giovedì 31 dicembre 2009

Valle dell'Aterno da Campana

Ultimo giorno dell'anno. Tra le feste, il sonno e gli stravizi, andare in escursione è proprio una faticaccia, ma ci tengo a concluderlo così, con l'unica cosa bella che per me l'ha contraddistinto. Il 2009 è stato proprio un anno di merda, se non avessi avuto le mie montagne stavo in depressione. Quelle di sicuro non le butta giù nessuno. Addio anno del maledetto terremoto. Ti porti dietro tante cose.
Ultimamente il tempo è strano, pazzo, la temperatura scala da meno quindici a più venti in poche ore. Oggi poi si avverte in modo particolare che ci si trova in un momento di scontro di pressioni. Il cielo è molto carico, può reggere per l'arco della mattinata, ma per il resto del giorno non promette nulla di buono.
Ristretta di molto la scelta dei sentieri fattibili, decidiamo di percorrere un tratto della valle del fiume Aterno, partendo da Campana (567 m), un piccolo paese del comune di Fagnano Alto. Ho sempre amato tantissimo il rumore dell'acqua che scorre.
Ti avvolge di energia e ti carica. Il sentiero fatto è una lunga carrareccia che parte a sinistra del passaggio a livello del paesino. In sé per sé è un po' monotono, ma tuttavia si riqualifica con i mulini e le deviazioni esplorative. Il primo mulino appartiene al circondario di Fagnano. Ristrutturato ma disabitato. Non so se appartiene a qualcuno o è del comune. Di sicuro è privato, invece, quello che si incontra successivamente nei pressi di Fontecchio.
E' un posto molto molto bello, curato, elevato sul fiume a scopo della sua originaria funzione.
Che fosse proprietà privata ce ne siamo accorte dopo sia perchè la segnalazione del divieto d'accesso era posto alla fine del percorso, e sia perchè non c'erano recinzioni a delineare l'inaccessibile. A fare la guardia non c'erano cani, ma asini. Il primo c'è venuto incontro quasi festoso, felice di vedere la forma umana, se poteva avrebbe scodinzolato. Gli altri due, invece, ragliavano ferocemente, erano evidenti asini da guardia.
Poco più avanti del mulino deviamo in direzione di una chiesa sconsacrata: Santa Maria della Vittoria, ormai un rudere sventrato, sorge sui resti di un antico tempio romano dedicato a Giove. Già altre volte sono stata lì, e ogni volta ho avuto sempre una brutta sensazione, mi inquieta. Riprendiamo il sentiero che costeggia il fiume Aterno in direzione di Tione. Il tempo che ci vuole da Campana a Tione – senza soste – è di due ore e mezza circa. Tornate al punto di partenza visitiamo anche il piccolo paesino di Campana.
Con nessuna attività commerciale e qualche comignolo acceso, vantava di molta tranquillità.
Che pace lì, non c'era nessuno in giro per quelle strade. Solo noi ed una gatta maculata che ci seguiva in cerca di carezze. (Tutti i gatti a tre colori sono femmine).
Ripresa l'auto facciamo giusto altre due soste. Andiamo a Stiffe, a vedere le sue bellissime cascate. Quanto amo quel posto! Quantaenergia dallo scroscio di quelle acque! Ogni volta che vado lì ne esco sempre rinfrancata, rivitalizzata, felice.
L'ultima tappa è al Lago Sinizzo (740 m). Ho sempre avuto la curiosità di vedere le sue attuali condizioni: a seguito del terremoto la terra lì si era squarciata nel vero senso della parola, correndo tutta la linea della sua rottura (basta fare un giro sul web per vedere com'era). E' stato un sollievo per me vedere quel posto in procinto di tornare al suo equilibrio.
Le crepe si stanno suturando mano mano con le pioggie che rimpastano la terra e la ridepositano. Bé... ora te ne puoi anche andare 2009.

lunedì 28 dicembre 2009

Dall'Anfiteatro di Amiterno a Monte Rua BIS per Colle Rubino fino alla Rocca di San Marco


