentiero inoltratonel silenzio, tra
patriarchi secolari, antichi alberi che si innalzavano come monumenti, templi
vegetali che accoglievano tra le lorochiome i nidi, estendevano i loro rami al
cielo e si ramificavano profondamente nella terra. Al loro cospetto la visione
dell’ordinedella natura assumeva la nobile semplicità dell’equilibrio, tra
muschi verdi, tappeti di foglie brunite e giochi di ombre, pentagrammisu cui
le note di sottofondo davano voce alla melodia del verbo degli uccelli. Scorgevamo tra gli alberi il cratere del
Sirente, oltre lavisuale del bosco la grande piana carsica sottostante si
apriva come un respiro, accogliente e distesa dove i pascoli giacevano pacati.Sulla
via del ritorno incontravamo la Fonte dell’Anatella, un abbeveratoio dalla
struttura essenziale e importante che sorgevaisolata sull’omonima valle, altro
importante punto di riferimento per il transito dei pascoli.
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sabato 26 ottobre 2024
Santa Maria del Piano di Orvinio e le antiche mole
Nell’Alta Sabina, Tra Orvinio e Pozzaglia, una rete di
comode strade attraversava boschi e vallate, ne percorrevamo una indirezione
della suggestiva Santa Maria del Piano, un’antica abbazia benedettina del IX
secolo che manteneva ancora in piedii tratti distintivi della sua bellezza strutturale.
La scorgevamo imponente tra gli alberi, così bene integrata nel paesaggio, chelasciava
dedurre senza dubbio l’importanza che aveva rivestito in passato. La sua antica
origine sembrerebbe ad opera diCarlo Magno a seguito di una vittoria sui
Saraceni; conobbe un periodo di rilevanza e operosità, che diminuì mano mano nel
corsodel tempo, fino a quando ob aevi
gravitatem et redituum diminutionem venne abbandonata sul finire del
Medioevo.Trovavamo incastonati nella sua struttura i materiali di risulta
dalle origini ancor più antiche, grandi lettere incise ancoraperfette a
dispetto dello scorrere del tempo. Seguivamo i sentieri fino alla sponda del
Fiume Rio alla ricerca della mola, tra radureanimate dai pascoli, boschi
autunnali e il calore di una mite giornata di ottobre, con la torre campanaria
dell’Abbazia che svettava tra glialberi come un punto di riferimento sulla via
di ritorno per Orvinio. La gentilezza degli abitanti del posto, così legati a L’Aquila,
ci donavaun momento di condivisione sulla conoscenza del territorio, ma anche
di riflessione sulla frequentazione massiva che nei mesiestivi la Cascata
della Mola del Castello era costretta a subire. Il dono di condivisione di
Domenico ci lasciava scoprire un luogo chealtrimenti non avremmo mai trovato,
una mola ancor più antica immersa nella bellezza di una natura incontaminata.
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domenica 20 ottobre 2024
Le pitture rupestri di Grotti e il Castello delle Grotte lungo il sentiero per la Madonna dei Balzi
Nel 2004 erano state condotte delle interessanti ricerche
sulle pitture rupestri del riparo sotto roccia di Grotti, lungo la Valle del
FiumeSalto, dall’archeologo Tommaso Mattioli in collaborazione con la Cattedra
di Protostoria europea dell’Università degli Studi diPerugia. Tali studi
ponevano l’attenzione su queste straordinarie testimonianze: ben sedici pitture
di colore nero, probabilmenteincise con un pezzo di legno in parte
carbonizzato, definivano con uno stile schematico figure antropomorfe,
geometriche e filiformidi piccole dimensioni, risalenti all’età
pre-protostorica (qui l’articolo completo). La localizzazione del sito, nonostante
le indicazioni,non era semplice, e questo fortunatamente ne garantiva la
salvaguardia. Anche il riuscire ad individuarle da vicino non era immediato, aspettoche faceva accrescere ulteriormente l’entusiasmo per la loro lettura. Da quel
riparo roccioso, esposto in maniera così privilegiatae assolata, compivamo un
salto temporale che ci riportava in dietro nel tempo all’Eneolitico e all’Età
del Ferro, l’emozione perquesta consapevolezza era unica. Riprendevamo il
sentiero per il Santuario della Madonna dei Balzi ammirando anchealtre interessantissime
testimonianze. Un antico insediamento del XIII secolo, definito Castello delle
Grotte – per i locali noto con iltermine Grotte sfasciate – si incastonava nei
vuoti rocciosi dei balzi della montagna, conformandosi in maniera davvero
singolare,con i vari riadattamenti avvenuti nel corso dei secoli. Il valore
della pietra lavorata addossata alla roccia, la consapevolezza dellastoria e
la bellezza suggestiva dell’ambiente rendevano quel percorso segnato sul filo
delle falesie davvero unico.
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