sabato 30 giugno 2018

L'Ovito di Pietrasecca e il Lago Stige

L’estate si portava sulla bocca dell’Ovito di Pietrasecca, con il suo letto di fiume ricolmo di vegetazioni, attraverso cui tutto lentamentescorreva. Si entrava in un’altra dimensione, dal caldo del giorno al fresco buio delle interiorità della terra. L’acqua si immetteva nelle salein parte annerite e lucidate dal diossido di manganese, mentre noi percorrevamo il traverso alto, lasciando tutto scorrere sotto di noi.Il Lago Stige conteneva in sé l’ignoto, il buio e le paure, disteso nel ristagno di una quiete apparente.

domenica 10 giugno 2018

Nel Ramo del Messico delle Grotte di Frasassi

Il Ramo del Messico custodiva il suo scrigno.  Vedevo nuove sale, ampie, bellissime e concrezionate, ma sempre molto fangose sul fondo.Ero stata poche volte in quella grotta e la riscoprivo sempre. La pelle di leopardo cesellava le pareti di molti ambienti suggestivi, mentre laquiete del buio mi rasserenava ancora con fare materno. Usciti dalla grotta ci tuffavamo nelle acque calde del Fiume Sentino, nellapacata spensieratezza di un pomeriggio di giugno.

domenica 3 giugno 2018

Sicilia di fine maggio

Lungo la Mareneve i paesaggi neri di antiche lave si componevano in avvallamenti lunari, e più salivamo verso l’Etna e più lo sguardo scivolava libero verso il mare. Il profumo dolce delle ginestre si esaltava nel mezzo di quella terra calda, vi erano fiori gialli e rosa che prendevano risalto assieme a piccoli boschi di betulla bianchi. Da lì scendevamo nel fresco delle Gole dell’Alcantara, dove fiumi di lava e di acqua avevano plasmato straordinari decori di basalti colonnari. A Vendicari le saline dismesse accoglievano il riposo di aironi e fenicotteri, mentre il profilo smantellato di una vecchia tonnara faceva compagnia ad un’antica torre sveva. Mi piaceva moltissimo Marzamemi, piccolo paese di pescatori, le cui case circondavano la piazza principale, animata nel sottofondo da musiche lontane e della quiete del mare. Quella dimensione così semplice si impreziosiva di colori bellissimi: la meraviglia era nella purezza di tutto quello che ci circondava e sapevamo apprezzarlo. Percorrevamo vie che costeggiavano campi di grano maturi ed avevamo il cuore leggero come un volo di rondini. La strada si impreziosiva di cactus in fiore dai petali gialli e legnosi simili alla carta velina, anche le bouganville tingevano in lontananza di fucsia i posti più remoti, mentre i gelsomini inebriavano del loro profumo ogni loro vicinanza. Il sole batteva sul magnifico tempio di Selinunte, dove grandiose colonne sostenevano il cielo votato al culto di Hera. L’isola di Mothia narrava dei Fenici affidando al vento i resti della loro leggenda. La costa di Marsala estendeva i suoi scogli con agglomerati di poseidonia modellata dal mare. Dall’alto di Erice ammiravamo la geometria regolare delle saline di Trapani che sfumavano dal rosa al bianco e verso sera divenivano specchi di cielo. A starci dentro mostravano montagne di sale, mulini a vento, canneti e silenzio. Poco oltre San Vito lo Capo vi era la Riserva dello Zingaro, ne ritrovavo la bellezza dell’acqua limpida e protetta da meduse, mosse nelvortice lento del movimento della risacca. Tornava alla mente Scicli sulla gravina e il suono del marranzano siciliano. Anche i fori di ibisco, di aloe e di iris. L’orto botanico di Palermo custodiva veri monumenti vegetali, piante antichissime, gigantesche e preziose. Si materializzava il sogno di attraversare un piccolo bosco di bambù.