Riprendiamo il discorso su Monte Rua. Il sentiero fatto oggi inizia sempre dal punto indicato sulla carta, ma invece di seguire la traccia dell'altro ieri decidiamo di intraprendere una mulattiera che dritta dritta porta su Colle Rubino (887 m), questo anche per evitare le continue pozze di fango dell'altro percorso.
Da lì arrivare su Monte Rua (1235 m) è un attimo. Abbiamo rivalutato la piccola cima, che nell'ultimo tratto impetta notevolmente. E poi la vista merita: è molto panoramico, sia sull'Aquila che sul Pizzolano. Per salire abbiamo impiegato scarsa un'ora e un quarto. Decidiamo di scendere da un altro versante in modo da raggiungere i ruderi della Rocca di San Marco.
Qui comincia l'avventura. Ci andiamo letteralmente ad infrattare in un bosco fitto, ma così fitto che quello dell'altro ieri non era niente a confronto.
Quasi desideravo una motosega. Ci siamo impegnate abbastanza a scendere per il Vallone di Sant'Angelo: oltre a alberi, arbusti, zeppi, frasche, rovi e spini c'era a sorpresa anche il filo di ferro.Riuscivamo bene o male ad orientarci con l'idea di scendere a valle, perchè il paese di San Marco era proprio lì, sotto di noi. Piombiamo giusto giusto in un pollaio, dove un allevatore ci scambia per membri della Protezione Civile (?!!) è lui ad indicarci il sentiero per i ruderi della Rocca (760 m). Finalmente.
Non poteva mancare il video girato su Monte Rua. Non è facile fare delle riprese fatte per bene in montagna... anche riadattando uno dei bastoncini come treppiede la condizione è sempre instabile. Devo raffinarmi.

sabato 26 dicembre 2009

Dall'Anfiteatro di Amiterno a Monte Rua


Oggi abbiamo ripiegato su di un sentiero semplice reso però difficile da noi. Di solito quando propongo Monte Rua quasi mi sputano addosso, perchè in sé per sé non ha nulla di esaltante, ma: la neve s'è squagliata tutta (e siamo tutti depressi perchè non si può andare a sciare), il tempo è una schifezza perchè può piovere da un momento all'altro, e il cenone di Natale è ancora in fase di digestione. Quindi tutti d'accordo.
Volevo tanto andarci perchè, assieme a Monte Calvo, lo vedo bene dalla finestra della mia camera da letto.
Lasciata l'auto nel piccolo parcheggio dell'anfiteatro (670 m) siamo salite a piedi in direzione di Pozza. Dal centro del piccolo paese, superata la chiesa, comincia il sentiero segnato sulla carta.
Tutto il percorso era una pozza di fango continua. L'impegno non era tanto nella salita, ma nell'attenzione a non scivolare.
Non essendoci segni, continuiamo sempre sulla carrareccia. Superato un rifugio (906 m) continuiamo a percorrerla, giungendo su di una piccola altura che scopriva, ruotando da sinistra verso destra, i paesi di Basanello, Teora, Colli, Barete, Pizzoli, Marruci e Arischia. Il nostro errore è stato quello di prendere di petto la montagna nel momento sbagliato.
E infatti, salito un bel pezzo, abbastanza ripido, a poco dalla piccola vetta (1235 m), il nostro passaggio è stato bloccato da un bosco fittissimo che non ci permetteva di penetrare in alcun modo. E pensare che da sotto mica sembrava così, anzi. Decidiamo di scendere giù, tornare indietro, per poi risalire nel punto indicato dalla carta, in modo da non sbagliare di nuovo, sottovalutando il sentiero. Attraversiamo un altro bosco, bellissimo, di castagni, detto appunto Castagnola. C'erano alcune piante plurisecolari in quel silenzio, e i frutti ancora a terra. E' strano il bosco di fine dicembre. I colori carichi dell'autunno sono ormai sbiaditi, quello che ne rimane è una vibrazione afona che aspetta di smorzarsi con la neve. Giunte nei pressi del rifugio decidiamo, però, di tornare a casa e di rinunciare alla cima. La colpa è sempre la sua: della pioggia.

domenica 20 dicembre 2009

Da Campo Felice a Valle dell'Azzocchio


Fare sci da fondo-escursionismo con gli sci da fondo-pista (degli anni '80) non è da tutti. Come prima esperienza di fondo in generale poi è ancora da meno. E' stato molto difficoltoso sfangare la neve con quei pezzi di legno lunghi e soittili (5 cm appena), si cerca sempre l'equilibrio e i muscoli sono contratti di continuo, sia in salita che in discesa.
La tensione è costante perchè appena si oscilla o troppo a destra o troppo a sinistra si cade quasi di sicuro, e rialzarsi è davvero una faticaccia.
Comunque sono soddisfatta di esser riuscita a fare questo giro. Sarà l'esperienza con gli sci da discesa (anche se pochissima), sarà l'esperienza di pattinaggio con i rollerblade, non so, comunque sta di fatto che il fondo mi piace proprio e mi ci sono trovata bene. Si fatica, si respira, si esplora e si va dove non c'è gente...
cosa posso desiderare di più per la neve? Abbiamo lasciato l'auto nei pressi di un piccolo chiosco di legno che vende prodotti tipici, all'inizio del Piano di Campo Felice (1544 m).
Da lì abbiamo attraversato tutta la linea che porta da Fava Bruciata (1658 m) alla Valle dell'Azzocchio (1727 m).
Dopo una brevissima pausa con pane e frittata (che a 10 gradi sotto zero era diventato di gesso) riscendiamo subito, senza nemmeno toglierci gli sci. Abbiamo impiegato in tutto quasi cinque ore.
Forse forse me la cavo solo con un piccolo stiramento già incellophanato col lasonil.

