sabato 18 giugno 2011
Pizzo Camarda da Fonte Mosca
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So' sajitu aju Gran Sassu,
so' remastu ammutulitu...
me parea che passu passu
se sajesse a j'infinitu!
Che turchinu, quante mare,
che silenzio, che bellezza
pure Roma e j'atru mare
se vedea da quell'ardezza.
Po' so' jitu alla Majella,
la muntagna è tutta 'n fiore;
quant'è bella, quant'è bella,
pare fatta pe' l'amore!
Quantu sole, quanta pace,
che malia la ciaramella
ju pastore veja e tace
pare ju Ddiu della Majella.
Po' so' jitu alla marina
e le vele colorate
co' ju sole la mmatina
se so' tutte 'Iluminate.
Se recanta la passione
ju pastore alla montagna,
ji responne 'na canzone
dajiu mare alla campagna.
Ciso Sara
RispondiEliminaIl tuo splendido commento mi da lo spunto ad alcune riflessioni chiaramente soggettive e non universalizzabili. Io ho percorso per decenni le pareti del gran sasso ritenendomi una sorta di globulo rosso del sangue che scorreva nelle vene del gigante Aligi (il gran sasso degli abruzzesi). Mi consideravo una parte integrante della montagna. Poi....
poi scoprii i ghiacciai..
ed allora mi sentii a mio agio nelle nevi eterne. Il m. bianco, il rosa, l'eiger.... Scorrevo come l'acqua di scolo durante il giorno e la notte mi congelavo e mi fondevo con i ghiacci.
Poi...
poi scoprii le grotte....
io che avevo timore dei luoghi chiusi e bui, mi confusi con le tenebre e mi infilai nei più tetri abissi con la certezza di entrare (rientrare) nell'utero protettivo della madre terra. Mi muovevo dentro la terra come un feto in evoluzione e l'uscita dagli abissi era sempre una sorta di traumatica (ri)nascita.
Poi ...
poi ci furono i fiumi e le foreste ed anche il cielo......
Poi...
poi scoprii i deserti..
io credevo di essere adattato al freddo, alla neve, alla vertigine......ma non era così. Quando camminai per la prima volta nel deserto scoprii di essere parte integrante di esso. Il terreno rovente si confaceva alla mia mente. Forse i miei cromosomi ricordavano che l'uomo è nato in africa e che allora non era altro che il mio ritorno a casa.
Allora cosa si può dedurre da questo.
Credo la risposta migliore possa essere dedotta da un canto navajo : la canzone della notte:
“Nella casa della lunga vita io cammino
nella casa della felicità io cammino
la bellezza è davanti a me. io cammino con lei
la bellezza è sotto di me, io cammino con lei
la bellezza è sopra di me, io cammino con lei
la bellezza è tutt'intorno a me, io cammino con lei
nel viaggio della vecchiaia io cammino con lei
e sulla pista meravigliosa io cammino con lei.
Sono veramente suo figlio
Sono veramente il figlio della Terra.”
Ecco, forse io sono fortunato perché il Creatore mi ha dato la possibilità vedere, apprezzare, comprendere e godere della BELLEZZA.
Aprite questo link e leggete.E' molto istruttivo e forse a qualcuno potrebbe sorgere il dubbio del nostro posto nel creato ed i rapporti con la nostra terra....e forse si potrebbe capire meglio quello che descrive Sara.
RispondiEliminahttp://win.sentierorosso.com/Sito%20vecchio/caposeattle.htm
Grazie per avermi fatto leggere questa lettera meravigliosa, è bellissima e dolorosa, è vera. Fa riflettere su molte cose, soprattutto sul declino dell'essere umano, che con la sua "progressione" dimentica chi veramente è..
RispondiEliminaE' proprio vero, quando si sente " il richiamo dei pendii" quella "BELLEZZA" diventa la nostra essenza più profonda che ci accomuna, con le emozioni e le pulsioni, a chissà quali preistorie del genere umano.
RispondiElimina