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Abisso di Trebiciano
Sul fianco di una dolina, protetto da una costruzione, si
apriva l’ingresso dell’Abisso di Trebiciano. Una lunga serie di pozzi,
attrezzati
tutti con scalette di metallo, conducevano all’interno di un’enorme
caverna, il cui fondo, dapprima sabbioso, continuava a scendere fino
agli
specchi d’acqua dei sifoni di ingresso e di uscita: ci trovavamo nel letto del
Timavo, il magnifico fiume sotterraneo che nasceva col nome
Reka, si inabissava nelle Grotte di San
Canziano, raffiorava e sfociava nel golfo di Trieste. Ci trovavamo lì in
occasione della Timavo System
Exploration,
un programma di esplorazioni speleosubacquee organizzata dalla Società
Adriatica di Speleologia con la collaborazione
della Fédération Française
d’Études et de Sports Sous-marins (FFESMM) di Marsiglia. Da anni ripetevano i
loro appuntamenti
esplorativi estendendo la partecipazione anche ad altri
gruppi speleologici, tra cui anche il mio, per la collaborazione del trasporto
materiali. Rimanevo affascinata dalla lunga serie di scale sospese, verticali e
gettanti, alcune congiunte nel vuoto, che davano idea della
tenacia dell’uomo a
voler trovare la via. Osservavamo gli speleosub immergersi, le loro luci mano a
mano affievolirsi nell’acqua,
che oscurata dal buio della grotta conteneva
sogni, ignoto e paure. La dedizione alla ricerca, la collaborazione per un
progetto comune, e la
condivisione rafforzata dal sentimento di amicizia,
davano a quell’appuntamento un grandissimo valore.
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