domenica 17 novembre 2024

Miniere, Eremi e Grotte nella Montagna di Narni

Un grande sogno speleologico era contenuto dentro la montagna di Santa Croce di Narni: una leggendaria caverna era nascosta nellesue profondità, ed era ancora in attesa di venire alla luce. Seguivamo un sentiero immerso in una bellissima lecceta che metteva incongiunzione molte grotte, miniere ed altre importanti testimonianze del passato: la ricerca del ferro, che aveva fatto ispezionare tuttaquella zona nel XVIII secolo, faceva ben leggere la sua memoria nelle cave, nei cunicoli artificiali e in una magnifica fornace ancoraintatta. Conoscevamo la Grotta dei Nuovi, la Grotta Celeste, la Grotta dei Veli, la Grotta degli Archi, la Grotta del Monastero e la Grottadello Svizzero, ognuna con una storia e tutte rivolte al grande sogno della Grotta della Montagna. Nei punti panoramici sul Nera,tra valli e voragini vicinanze e lontananze di Goethe, la contemplazione si perdeva nella bellezza del Sublime. Unantico monastero francescano, eretto dai Clareni, un sott’ordine ritenuto eretico e perseguitato dall’inquisizione, si nascondevanel fitto bosco a ridosso di magnifiche rocce. Un arco a tutto sesto dava accesso agli interni, la piccola chiesa spogliata di ognidecoro definiva ancora integralmente il suo spazio voltato a botte, mentre altre mura aperte al cielo delimitavano le restantiaree adibite a dormitorio, refettorio, cisterne e cucina. Gli antichi sentieri per raggiungerlo erano stati rispristinati dalla cura dichi aveva a cuore quei luoghi, grazie al Gruppo Speleologico UTEC di Narni per aver promosso e valorizzato questo bellissimo itinerario.

sabato 16 novembre 2024

Il Castello di Collefegato

La particolarità del nome Collefegato trovava risposta in due significanti, il primo che interpretava la contrazione delleparole “Colle dato in feudo”, il secondo che la forma del colle su cui era stato edificato era come quella di un fegato umano. Aprescindere dalle interpretazioni pervenute, quello che giungeva ai nostri occhi erano comunque i resti di una maestosa strutturaavvolta nella vegetazione, così rigogliosa che difficilmente lasciava leggere la conformazione del suolo. Tra rovi, arbusti ecespugli si innalzavano le antiche mura, si distinguevano a malapena le costruzioni e si apriva un enigmatico pozzo. La naturasi era ripresa prepotentemente i suoi spazi, riducendo al minimo la percorribilità di quel luogo un tempo tanto importantee adesso dimenticato.

Il sentiero del Prato di San Leonardo da Val di Fua

Le ultime piogge avevano deteriorato il fondo del Vallone di Fua, scavandone parte del suolo in corrispondenza degli scolidell’acqua, mentre i colori d’autunno dominavano le visuali, con i toni caldi che rasserenavano gli occhi. Percorrevamo un nuovo sentierotra il Vallone di Fua e il Vallone della Cesa che i locali soprannominavano del Prato di San Leonardo (o Passo?), il riferimentodel nome era sicuramente attribuito all’eremo situato sullo strapiombo sottostante, collocato in una zona molto impervia e difficilmenteraggiungibile. Seguivamo i sentieri più comodi, rimandando al futuro qualsiasi ulteriore indagine. La zona di Cartore era riccadi testimonianze storiche e di luoghi eremitici, aree incontaminate dove il sacro si unificava con la bellezza della natura.

domenica 10 novembre 2024

Anello del Lago Vivo e la Grotta dello Schievo

Un bellissimo sentiero si inoltrava nel bosco, il vecchio Mosè ci accoglieva ancora all’ingresso con i suoi resti e la memoriadella sua poesia, con tutto ciò che rimaneva che dava vita a tutto quello che restava. Dalla Sorgente del Sambuco alla Sorgentedelle Donne seguivamo il sentiero per il Lago Vivo salendo la Valle Resione. La parte bassa del bosco si vestiva delle vibrazionicromatiche dei toni rossi, così calde e avvolgenti, con foglie ancora sospese sul limite della vita, tra i rami e il cielo di novembre.La piccola edicola della Madonna delle Grazie, detta del Buon Passo, ci introduceva al finire del bosco, dove a breve si sarebberoaperte le radure e si potevano ammirare i panorami. Il Lago Vivo manteneva a malapena le sue acque, raccolte nel suopunto più basso, alimentato da diminuite falde sotterranee. Sullo sfondo il Monte Petroso confondeva tra le nubi il candoredei suoi profili di pietra rivolti al cielo, mentre in prossimità del lago un pascolo pacato di mucche riposava. L’assenza di acquaera stata confermata anche alla Grotta dello Schievo, l’aridità degli ultimi tempi avevano disanimato quel magnifico antro.Seguivamo il sentiero lungo il Rio Torto, dove finalmente l’acqua sgorgante dalla terra si componeva nella forma sinuosa delfiume. Tra mulattiere e magnifici alberi chiudevamo il nostro anello in uno dei luoghi più suggestivi del Parco Nazionale d’Abruzzo.

domenica 27 ottobre 2024

Tra i patriarchi dell'Anatella

Ci inoltravamo in un fittissimo bosco di faggi, sotto i balzi rocciosi dell’Anatella del Sirente. La suggestione dell’ambiente, resoaccogliente e intimo dalla luce calda filtrata dai colori dell’autunno, ci donava la quiete. Seguivamo un comodo sentiero inoltratonel silenzio, tra patriarchi secolari, antichi alberi che si innalzavano come monumenti, templi vegetali che accoglievano tra le lorochiome i nidi, estendevano i loro rami al cielo e si ramificavano profondamente nella terra. Al loro cospetto la visione dell’ordinedella natura assumeva la nobile semplicità dell’equilibrio, tra muschi verdi, tappeti di foglie brunite e giochi di ombre, pentagrammisu cui le note di sottofondo davano voce alla melodia del verbo degli uccelli. Scorgevamo tra gli alberi il cratere del Sirente, oltre lavisuale del bosco la grande piana carsica sottostante si apriva come un respiro, accogliente e distesa dove i pascoli giacevano pacati.Sulla via del ritorno incontravamo la Fonte dell’Anatella, un abbeveratoio dalla struttura essenziale e importante che sorgevaisolata sull’omonima valle, altro importante punto di riferimento per il transito dei pascoli.