domenica 31 dicembre 2017

Il sentiero della Valle Remuzza tra Stiffe e Fonteavignone

Da Fonteavignone a Stiffe un antico sentiero attraversava la Valle Remuzza, dove ormai da anni non si praticava più il bosco ceduo.Moltissimi muri a secco ne stabilivano i terrazzamenti, delimitando piani e sentieri, impreziositi da enormi maceroni, probabili tholos, diepoche remote. La neve dava un senso di ordine al fitto degli arbusti, dai piani immacolati sbucavano i rami dei prugnoli in riposo e il rossovivido delle bacche di rosa canina. Fuori sentiero la neve mostrava anche il recente ricordo dei passaggi di digitigradi e ungulati, quellezone così poco frequentate avevano il grande fascino della natura incontaminata.
[…] Il territorio stiffano è diviso in due dalla vàllë rëmùzza, lungo la quale sale la mulattiera che conduce a Fonteavignone. Il toponimo èun composto di valle e di un secondo termine che può essere interpretato come derivato di mozzà 'mozzare, tagliare', con prefissointensivo re-. Il senso della designazione è, dunque, 'valle tagliata e ritagliata', con riferimento al ceduo, cioè al taglio periodico deglialberi del bosco di Faggeto. […] Citazione tratta da http://asciatopo.xoom.it/ sito di Antonio Sciarretta, dove sono presenti moltissime altre informazioni sul territorio.

sabato 30 dicembre 2017

Le chiese montane di Sant'Eugenia e di San Giovanni a Sud dell'Altopiano di Navelli

La Chiesetta di Santa Eugenia conservava integre le sue antiche mura, con l’abside e la facciata d’ingresso. Al centro un magnificoarco divideva l’ambiente in due parti, ma con la vana funzione di sostenere un tetto inesistente. Sorgeva solitaria sul valico di una stradadi montagna che dall’altopiano di Navelli saliva sui modesti rilievi di Monte Offermo, divisorio con la Valle Subequana. Alcuni affreschierano ancora visibili nell’abside, nonostante il tempo e l’incuria, e con piccoli resti ne impreziosivano la parte più sacra con colori accesi. Labellezza di quei posti tutt’intorno portava ancora il segno degli incendi, nonostante la neve che ne addolciva le sembianze. La vegetazioneincolta dei rovi e delle roverelle contrastava con l’ordine dei campi arati, e sul limite di uno di questi sorgevano i ruderi dell’antica Chiesadi San Giovanni. Articolata su due livelli, anch’essa senza tetto, manteneva in piedi fragilmente le sue mura, gli alberi vi avevano daanni preso dimora all’interno, e tutto era destinato al più totale abbandono. Una scritta a matita di quarant’anni replicava sull’intonacodell’ingresso “quando che si entra qui si deve levare il berretto e sennò ci sono le punizioni”, ribadendo il valore di quell’area sacra.
Su entrambe le chiese di Sant’Eugenia e di San Giovanni, limitrofe a Navelli, non sono riuscita a trovare informazioni storiche, pregochiunque ne abbia gentilmente di fornirne. 

domenica 17 dicembre 2017

Tra la notte e la neve, lungo i sentieri da Monte Pettino alla Madonna Fore

Il Fosso della Murata custodiva le misteriose mura megalitiche, che ritrovavo facilmente a distanza di anni nonostante il fitto groviglio dellavegetazione. Quelle gigantesche mura si componevano di massi possenti e squadrati, dove le geometrie combaciavanoperfettamente lasciando tra loro solo sottilissime fughe. La datazione di oltre tremila anni rendeva l’ambiente ancora più suggestivo. La via perla montagna saliva passando per la Fonte del Salice, che nella parte alta, lungo il sentiero, svelava la regale presenza delle betulle. Ilcandore del loro legno si amplificava con la presenza della neve che rivestiva tutta la parte alta della montagna, e rischiarava le ombre dellasera. Tra Croce Cozza e Monte Pettino ammiravamo la bellezza del tramonto, che tra la neve e le nubi evidenziava di rosso solo le pendicidi Monte Calvo. Seguivamo tutto il sentiero di cresta della montagna, accompagnati dalla neve che scendeva sempre più fitta, mentre sotto dinoi si accendevano mano a mano tutte le luci della città dell’Aquila. La notte e il bosco ci accoglievano lungo i sentirei della Madonna Fore.

