domenica 29 maggio 2011

Civita di Bagnoregio - la città che muore

Può morire il passato? La malinconia filtrava su questa riflessione, perché fatta di una tristezza nostalgica propria del genere umano. Tutte le cose pensate nel momento della loro fine diventano più belle, perché certe della loro morte. E per di più lenta. Si vestono di una energia particolare, si animano di un qualcosa di speciale.Quando rimangono i ricordi, abbiamo ancora il permesso di rievocare ancora il nostro vissuto, ma quando anche i luoghi dei nostri ricordi si perdono, come possiamo fare? Rimangono solo i ricordi dei ricordi dei ricordi. E’ in questo tipo di declino che ramifica l’oblio. L’inesorabile ci faceva riflettere su tutta questacondizione, mentre il cielo azzurro intenso si perdeva nitido fino in lontananza. Dal basso dei calanchi l’odore delle ginestre saliva fino a noi, ubriacandoci di dolcezza. Civita di Bagnoregio era bellissima, così calda e pietrificata, dove ogni cosa si tratteneva. I fiori di gelsomino rivestivano metri e metri di muri di pietra,accompagnati da ortensie giganti e da tante altre meraviglie accresciute dalla terra vulcanica. Il panorama girava tutto intorno su deserti di argilla che mano a mano con lo sguardo scivolavano, riempiendo il cuore di mille suggestioni. Le voci dei turisti facevano da sottofondo al nostro pomeriggio assolato:quella piazza diventava la piazza di tutti, e noi eravamo lì, immersi nel suo tepore. Davvero mi rattristava pensare che un luogo di tale bellezza destinava a frantumarsi, l’immortalità peccava ad avere delle riserve con la grazia di quel luogo, ma forse era proprio questo il suo fascino più grande. "Il colle tufaceosu cui sorge Civita è minato alla base dalla continua erosione di due torrentelli che scorrono nelle valli sottostanti e dall’azione delle piogge e del vento: si sta dunque sgretolando, lentamente ma inesorabilmente. Il borgo, dove resistono a vivere poche famiglie, sta franando, evaporando - si sta smarrendo: domaninon sarà che un miraggio, come i sogni più belli, come Venezia (anch’essa condannata dalle acque), come tutto ciò che rivela la fragilità, l’impotenza umana. La più bella definizione di Civita è del suo figlio Bonaventura Tecchi: “la città che muore”. Il destino quasi segnato del luogo, il paesaggio irreale dei calanchiargillosi che assediano il borgo, i loro colori tetri che contrastano con quelli dorati del tufo, fanno di Civita un luogo unico, solare e crepuscolare insieme, vivo o spettrale, a seconda dell’umore di chi la guarda dal precipizio del Belvedere, conclusione “aerea” - quasi - del centro storico di Bagnoregioche inizia dalla splendida porta Albana. Di fronte al Belvedere, collegata al mondo da un unico e stretto ponte di 300 metri, ecco Civita, appoggiata dolcemente su un cocuzzolo, col suo ciuffo di case medievali..." (Informazioni tratte da QUI).

