domenica 27 ottobre 2019

Anello di Punta Trento e Punta Trieste dalla Valle Majelama, per Capo di Pezza e Costa Stellata

La Valle Majelama ci accoglieva silenziosa e solitaria, con le sue pareti laterali austere, seguivamo il percorso nel suo letto d’ombra e diarbusti, per poi innalzarci di quota mano mano verso una natura rada e severa, senza ripari, alla sola presenza dei massi erratici dispersi nelleantiche morene. Giunti al valico del Colle del Bicchero piegavamo a destra sul filo di cresta di Punta Trento e Punta Trieste, circondati dallabellezza dei panorami e accompagnati dalla dolcezza del sole di ottobre, più caldo del solito, magnifico e rasserenante. Seguendo il filo di CapoPezza e di Costa Stellata il nostro sguardo ammirava ora l’ancor più solitaria Valle della Genzana, antico ghiacciaio pensile, ora custode diun piccolo stazzo dove il tempo pareva fermarsi. Scendevamo la ripida dorsale intercettando il sentiero tra gli arbusti e alcune balze roccioseprima di riprendere il sentiero le cui ombre si flettevano gradualmente verso il riposo della sera. 

venerdì 25 ottobre 2019

Dall'antica Via Cecilia presso Scoppito all'Abbazia di San Silvestro di Pietrabattuta

A Sud dell’abitato di Scoppito, tra strade secondarie, erano ancora visibili gli antichi selciati romani della Via Cecilia, cheaffioravano alla luce con riserbo nonostante la forza del loro passato. Tutto intorno il folto della vegetazione faceva da cornice allaconsapevolezza di così tanta storia, chissà quanti viandanti avevano percorso quel tracciato, quante vite, memorie, storie di uomini sultransito di quelle antiche pietre, che erano sempre lì nonostante i rinnovi perenni delle stagioni. Andavo alla ricerca dei Palazzi, doveruderi di fortificazioni narravano l’eco dell’antica Abbazia di San Silvestro di Pietrabattuta. I percorsi si chiudevano tra ginepri eprugnoli, dove l’erba alta e la vegetazione incolta celavano le visuali. Soltanto allontanandomi riuscivo a scorgere quello che ne rimaneva tragli alberi: importanti mura si tenevano in equilibrio tra edere e roverelle, all’ombra della loro condizione predestinata che una Naturaintransigente riprendeva a sé. I resti più importanti delimitavano a malapena uno spazio quadrangolare, altri rinvenimenti non erano piùvisibili, come gli accessi ai piani interrati o l’antica fontana d’acqua perenne.
Per approfondimenti: “Il Castello di San Silvestro e l’Abbazia di San Silvestro di Pietrabattuta” di Maria Rita Acone, One Group Edizioni, 2009.

domenica 20 ottobre 2019

Monte Sirente dalla Valle Lupara

Il versante Nord del massiccio del Sirente si avvaleva della bellezza contrapposta di morbidi pendii boscosi sovrastati da severe bastionaterocciose, luoghi impervi e desolati a ridosso della morbidezza di fogliami rosseggianti. Seguivamo il sentiero n° 15 con segnaletica CAIdel Parco Regionale Sirente-Velino che dallo chalet presso Fonte all’Acqua raggiungeva la cima della montagna. Il percorso ricalcavaparte di antiche mulattiere in passato percorse dai boscaioli che vivevano di quelle faggete, e dai nevaroli che in tempi remoti eranosoliti raccogliere il ghiaccio nel ventre della Neviera, antichi mestieri che riecheggiavano alla memoria ad ogni svolta di sentiero, tra unabellezza filtrata di luce calda e il sottobosco accogliente. Usciti dal bosco lo sguardo si innalzava su bastionate di roccia verticali, dove unpercorso aereo marcava la via più agevole, mentre alle nostre spalle ammirava i profili del Gran Sasso e della Majella, per poi andare aperdersi oltre, lungo i confini del mare e del cielo. Attraversavamo la Valle Lupara nella sua parte alta, col privilegio di un punto di vista chene contemplava la conformazione maestosa, dove punti di fuga e pensieri scivolavano ripidamente nel suo canalone ghiaioso. Raggiuntoil filo di cresta ai nostri occhi si apriva anche la visuale verso Sud, dove ogni rilievo declinava dolcemente dando respiro a stazzi e vallate.Anche qui la vista era magnifica e aperta, tra radure desolate e lunari raggiungevamo facilmente la cima, con lo sguardo rivolto anche versogli altri profili dei monti d’Abruzzo. Il percorso è indicato per escursionisti esperti, ha un dislivello di circa 1200 metri per unalunghezza complessiva di 12 km. Se non si ha conoscenza del percorso è importante affidarsi a guide competenti, per una giusta sicurezza, per ilrispetto dell’ambiente, del prossimo e di se stessi. Articolo pubblicato sul portale abruzzoturismo.it - link - come rappresentante “AbruzzoSmart Ambassador”. 

