domenica 17 marzo 2013

Il Castello di San Pio delle Camere, Monte Gentile e la Chiesa di Sant'Antonio da Padova

Il Castello di San Pio delle Camere sovrastava il piccolo abitato in pietra, raccolto e silenzioso, dipanato in stretti vicoli comunicanti. Qualsiasi strada era buona per raggiungere ilcastello, che con la sua presenza imponente dava identità a tutto il paese. Le vegetazioni selvatiche vivevano nel rigoglio dell’inizio della primavera, le ginestre rinnovavano il verde addossandosi suogni cosa, e riempiendo la parte interna del castello come un groviglio disteso e protetto. Decisamente staccato dall’attuale contesto urbano, s’incontra, sul pronunciato declivio (DecliviusCameratus) della montagna, il castello-recinto di San Pio delle Camere, a pianta triangolare con pianta rivolta a monte (puntone). Sono riconoscibili delle analogie d’impianto nelleopere castellane di Roccacasale, Popoli, Barisciano. Non si hanno notizie sufficienti per poter affermare se nel castello la popolazione trovasse accoglienza stabile o abituale, o nei solicasi di effettivo pericolo. La cinta muraria, in pietre non squadrate, merlata e dotata di sporgenti torri rettangolari (per la difesa con il tiro di fiancheggiamento), ben si adatta allapendenza del terreno con la sua foggia a gradoni. Verso meridione manca una parte della cinta del lato di base perché andata distrutta; per il resto si può dire che la costruzione è benconservata. La murata della cinta, che ha avuto in tempo successivo una sopraelevazione alquanto evidente, è chiaramente appoggiata a quella del puntone, che è in sostanzauna precedente torre sopraelevata d’avvistamento (ruolo di mastio), dotata di scarpa, di scarse e corte feritoie, di un ingresso arcuato munito di mensole, situato sul lato a valleall’interno del recinto. L’intero complesso è di origine tardo medioevale, potendosi far risalire ai secoli XIII e XIV. Ne fu feudatario il principe Caracciolo di Napoli; subì l’assalto e laconseguente distruzione da parte di Braccio da Montone. (Il testo riportato in corsivo è stato tratto da un cartello informativo del luogo, affisso dalla Comunità Montana Campo ImperatorePiana di Navelli). Tra lecci, pini neri e roverelle, la vegetazione si infoltiva al di sopra del castello, serrando tutti i passaggi e amplificando la percezione più profonda del bosco. In quelgroviglio intricato i movimenti si limitavano e  i suoni (o i silenzi) apparivano con altre vesti. Un sentiero marcato ripristinava la sua natura accogliente, non portando altre difficoltà alraggiungimento del rilievo di Monte Gentile. Quella montagna modesta lasciava scoprire visuali affascinanti e prospettive superbe, dal Gran Sasso alla Majella, lo sguardo seguiva il profilodi orizzonti sporgenti, schiariti dalla mano umida dello Scirocco. Sulla via del ritorno, completamente avvolta di rovi selvatici e ginestre, la Chiesa di Sant’Antonio da Padova, segnava la suapresenza quasi in maniera anonima dal bordo della strada. Le decorazioni scolpite in pietra sul portone tradivano la sua natura fatiscente: quella struttura un tempo era evidentementeimportante. L’interno, inaccogliente e repulsivo, si riempiva dei frantumi del tetto completamente sfondato, due aperture indicavano eventuali ossari ed ogni aspetto martoriato dallamano stupida dei vandali conferiva ulteriore disagio. Quello spazio sembrava maledetto. Una data incisa nel marmo riportava in numeri romani la data 1657.

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