Il Parco dei Mostri di Bomarzo

Nel Lazio, terra meravigliosa dalle tre esistenze: Etrusca, Romana e Medioevale, Bomarzo condivide la gloria di una storia illustre e possiede un'opera unica nel suo genere al mondo. "La Villa delle Meraviglie". Nei giardini delle ville laziali troveretedegli elementi simili, ma prototipo di questi giardini é il "Sacro Bosco di Bomarzo". Lo volle il principe Pier Francesco Orsini detto Vicino "sol per sfogare il core". Lo ideò quel grande architetto che fu Pirro Ligorio, colui che dopo la morte diMichelangelo fu chiamato a lavorare in San Pietro. Senza che l'Orsini ed il Ligorio se lo immaginassero ne uscì un capolavoro che dura nel tempo, e che la fantasia popolare ribattezzò come PARCO DEI MOSTRI. Entrando in questo luogo, sarete accolti daiversi incisi sotto le due Sfingi. Passerete poi di sorpresa in sorpresa per l'improvviso apparire di animali e figure di pietra. L'elefante che sta per ucidere un guerriero, la lotta tra Draghi, l'Orco, la Bella addormentata nel bosco, Ercole che squarciaCaco, Orsi in agguato, animale a tre teste, Nettuno sull'alto di una vasca, Sirene ed altre figure interessanti, ed infine sopra la testa di un Orco, il Mappamondo con sovrastante in miniatura il Castello Orsini a significare la potenza del Casato.Queste sculture scolpite nei grossi blocchi di pietra ivi radicati vi sembrano sorte dal suolo come prodigio. Il tutto risale al XVI secolo (1552) epoca in cui si sviluppava un ideale di vita fra il Principesco e il Cortigiano. Questo bosco ha ispirato molti artistidel tempo, come l'Annibal Caro, il Bitussi ed il Cardinal Modruzzo, per esprimere la loro meraviglia, vollero lasciare incisi sul posto "epigrafi e versi". Dopo la morte di Vicino Orsini nessuno si curò più di questo gioiello di arte manieristica chedopo secoli di abbandono é stato salvato dal solito oblio e restaurato per la gioia di intellettuali e scrittori, artisti e turisti che vengono da tutto il mondo per ammirare questo museo all'aperto. (info: http://www.parcodeimostri.com/). La primavolta che visitai il Parco dei Mostri ero una bambina, e, come tutti i bambini, avevo una percezione superlativa rispetto tutto quello che mi circondava, figuriamoci rispetto ad un luogo simile, così meraviglioso e sorprendente. Le cose belle erano ancora più bellee animate di quello che effettivamente erano, ma in fondo credo di non aver perso poi molto di quella parte del mio sentire. Guardare nuovamente tutto adesso, dopo più di venti anni, è stato come un appuntamento col passato. Guardavo quellesculture fantastiche e vedevo me da piccola che le scoprivo mano mano, passo dopo passo, in quel giardino pittoresco e sublime, dove tutto si scopriva come se percorso da dentro un sogno.

mercoledì 25 maggio 2011

Anello di Monte Bolza

Ci sono delle volte in cui ci sentiamo attratti da dei luoghi, come se in qualche modo ne venissimo richiamati, ed io sentivo la voce di Campo Imperatore. Ancora non riuscivo a staccarmi dalleultime visioni del Gran Sasso, dai suoi avvallamenti così solitari e unici, così lunari, percorsi solo da strade silenziosissime: sentivo che dovevo esaurirli ancora un po’ prima di cambiare direzione.Tenevo a mente Monte Bolza e il Canyon della Valianara, volevo percorrere tutto nella pacata solitudine di un pomeriggio di primavera. Come era importante per me perseguirequell’intenzione, perché diveniva guida e sostegno dei miei desideri. Campo Imperatore mi attendeva come un premio alla fine della salita al Valico di San Cristoforo: si apriva davanti aimiei occhi nella sua distesa immensa smorzata solo da nuvole basse. La solitudine mi agitava mano mano che le nubi si componevano nervosamente, ma cosa poteva mai succedermi?Ero consapevole che quella era la paura dei principianti, e paradossalmente la cosa mi calmava perché in qualche modo faceva tornare tutto normale. La pioggia veniva giù, rendendopesante l’erba e la terra, peggio ancora la rena dove le gomme sprofondavano. Correvo lungo il Canyon come se qualcosa mi tenesse in agitazione e mi spingesse a pedalare, ma di cosa avevocosì paura? Forse perché ero sola? Di certo credo di essermi persa qualche emozione. La vista della strada asfaltata finalmente mi calmava, le sue forme certe e regolari ormai mi facevano daguida. Tutto si distendeva, ero fuori e dentro ai miei percorsi nel giusto modo che più desideravo.

lunedì 23 maggio 2011

La Cascata di Stiffe

Ci sono i paradisi dietro l’angolo, quelli che non ti rendi conto di quanto ti siano vicino, eppure sono lì, accanto a te. Quei luoghi dove il quotidiano si annulla, e dove il tempo si trattiene come inuna pausa. Si intuisce bene quale è la soglia di ingresso, perché è la Natura stessa ad indicarci il varco dei suoi templi. Il getto della cascata metteva in moto una dinamica meravigliosa che con i suoispostamenti d’aria cullava i ranuncoli e le margherite. Il verde era rigoglioso in ogni angolo di quella cattedrale: così rivestita di alberi e di foglie celebrava prepotentemente la grandiosa forzadella vita. Qualsiasi cascata ha il potere straordinario di alleggerire l’anima di chi la guarda, di rinfrancarla con la sua energia, perché il suo rumore è come la risposta ad una preghiera.Un anonimo ha scritto: “La realtà è vivere l’oggi e non aspettare il domani, perché il paradiso non è un luogo dove andare, ma una sensazione da provare”.