sabato 2 dicembre 2017

Nel Pozzo di Malequagliata

Fuori l’aria d’inverno, dentro il tepore della grotta. Le pareti del pozzo erano piene di ragni e dolicopoda, silenziosi ed immobili, ancora più fermi sotto il fascio delle nostre luci.
Continuavamo a cercare l’ingresso con l’impegno e la tenacia di chi crede nei sogni, chissà se mai riusciremo ad accedere nei meandri di un luogo inviolato. All’uscita, sulla soglia delle ultime luci del giorno, una leggera nevicata aveva comunque il bellissimo sapore di un sogno.

domenica 19 novembre 2017

S. Maria del Parto dell'Antichissima Città di Sutri

Lungo la Cassia le rocce tufacee custodivano al loro interno tombe e santuari etruschi, tra queste, a Sutri, la preziosa chiesa ipogea dedicataa Santa Maria del Parto raccontava una storia lontana fino al culto di Mitra, dove il Toro, simbolo delle energie telluriche, connetteva conquesto forte legame. La straordinaria bellezza di un ambiente così unico ed inestimabile era accessibile a tutti così come l’anfiteatro pocodistante, anch’esso scavato nel tufo. Quella pietra, così duttile, aveva impressa su di sé la storia dei millenni, aveva assorbito le energie degliuomini e dei loro sacrifici, ed ora si dava al presente in silenzio, anche se custodito, immersa nella bellezza dei muschi e delle vegetazioni.

sabato 18 novembre 2017

La Grava di Gasbarrone nel Bosco di Cerasolo

Il mattino aveva una luce fredda che si disperdeva negli accenni di nebbia che andava e veniva tra i boschi di Cerasolo. Quel magnificocomplesso carsico nascondeva tra i faggi moltissime doline e campi carreggiati, dove i pozzi si aprivano improvvisamente tra la visionemorbida dei muschi e delle foglie secche, rompendo la visione di quiete. Il candore delle cortecce prendeva risalto dalle chiome spoglie,dove timide foglie rimanevano in bilico prima di cadere. Sul ciglio sommitale di una dolina si apriva la Grava di Gasbarrone, dove neglianni Settanta si erano infranti i sogni di molti speleologi abruzzesi che speravano di trovarvi l’accesso per il sistema sotterraneo. Quella bucasprofondava di una quarantina di metri verticali, ma senza accenni di prosecuzione sul fondo. Il bosco custodiva gelosamente i suoi ingressi,ovunque regnava la quiete e la bellezza della natura incontaminata, custode di chissà quale e quanta meraviglia.

domenica 12 novembre 2017

Monte Secine dalle Gole di Celano

Monte Secine (o monte Secino) svettava sulla piana del Fucino e demarcava ad Est le suggestive Gole di Celano. Moltissima storiaapparteneva a quelle terre, dove antichi insediamenti italici erano giunti ai nostri giorni con molte testimonianze. Il primitivo impiantoera stato eretto nell’Età del Ferro dal popolo dei Marsi e venne poi riutilizzato nel Medioevo dalla contea celanese, dapprima con una torredi avvistamento e poi con l’edificazione sopra di una vera e propria fortezza. A segnarne la fine furono le truppe imperiali sveve di FedericoII, che lo distrussero nel 1230 a seguito della contesa con il conte Tommaso di Celano. Sul crinale della montagna era ancora ben visibileil perimetro delle antiche mura, che a forma ovoidale ne cingeva tutta la parte alta. La bellezza del panorama e il suggestivo incontro conun’aquila reale conferivano a quel luogo il fascino di una condizione dominante. Alcune informazioni.