domenica 10 marzo 2019

La Costa dei Trabocchi, passando per l'Eremo Dannunziano e Santo Stefano in Rivo Maris

Le conchiglie erano gli scheletri del mare, trattenevano nelle loro spirali echi di memorie lontane, come i canti dei poeti a noi cari. Iltempo dapprima veloce era diventato inarrestabile nella sublime constatazione del Trionfo della Morte, rivivevo quei luoghi cercando ilpunto di vista degli occhi del Vate, scrutando il Trabocco Turchino e il Promontorio Dannunziano, ammirando quella metafora di abisso chemi si distendeva davanti ai limiti del cielo. La risacca risuonava tra l’odore delle alghe, e con la sua dolcezza scarnificava le “ossa” deivecchi trabocchi, logorati dall’ira del mare e dall’opera crudele del tempo. Erano passati 130 anni da quando Gabriele D’Annunziotrascorse lì una sua estate, aveva vissuto quei lidi e contemplato quei flutti. Di trabocco in trabocco seguivamo ora in bici la costa daCasalbordino Lido fino ad Ortona. Su un piccolo colle giacevano i resti dell’antica abbazia di Santo Stefano in Rivo Maris, databile tra la metàdel V ed il VI secolo, protetta dai rovi di biancospino che la rendevano inavvicinabile e custodivano, tra la dolcezza del loro profumo, gliantichi mosaici col simbolo dell’albero della vita. Sulla via del ritorno, alle nostre spalle, scendeva la sera, che mano a mano accoglieva lanotte con gli ossequi della bellezza del tramonto, mentre il Faro di Punta Penna scandiva il tempo con la sua luce ciclica, prendendosempre più forza al pari della luce delle stelle.

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