mercoledì 18 maggio 2011

I Narcisi dell'Altopiano delle Rocche: tra Terranera, Rocca di Cambio e Rocca di Mezzo

Il profumo dei narcisi riecheggiava come un canto, così esaltato dal sole che ne diffondeva il profumo. Le calde giornate di primavera si disponevano silenziose per l’estate: ora veniva iltempo del caldo, della quiete, con la terra riarsa al sole e il sollievo delle ombre. Tra la stagione degli amori e la stagione dei frutti, la Natura frapponeva una stasi rovente, fatta dell’oro deicampi di grano, dei papaveri e dei fiordalisi. La terra portava in grembo la maturazione della vita, e forse per questo doveva riposare. Lo spettacolo meraviglioso si perdeva a vista d’occhionelle sfumature di bianco viste in lontananza: bisognava immergersi dentro quel mondo, per godere di tutta la sua meraviglia. L’Eco della ninfa si perdeva dietro ogni fiore, chemosso dal vento liberava il suo profumo. Come sono cari i narcisi agli amanti, a tutti coloro che amano, che prima di voler bene agli altri amano se stessi.

domenica 15 maggio 2011

L'Eremo e le Gole di San Venanzio

Le dimore dei Santi sono dei luoghi particolari, dove l’energia trasuda dalla terra. Si sente che c’è qualcosa di speciale, si avverte che c’è qualcosa di straordinario. La Natura selvaggia si veste a protezione di una suggestione antica, quanti anni quanti secoli quanta storia hanno modellato queste pietre ed assaporato il profumo dei caprifogli, ammirato le felci e i fiori di acacia.Il polline filtrava tra gli alberi, trovando risalto nel contrasto delle ombre, mentre lo scrosciare dell’acqua si portava via tutti i pensieri. La Riserva Naturale delle Gole di San Venanzio è un’area naturale protetta istituita con legge della Regione Abruzzo n°84 del 1998. Si estende per 1.072 ettari, ricadenti interamente nel territorio del comune di Raiano, in provinciadell’Aquila, nella parte occidentale della Valle Peligna. La Riserva è un’area ricca sia dal punto di vista naturalistico sia storico e religioso; costituisce un corridoio ecologico di primaria importanza tra il Parco Nazionale della Majella e il Parco Regionale Sirente Velino ed ospita un importante patrimonio di biodiversità. La riserva tutela due contesti territorialicompletamente differenti tra loro: a monte, nelle strette Gole scavate dal fiume Aterno tra i monti Mentino e Urano, domina la roccia calcarea con una morfologia aspra e selvaggia fatta di orridi e canyon, cascate e forre; a valle, l’uscita del fiume Aterno dalle gole, con lo spettacolare e suggestivo eremo di San Venanzio e la presenza del vecchio mulino ad acqua, segna ilpassaggio alla fertile e verdeggiante pianura alluvionale dove il fiume disegna ampie anse. (Tratto da un cartello informativo del luogo). Qui è venuto a dimora un Santo, rilegando parte della sua vita a questa meraviglia. Un altro cartello informativo ne traccia la storia: Si ha notizia dell’esistenza di una chiesa dedicata a San Venanzio in una Bolla di Papa Adriano IV nel 1156, non è certoperò che si riferisca all’eremo attuale; infatti, in quel tempo a Raiano esistevano molte chiese intitolate ai Santi Martiri. Il complesso architettonico dell’eremo poggia sulla sponda destra del fiume Aterno, insistendo su una compatta massa rocciosa; la parte che unisce le due pareti della gola imposta su un sistema di tre archi a diverso livello, sotto vi scorre il fiume. Nella strutturasi possono riconoscere due fasi edilizie: • la più antica (XV-XVI sec.) è riferibile alla zona del retroaltare ed è datata sulla base di alcuni affreschi, molto deteriorati, che decorano, con le immagini dei quattro Evangelisti, la volta dell’attuale sacrestia; • la struttura attuale della chiesa, invece, è da attribuire ad un sostanziale ampliamento eseguito alla fine delXVII secolo. L’interno, come ci appare oggi, è a pianta rettangolare coperta con volta a botte: ha due altari laterali in prossimità di quello maggiore che è addossato ad una parete divisoria, dentro la quale si trova la vecchia abside con resti di affreschi cinquecenteschi rappresentanti gli Apostoli Marco, Matteo, Luca e Giovanni, restaurati nel 2006; quelli laterali,invece, contengono le statue di S. Giovanni Battista e di S. Pietro Celestino. A destra dell’entrata, per tutta la lunghezza della costruzione, un corridoio fiancheggiato da celle eremitiche. In fondo al corridoio, sulla destra, una scala scende al di sotto del piano del colle dove si trova la cappella delle Sette Marie che conserva un Compianto cinquecentesco in terracotta policroma.La loggia sospesa sul fiume è il punto di raccordo tra la chiesa e i luoghi sottostanti, raggiungibili anche attraverso una rampa di scale che conduce al Sancta Sanctorum dell’eremo. La Scala Santa è scavata nella viva roccia e passa attraverso un cunicolo stretto e buio, percorrendolo si mantengono i caratteri penitenziali e purificatori dei riti di passaggio. Al suo imboccoè visibile l’impronta del corpo di San Venanzio impressa nella pietra e il sedile di Santa Rita. (Tratto da un cartello informativo del luogo).

