Un grande sogno speleologico era contenuto dentro la montagna
di Santa Croce di Narni: una leggendaria caverna era nascosta nelle
sue
profondità, ed era ancora in attesa di venire alla luce. Seguivamo un sentiero
immerso in una bellissima lecceta che metteva in
congiunzione molte grotte,
miniere ed altre importanti testimonianze del passato: la ricerca del ferro, che
aveva fatto ispezionare tutta
quella zona nel XVIII secolo, faceva ben leggere la
sua memoria nelle cave, nei cunicoli artificiali e in una magnifica fornace
ancora
intatta. Conoscevamo la Grotta dei Nuovi, la Grotta Celeste, la Grotta
dei Veli, la Grotta degli Archi, la Grotta del Monastero e la Grotta
dello
Svizzero, ognuna con una storia e tutte rivolte al grande sogno della Grotta
della Montagna. Nei punti panoramici sul Nera,
tra valli e voragini vicinanze e lontananze di Goethe, la contemplazione
si perdeva nella bellezza del Sublime. Un
antico monastero francescano, eretto
dai Clareni, un sott’ordine ritenuto eretico e perseguitato dall’inquisizione,
si nascondeva

nel fitto bosco a ridosso di magnifiche rocce. Un arco a tutto
sesto dava accesso agli interni, la piccola chiesa spogliata di ogni

decoro
definiva ancora integralmente il suo spazio voltato a botte, mentre altre mura aperte
al cielo delimitavano le restanti

aree adibite a dormitorio, refettorio, cisterne
e cucina. Gli antichi sentieri per raggiungerlo erano stati rispristinati dalla
cura di

chi aveva a cuore quei luoghi, grazie al Gruppo Speleologico UTEC di Narni
per aver promosso e valorizzato questo bellissimo itinerario.