venerdì 18 ottobre 2019

Monte Calvo e l'ipotesi di un antico insediamento

L’autunno incedeva tra boschi e radure, tra nitidezze e rossori, mentre l’aria si mistificava nel silenzio di un cammino solitario. Quando si è soli spesso si hanno più voci da ascoltare, sono i propri pensieri cheprendono forma a seconda dell’importanza. I problemi vari del quotidiano grazie alla suggestione della Natura smussano angoli e addolciscono le forme, si sciolgono fino a divenire inesistenti: la quietedei panorami si impadronisce del cuore portandolo in armonia con la mente in un pari passo univoco e risanante. Ovunque tutto è bellezza, ogni scorcio, ogni ramo, ogni sasso, nasconde la magnificenza, ognipiccolo aspetto ha in sé il valore della grandezza. Si assecondano le curiosità, si annullano le paure, si procede solo verso se stessi e la Montagna. Sopra la Costa Serpentana, a quota 1420 metri su un piccolocolle, notavo dei frammenti di terracotta, alcuni interrati, altri dispersi. Un probabile basamento raccontava la presenza umana, ma ne rimaneva soltanto l’intuito di una curiosità irrisolta.

domenica 13 ottobre 2019

Monte San Nicola e Monte Briccialone dalla Madonna del Carmine di Gagliano Aterno

Da Gagliano Aterno partiva una lunga strada che saliva verso il versante sud-orientale del Sirente, alle cui pendici vi era la Piana diBaullo, antico e importante luogo dedito al pascolo e alle coltivazioni d’altura. Oltre vi era la Piana del Fucino, velata dalla nebbia, chelasciava scorgere a malapena la suddivisione geometrica dei suoi campi coltivati. Il Libeccio ci donava visioni di prospettive aeree chealleggerivano le montagne lontane, mentre da vicino i boschi rosseggianti trovavano assonanza con il calore del sole. La quiete era suogni pendio, che dalla cima della montagna scivolava nelle valli sottostanti, tra bellezza e suggestioni di memorie lontane, come illeggendario Vallone dell’Inferno, generato dallo scaccio del Diavolo ad opera della Madonna del Carmine. Le leggende di Gagliano Aternonarravano di un viandante a cavallo, forse San Martino, che lungo la via per la piana di Baullo trovò un bambino abbandonato e indifeso chevolle salvare, ma che appena lo prese in braccio si accorse che era molto pesante: era il demonio in persona sotto mentite spoglie. Insoccorso al cavaliere giunse la Madonna del Carmine: il demonio venne scaraventato a terra dove si generò una profonda voragine in cuisprofondò, che prese per l’appunto il nome di Vallone dell’Inferno. Gli abitanti di Gagliano Aterno vollero edificare nel luogo dell’apparizione,sul ciglio del precipizio, una piccola edicola affrescata con l’apparizione della Vergine, a protezione del luogo e dei viandanti, chenella memoria collettiva erano soliti gettarvi un sasso ad ogni passaggio per scongiurare il male. L’edicola originaria con l’affresco della Verginevenne distrutta per favorire l’allargamento della strada, ne venne edificata un’altra più a valle per mantenere la tradizione, ma unimportante tesoro era andato perduto per sempre.