sabato 14 maggio 2011

Il fiore dell'Adonide - parte seconda: Piano Buto, Piano Viano e Valle Pagano

Conosco un poeta che ha attraversato il deserto alla ricerca di un fiore, lottando contro la fatica e i ricordi del passato, contro la desolazione della terra del mai più. A volte i ricordi hanno il sapore pastoso dei sogni, così ovattati e sensibili, potrebbero vestirsi di qualsiasi tipo di suggestione. Alcuni scettici pensanoche siano solo il frutto dell’irreale, ma la percezione del mondo è un’attività talmente meravigliosa e fantastica che chi ne nega a priori l’altrui veridicità è solamente un miserabile. Tutto questo per dire che ho avuto a modello un valido esempio, che mi ha fatto capire che nulla è più importante del profumo di un fiore:qualsiasi fiore esso sia, qualsiasi idea possa essere. La giornata di oggi mi accoglieva con un cielo bellissimo, ero tornata per vedere l’Adonis Vernalis, per andare a Valle Pagano ad ammirarne la fioritura nella sua massima concentrazione. A volte sono necessari dei distinti stati d’animo per percepire le cose, e la miarinuncia di ieri ha predisposto la mia massima attenzione di oggi. Sotto Castelvecchio Calvisio si snoda una strada sterrata che conduce a Piano Buto, la bellissima vallata percepibile dall’alto come un enorme gioco geometrico, scandito dai diversi colori delle coltivazioni, segni di un’antica centuriazione agricolaavvenuta molti secoli fa. Era bellissimo così composto ed ordinato, attraversato da quella strada che si immergeva nella sua grandezza. Oltre c’era Piano Viano, altrettanto degno di bellezza; ma i prati dell’Adonide si trovavano più in alto, così, grazie ad alcune indicazioni, ho ripreso con la bici la via principale che conduceva a quei fiori. L’aria eracalda, e il vento con i suoi spostamenti pettinava l’erba come in una danza. I fiori dell’Adonide erano lì davanti a me, con il loro colore giallo oro brillante riflesso dal sole. A guardarli mossi dal vento si rimaneva incantati, consapevoli della straordinaria tenacia di un fiore che a dispetto di tutto manteneva la vita. L’indomani (domenica 15 maggio) neipressi di Valle Pagano si sarebbe tenuta la festa per la fioritura dell’Adonis Vernalis, organizzata dal Centro Sociale “Armonia Onlus” di Castelvecchio Calvisio, un appuntamento importante che da anni accoglie botanici e appassionati di tutta Italia, che giungono qui anche da molto lontano, pronti ad ammirare la straordinaria unicità di questo fiore.