Un grande sogno speleologico era contenuto dentro la montagna
di Santa Croce di Narni: una leggendaria caverna era nascosta nellesue
profondità, ed era ancora in attesa di venire alla luce. Seguivamo un sentiero
immerso in una bellissima lecceta che metteva incongiunzione molte grotte,
miniere ed altre importanti testimonianze del passato: la ricerca del ferro, che
aveva fatto ispezionare tuttaquella zona nel XVIII secolo, faceva ben leggere la
sua memoria nelle cave, nei cunicoli artificiali e in una magnifica fornace
ancoraintatta. Conoscevamo la Grotta dei Nuovi, la Grotta Celeste, la Grotta
dei Veli, la Grotta degli Archi, la Grotta del Monastero e la Grottadello
Svizzero, ognuna con una storia e tutte rivolte al grande sogno della Grotta
della Montagna. Nei punti panoramici sul Nera,tra valli e voragini vicinanze e lontananze di Goethe, la contemplazione
si perdeva nella bellezza del Sublime. Unantico monastero francescano, eretto
dai Clareni, un sott’ordine ritenuto eretico e perseguitato dall’inquisizione,
si nascondevanel fitto bosco a ridosso di magnifiche rocce. Un arco a tutto
sesto dava accesso agli interni, la piccola chiesa spogliata di ognidecoro
definiva ancora integralmente il suo spazio voltato a botte, mentre altre mura aperte
al cielo delimitavano le restantiaree adibite a dormitorio, refettorio, cisterne
e cucina. Gli antichi sentieri per raggiungerlo erano stati rispristinati dalla
cura dichi aveva a cuore quei luoghi, grazie al Gruppo Speleologico UTEC di Narni
per aver promosso e valorizzato questo bellissimo itinerario.
domenica 17 novembre 2024
sabato 16 novembre 2024
Il Castello di Collefegato
La particolarità del nome Collefegato trovava risposta in
due significanti, il primo che interpretava la contrazione delleparole “Colle
dato in feudo”, il secondo che la forma del colle su cui era stato edificato
era come quella di un fegato umano. Aprescindere dalle interpretazioni
pervenute, quello che giungeva ai nostri occhi erano comunque i resti di una
maestosa strutturaavvolta nella vegetazione, così rigogliosa che difficilmente
lasciava leggere la conformazione del suolo. Tra rovi, arbusti ecespugli si
innalzavano le antiche mura, si distinguevano a malapena le costruzioni e si apriva un enigmatico
pozzo. La naturasi era ripresa prepotentemente i suoi spazi, riducendo al
minimo la percorribilità di quel luogo un tempo tanto importantee adesso
dimenticato.
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Il sentiero del Prato di San Leonardo da Val di Fua
Le ultime piogge avevano deteriorato il fondo del Vallone di
Fua, scavandone parte del suolo in corrispondenza degli scolidell’acqua,
mentre i colori d’autunno dominavano le visuali, con i toni caldi che rasserenavano gli occhi. Percorrevamo un nuovo sentierotra il Vallone di Fua e il Vallone
della Cesa che i locali soprannominavano del Prato di San Leonardo (o Passo?), il
riferimentodel nome era sicuramente attribuito all’eremo situato sullo
strapiombo sottostante, collocato in una zona molto impervia e difficilmenteraggiungibile. Seguivamo i sentieri più comodi, rimandando al futuro qualsiasi
ulteriore indagine. La zona di Cartore era riccadi testimonianze storiche e di luoghi eremitici, aree incontaminate dove il sacro si unificava con la bellezza
della natura.
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domenica 10 novembre 2024
Anello del Lago Vivo e la Grotta dello Schievo
Un bellissimo sentiero si inoltrava nel bosco, il vecchio
Mosè ci accoglieva ancora all’ingresso con i suoi resti e la memoriadella sua
poesia, con tutto ciò che rimaneva che dava vita a tutto quello che restava.
Dalla Sorgente del Sambuco alla Sorgentedelle Donne seguivamo il sentiero per
il Lago Vivo salendo la Valle Resione. La parte bassa del bosco si vestiva
delle vibrazionicromatiche dei toni rossi, così calde e avvolgenti, con foglie
ancora sospese sul limite della vita, tra i rami e il cielo di novembre.La piccola
edicola della Madonna delle Grazie, detta del Buon Passo, ci introduceva al
finire del bosco, dove a breve si sarebberoaperte le radure e si potevano
ammirare i panorami. Il Lago Vivo manteneva a malapena le sue acque, raccolte
nel suopunto più basso, alimentato da diminuite falde sotterranee. Sullo
sfondo il Monte Petroso confondeva tra le nubi il candoredei suoi profili di
pietra rivolti al cielo, mentre in prossimità del lago un pascolo pacato di
mucche riposava. L’assenza di acquaera stata confermata anche alla
Grotta dello Schievo, l’aridità degli ultimi tempi avevano disanimato quel
magnifico antro.Seguivamo il sentiero lungo il Rio Torto, dove finalmente
l’acqua sgorgante dalla terra si componeva nella forma sinuosa delfiume. Tra
mulattiere e magnifici alberi chiudevamo il nostro anello in uno dei luoghi più
suggestivi del Parco Nazionale d’Abruzzo.
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domenica 27 ottobre 2024
Tra i patriarchi dell'Anatella
Ci inoltravamo in un fittissimo bosco di faggi, sotto i balzi
rocciosi dell’Anatella del Sirente. La suggestione dell’ambiente, resoaccogliente e intimo dalla luce calda filtrata dai colori dell’autunno, ci
donava la quiete. Seguivamo un comodo sentiero inoltratonel silenzio, tra
patriarchi secolari, antichi alberi che si innalzavano come monumenti, templi
vegetali che accoglievano tra le lorochiome i nidi, estendevano i loro rami al
cielo e si ramificavano profondamente nella terra. Al loro cospetto la visione
dell’ordinedella natura assumeva la nobile semplicità dell’equilibrio, tra
muschi verdi, tappeti di foglie brunite e giochi di ombre, pentagrammisu cui
le note di sottofondo davano voce alla melodia del verbo degli uccelli. Scorgevamo tra gli alberi il cratere del
Sirente, oltre lavisuale del bosco la grande piana carsica sottostante si
apriva come un respiro, accogliente e distesa dove i pascoli giacevano pacati.Sulla
via del ritorno incontravamo la Fonte dell’Anatella, un abbeveratoio dalla
struttura essenziale e importante che sorgevaisolata sull’omonima valle, altro
importante punto di riferimento per il transito dei pascoli.
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