domenica 28 gennaio 2018

L'Inghiottitoio di Palarzano e il Castello di Cascina

L’inghiottitoio di Palarzano era ormai ostruito da molti anni per mano dell’uomo, chissà quale sistema carsico si animava sotto quel tappo dicemento, quali meraviglie intatte da indagare e sconosciute, mai rilevate e misteriose. La leggenda portava il detto de “l’acqua cascinesedolce era e amara misi fece” parole della moglie di un pastore di Antrodoco, che abituata a raccogliere a valle le pecore rubate dalmarito e buttate nello gnottetùru un giorno raccolse i resti del marito stesso, morto ammazzato come condanna per quei furti. Tra laleggenda e la realtà chissà quali percorsi c’erano nel sottosuolo, chissà se davvero compivano un tragitto sotterraneo che da Cascina giungevafino ad Antrodoco, a noi rimaneva solo la vista superficiale di altipiani rasserenanti, definiti dalla geometria delle coltivazioni, dai recinti e daipochi casolari sparsi. Sulla cresta della Pacima vi erano i ruderi del Castello di Cascina, risalenti al XII secolo. Quell’antico castello era natoanticamente come un insediamento rurale poi incastellato, e partecipò alla fondazione della città dell’Aquila; il suo abbandono fu abbastanzaprecoce, tanto che all’inizio del XIV secolo se ne attestava già una natura diruta. Rimanevano spesse mura di pietra con varchi di finestre,cumuli di sassi rivestiti di muschi, ed arbusti solitari a dimorarvi. La vista spaziava sulla bellezza di entrambi gli altipiani, dove mucche ecavalli si percepivano come punti di presenze lontane. 

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