Stradette scalpellate tra le vette,/ sospese su gli abissi,/ e piazze troppo strette/ pel gioco rumoroso dei bambini,/ che come aquilotti,/ scavalcano dorate dolomiti,/ nell’azzurrino tenue/ del mattino.// I massi han strani nomi di leggende:/ l’incudine si regge/ miracolosamente sulla valle,/ la “Bocca del Leone”/ è tutta spalancata, sulle basse casette sbigottite,/ nascoste tra leguglie/ biancheggianti.// E gli uomini si sposano felici/ con la roccia, strisciano nelle gole, come lepri, scalando mille cresti/ come falchi:/ spaventoso scenario/ d’infernali dirupi nereggianti/ le guglie vellutate/ di turchino.// Così “aerea Pietrapertosa”/ Su, nell’alto, m’appari,/ mentre risplende nel tramonto d’oro/ con mille ragnatele di granito,/ tra le infuocateluci,/ che tutta t’accendono,/ sullo sfondo d’un cielo,/ ch’è infinito.// (PIETRAPERTOSA di Emilio Gallicchio).
Questa bellissima poesia era scritta su di un cartello del paese. L’anima delle persone del luogo si fondeva con quella della montagna in una simbiosi profonda. Quelle rocce erano bellissime, così levigate, parevano scolpite da Dio per seguire in qualchemodo un suo meraviglioso disegno. L’uomo ne rispettava la volontà, accostandosi a quella pietra senza abusarne. Le piccole vie del paese si articolavano fino alla risalita in direzione del Castello, dove le rondini avevano nidificato: le vedevamo lanciarsi in voli abissali, perse nei vuoto e nei loro garriti. Il fortilizio può essere raggiunto mediante una ripida gradinata alla quale siaccede subito dopo la Chiesa di S. Cataldo. Il torrione circolare, quale elemento dominante il paesaggio, si percepisce già dalla strada statale di accesso al paese. Percorrendo la gradinata si può osservare la parete diroccata che congiunge la roccia al torrione. Sulla sua grezza partitura di pietra a secco ci sono due aperture e i resti di quello che doveva essere il portale d’ingressoalla fortificazione. Attraverso la porta, costituita da un arco a sesto ribassato su montanti monolitici, si accede in un ambiente rettangolare scoperto, attualmente quasi del tutto riempito di detriti, dove, sulla destra, si notano resti di archi. Salendo, sulla sinistra, si accede ad un piccolo ambulacro anulare, ricoperto da una volta a botte che immette in un torrione aperto, sulle paretidel quale si ritrovano le imposte dei gradini a sbalzo che conducevano alla vedetta. Da questo ambiente, attraverso un’apertura ad arco, scavata nella roccia, si passa al torrione esterno, coperto da una volta a botte. Sulla destra dell’ambulacro che porta a tale torrione si accede ad un pianoro posticipante un vallone. Su questa spianata disseminata di ruderiricoperti di vegetazione si notano, di fronte, i resti delle mura del castello sui quali si sviluppano aperture rettangolari e i fori di sostegno di antiche travature. Alle spalle dei ruderi, nell’acrocoro di rocce che costituiscono la vetta del monte, sono situate le testimonianze delle fortificazioni ascrivibili al IV secolo a.C. Si tratta di due nicchie scavate nella parete, una più grandeed una più piccola; a quest’ultima si accede tramite 11 gradini scavati nella roccia. Ai piedi della nicchia maggiore è collocato un invaso circolare di 90 cm di diametro probabilmente un rustico “labrum” o palmeto. Arrivati ai nicchioni, attraverso una ripida scala di 20 gradini, scolpita nella roccia, si giunge ad una vedetta che costituisce un ottimo punto di visione del paesaggio.Dall’alto del castello è possibile godere la veduta di tutta la distesa del paese sottostante. Si percepisce immediatamente l’orografia del luogo: una distesa di altipiani degradati che genera, nei pressi del paese un anfiteatro roccioso all’interno del quale Pietrapertosa ha trovato il suo insediamento. Si legge l’impianto del centro urbano: una grossa spina centrale con learticolazioni laterali di vicoli a scalinate e un grappolo di tetti e murature che realizzano un insieme cromato perfettamente inserito nell’ambiente naturale. I resti dell’acropoli di Pietrapertosa possono essere inquadrati più che nell’ambito del protostorico lucano, come ai primi del secolo si era propensi a credere, nell’area storica delle colonie della Magna Grecia,attorno al IV-V secolo a.C. Doveva trattarsi, evidentemente, di fortificazioni, opera dei Greci della costa. In effetti, come in altri centri lucani, Pietrapertosa è posta in posizione dominante le grandi vie di comunicazione provenienti dalla costa greca. Su tale ipotesi concordano studiosi come il Napoli ed il Maiuri. È opportuno riportare l’ipotesi più recente, sostenuta dal prof.Adamesteanu e dal prof. Ross Holloway, i quali, utilizzando rivelazioni fotografiche estese a tutte le fortificazioni intorno a Potenza, hanno concluso che l’unitarietà tipologica dei sistemi di difesa presuppone una sola mente direttiva. Probabilmente si trattava di un campo militare o civile, un “Nummeles” della tribù Utiana che occupava l’alta e la media valle del Basento attorno alIV secolo a.C. il quale coordinò la costruzione delle opere difensive. Per quanto riguarda Pietrapertosa, l’operazione costruttiva della fortificazione ha sfruttato al massimo la geomorfologia raccordando la roccia alla muratura. Si è formato, in questo modo, un complesso difficile da conquistare sia dal versante del fiume Basento che da quello del fiumeSalandrella. (Informazioni tratte da un cartello informativo del luogo).
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