sabato 13 aprile 2013

Anello di Monte Tarino

L’acqua affiorava dalla terra assecondando gli avvallamenti e confluendo tutta nei vari ingressi del Fiume Aniene. Quellesorgenti coprivano un’ampia zona del territorio, una volta in superficie trovavano da sole il proprio tragitto in direzione delmare, in direzione di quella agglomerazione materna da cui erano attratte ancor prima di venire alla luce. I fossi si ammantavanodel grigio delle pietre e del rossiccio delle foglie morte, ogni cosa appariva come un’estensione d’ombra, evocatrice di una Naturaaffascinante. La parte alta della salita per Monte Tarino si vincolava tra le mani dell’inverno, la neve si addossava ancora sumolti rilievi circostanti, evidenziando profili nuovi e sconosciuti per me che non ero mai stata sui Monti Simbruini. Il filo di crestamostrava le due facce della primavera, ormai il calore del sole si era appropriato di molte facce a Sud, scoprendo la terra e i timidiinneschi di vegetazione; mentre i versanti a Nord trattenevano a fatica enormi cornici di neve. Tra le croci di vetta correvano iprofili del Gran Sasso e di altre montagne, mentre riconoscevo bene l’inconfondibile Piana del Fucino che, con la scomposizionegeometrica dei suoi colori, dava vita alla sua identità. Scendevamo da quel crinale in direzione del Vallone di AcquaCorore, le foglie secche schiacciate dall’ultima neve costituivano un suolo perfetto. Altre sorgenti del Fiume Aniene prendevanovita sotto i nostri piedi, apparivano in silenzio e mano mano prendevano voce nel lungo viaggio della loro esistenza.

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