domenica 13 dicembre 2009

Monte San Rocco da Prato Capito per il bosco di Cerasolo


Da Campo Felice, continuando a percorrere la strada, siamo arrivati al Valico della Chiesola (1610 m). Poco dopo il cartello, sulla sinistra, c'è l'accesso a Prato Capito (1587 m): il nostro sentiero inizia da qui. Si può tranquillamente lasciare l'auto nello spiazzo da dove inizia il percorso.
E' una strada molto piacevole da fare, anche se comperta di ghiaccio e neve come oggi; sono pendenze dolci, morbide. Abbiamo attraversato buona parte del bosco di Cerasolo, accostando i tornanti immersi nel silenzio del mattino.
C'erano anche altre persone in giro, ma si erano portate (per fortuna) tutte in direzione del Morretano. Che pace.
All'altezza dei Prati di Cerasolo si snodano diversi sentieri, noi proseguiamo in direzione di Monte San Rocco (1880 m), raggiunto impiegando totalmente in due ore e un quarto.
La vista da lassù era molto suggestiva: il panorama si strutturava di nebbia, neve e nuvole, stratificate tra loro in maniera nitida in un gioco di bianchi. Mentre riscendiamo avvistiamo la colonia di avvoltoi grifoni della Riserva Naturale dello Stato del Monte Velino. Ho letto che sono stati reintrodotti dopo trecento anni di assenza, e che è l'unica colonia in tutta l'Italia peninsulare.
Che emozione. Erano tanti, grandi, maestosi, con le ali spiegate al vento. Planavano e volteggiavano nell'aria padroni del loro territorio. E' stato molto bello vederli. Mi sono emozionata.
Finalmente l'inverno si è deciso a venire da noi. Sta nevicando basso. La prossima volta che andremo in montagna credo che sarà proprio con gli sci da fondo. Anche se aspettavo tanto la neve, ho un pò nostalgia della stagione passata.

venerdì 11 dicembre 2009

Castello di Bominaco


Ormai scalpito. Oggi nessuno vuole andare in montagna, e io da sola non mi sento all'altezza di correre rischi. Ma stare dentro casa con una giornata di sole mi fa soffrire. Non riesco a starci, ho bisogno di aria incontaminata, di natura, di purezza visiva. Questa poi è l'ultima buona giornata prima della neve, così indicano le previsioni... E ogni lasciata è persa. Non riesco più a ragionare in funzione del domani: senza forzature questo disegno si è allontanato dalla mia forma mentale: o è oggi o non esiste. Mentre pensavo questo focalizzavo mentalmente le rovine del Castello di Bominaco... (distrutto non dal terremoto ma da Braccio da Montone). Decido di andare lì perchè è facilmente raggiungibile, e alla portata di tutti. E poi era da un po' che volevo vedere quali fossero le attuali condizioni dell'oratorio e della chiesa, anche se mi avevano detto che non c'erano stati danni. E' stato un sollievo vedere quel posto integro.
Ero quasi tentata di chiamare una guida per farmi aprire il cancello, ma non mi andava di vedere nessuno, così lascio stare. In cinque minuti salgo sul castello che sta su Monte Buscito (1171 m). Lì ho placato ulteriormente il mio desiderio di pace. Hofilmato qualche secondo a ricordo. Ogni lasciata è persa per sempre.

martedì 8 dicembre 2009

Lago della Duchessa dalla Val di Fua

Dopo un giorno siamo tornati sulle Montagne della Duchessa, il tempo non era un granché, grigio, umido, e prospettava pioggia.Lasciavamo l'auto nella piazzetta di Cartore (944 m) imboccando il sentiero che saliva per la Val di Fua (1005 m). Anche qui c'eraun bellissimo bosco di faggi. Rispetto al Vallone di Teve questo appariva più selvaggio e più aspro, e mano a mano che salivamocompariva la neve. Usciti dal bosco attraversavamo il Vallone del Cieco (1668 m) e le Caparnie (1700 m), ovvero cinque rifugi inmuratura, affidati stagionalmente ai pastori di S. Anatolia. Era tutto completamente innevato, e mano a mano che salivamo allaneve si aggiungeva anche la nebbia, che ad ogni passo si infittiva sempre di più, tuttavia c'erano molte tracce in direzione del lago.In alcuni punti la nebbia e la neve erano una cosa sola, e non si capiva dove finiva una e cominciava l'altra. Dietro ad una valletta si intravedeva un diverso profilo, sempre più definito man mano che ci si avvicinava, era il Lago della Duchessa (1788 m), bellissimo e completamente ghiacciato.