L’anfiteatro montuoso di Monte Romanella, Monte Alto e Monte
Longagna custodiva molti sentieri, il più famoso era la Stradadei Centopozzi. La
celebre Grotta d’Orlando si raggiungeva con una breve diramazione dalla via
principale, il nome così particolarecercava spiegazione nella tradizione locale,
chi l’attribuiva ad uno dei paladini della cerchia di Carlo Magno, e chi rammentavainvece semplicemente la correzione del nome originario di grotta urlante. Il bosco ci accoglieva nella sua bellezza, tra
faggi epiccole tassete seguivamo i sentieri per Fonte Longagna. L’ultimo
tratto di mulattiera segnava marcatamente la via, nonostante nonsegnato, fino alla
Madonna della Candelecchia. Poco oltre scoprivamo i ruderi di un antico
santuario al di sotto della Rupe di San Leonardo,il fascino di quella
collocazione e i residui di mura così ben integrati nell’ambiente erano davvero
una bellissima sorpresa.
domenica 18 febbraio 2024
sabato 3 febbraio 2024
La Madonna della Neve di Castelvecchio Calvisio e la zona di Carapelle
Un’antica mulattiera scendeva da Castelvecchio Calvisio in
direzione dei numerosi campi coltivati della Valle di Vusci, intercettando sullastrada la suggestiva Madonna della Neve. La notevole fattura della chiesa
dava sfoggio di importanza nonostante l’incuria del tempoche l’aveva resa allo
stato di rudere. Fortemente incassata nel pendio, a ridosso di un tornante, avevamo
modo di ammirarla sia dall’alto,con il campanile a vela alla nostra portata,
che dal basso dell’ingresso. Purtroppo qualcuno l’aveva privata delle
pietre lavoratepiù accessibili: erano state divelte le cornici del portale e
delle finestre, rimanevano soltanto i decori del frontone d’ingresso e lafinestra sommitale. L’interno dava dimora a rovi ed arbusti, ancora si ergevano
i tre grandi archi del tetto, e quel poco che rimanevadegli altari era evidenziato
dai resti degli affreschi. Non si leggevano più le immagini sacre, era visibile
soltanto un essenziale decorovegetale. Una datazione lasciava risalire la
chiesa al 1650 – D. F. DE F. P. S. D. ANNO DMI IUBILEI – ma la storia si era
perduta neltempo e rimaneva soltanto in qualche memoria tramandata. (Per
approfondimenti “La Montagna e il Sacro –
riti e paesaggi religiosi in Abruzzo” di Edoardo Micati, Carsa Edizioni,
2018). Riprendevamo il nostro percorso in direzione dei campisottostanti, tra
la bellezza degli uliveti e un’illusoria primavera. Un grande casolare isolato
catturava la nostra attenzione, untempo quei luoghi avevano vissuto più di
importanza, di lavoro e di frequentazione. Raggiungevamo Carapelle Calvisioimmettendoci direttamente nei suoi vicoli, finalmente erano attivi i lavori
della ricostruzione che ci lasciavano sperare di poterammirare presto un
bellissimo borgo. Tutta la montagna intorno era un dedalo di sentieri, seguivamo
quello per Villa San Martinoe la Chiesa di San Cipriano, alcune delle testimonianze
più antiche della storia di Carapelle.
domenica 28 gennaio 2024
Traversata di Monte Le Quartora dai pressi di Casamaina ai pressi di Roio Piano
Compivamo una bellissima traversata di Monte Le Quartora,
partendo dal territorio di Casamaina per raggiungere quello di Roio Piano.Una
comoda carrareccia saliva inizialmente nel bosco per poi aprirsi alla bellezza
dei panorami, quella strada era probabilmente unavia di transito che dava
accesso alle miniere di bauxite. Superato il valico, la zona di Terra Rossa
lasciava affiorare il colore che ledava il nome, purtroppo non c’era la neve a
riverberare il candore sui pendii, il bianco giaceva soltanto a chiazze e nelle
zone d’ombra, etra i ruderi dell’antico monastero di Santo Iaco. Un sentiero a
malapena percettibile si immetteva nella carrareccia chepassante per Pesco Croce raggiungeva il Passo di Vallefredda, dove un vecchio fontanile dismesso faceva
da crocevia. La bellezzadella Piana di Campoli si raccoglieva protetta dai
rilievi intorno, le casette Michetti, ormai completamente dirute, rievocavanola presenza dei suoi ultimi abitanti, famoso era il ricordo del pastore
Vittorio che fino agli anni Sessanta le aveva mantenutefunzionali soggiornando
negli stazzi. La luce bassa del pomeriggio iniziava ad inondare piano la valle,
mentre i buoi e i cavallici guardavano incuriositi e allo stesso tempo disinteressati.
Gli ultimi avvallamenti della Costa Grande fino a Capo Ripa, con i suoimaceroni disseminati e l’erba rasa e stinta, ampliavano ulteriormente il fascino di quei luoghi così similmente lunari e solitari.
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sabato 27 gennaio 2024
La Croce del Poggio e la Valle del Campanaro
La Valle del Campanaro si articolava in un dedalo di
sentieri diramanti la carrareccia principale. Mi colpiva molto la cura di ogni
tracciato,ben delineato e certo, che non lasciava dubbi a chi li percorreva. Nel
fitto della vegetazione, tra querce e pini neri, alcuni rifugidavano ulteriore
nota della presenza umana. La Fonte di San Rocco si individuava con l’edicola
dell’acquedotto di Poggio Picenze,datato al 1895, ma la storia non si
soffermava qui, era in ogni tracciato che vedeva rimboschita la montagna da
oltre settant’anni,nelle pietre deposte con cura e nel magnifico Muro dei
Giganti. La montagna del Cenerale mostrava le sue bellezze anche oltrela quota
boschiva, raggiungevamo la Croce del Poggio che nonostante la modesta
altitudine svettava sui panorami sottostanti e aprivala vista come un grande
respiro.
domenica 21 gennaio 2024
Peschio del Principe, l'antica Vena Rocca da Castel Sant'Angelo di Cittaducale
Le vie di Castel Sant’Angelo culminavano nella parte
sommitale con un alto mastio risalente all’anno mille, protetto da una cintamuraria ancora ben conservata con feritoie strombate e bocche da fuoco, antiche
predisposizioni di difesa militare. L’affacciopanoramico godeva di una
bellezza straordinaria sulla valle sottostante, Umbilicus Italiae si poneva comunque al centro di tuttoquel
circondario. Un sentiero molto curato si apriva tra arbusti e ginestre salendo
ripidamente la volta della montagna finoad intercettare la strada sterrata per
il Peschio del Principe. Guardando a valle il Lago di Paterno rifletteva come
uno specchio il solecircondato di azzurro intenso. Anticamente noto anche come
Vena Rocca, "U Peschio Du'
Principe" manteneva ancora parte deiruderi di un’antica costruzione
medievale probabilmente appartenuta ad un signore di quell’epoca. La sua collocazione
era certamentea controllo dell’importantissima via Salaria sottostante, e non
solo, lo sguardo era davvero in grado di spaziare a ridosso di una posizionecosì privilegiata. Per la via del ritorno compivamo un anello passando per il
tracciato di un acquedotto fino ad intercettare il sentieroper i casolari
diruti di San Martino, dove un pascolo di armenti conferiva ancora più quiete a
quegli scenari. Tra i vicoli di CastelSant’Angelo giungeva la sera, le luci
fredde crepuscolari inondavano d’azzurro quel mite pomeriggio di gennaio.
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