mercoledì 26 dicembre 2012

Il Lago di Penne

Il Lago di Penne lasciava scorrere su di sé il riflesso del cielo, animato dai toni caldi del prossimo tramonto. Alcune nicottere stanziavano in lontananza lasciando riecheggiare il loro verso nella conca del lago, le loro voci si ascoltavano come se venissero da molto lontano, apparivano e scomparivano nei loro echi distanti, mentre il cielo si animava del passaggio degli aironi, disposti agli ultimi spostamenti nell’aria, prima del riposo dellasera. In quell’ora il silenzio avvolgeva ogni riva, nemmeno un filo di vento ne striava la superficie. Il Lago di Penne, costruito nel 1965 dal Consorzio di Bonifica Vestina, con uno sbarramento artificiale in terra alto 30 metri e lungo circa 500, al massimo livello raggiunge la quota di 256,5 metri s.l.m. con una superficie di 70 ettari. A primavera inoltrata, dopo le piogge abbondanti, il bacino pieno ha una profondità media di 10 metri.  L’acqua èutilizzata durante l’estate per irrigare i terreni della valle del Tavo. Ogni fine estate il lago si svuota rapidamente, riducendosi ad un modesto laghetto di qualche ettaro di estensione con pochi metri di profondità. Bisognerà attendere la nuova primavera perché l’invaso torni ai livelli più alti. Il sistematico riempimento e svuotamento espone le sponde del lago ai fenomeni di instabilità nei tratti caratterizzati dalle scarpate ripide. Il lagoartificiale del fiume Tavo, a partire dagli inizi degli anni Ottanta, è stato oggetto di interessi naturalistici da parte del WWF e di numerosi cittadini di Penne, fino a quando la Regione Abruzzo con due leggi, la n. 26 del 1987 e la n. 97 del 1989, ha istituito una riserva naturale con l’azione concreta di tutela dell’ambiente umido. La riserva è gestita da un comitato costituito da Comune di Penne, Consorzio di Bonifica Centro eWWF Italia. Il comune ha inoltre incaricato, per la gestione operativa e tecnica, la cooperativa COGECSTRE. Grazie ai numerosi progetti realizzati, l’area protetta vestina rappresenta oggi un progetto di sviluppo sostenibile a livello europeo. Le tappe più significative in questa piccola area protetta risalgono agli anni Ottanta quando, nel 1985, l’Amministrazione Provinciale di Pescara istituì a Penne l’Oasi di Protezione dellafauna, vietando l’attività venatoria. La riserva è un importante luogo di sosta e di riproduzione dell’avifauna stanziale, di passo e nidificante. Nella Riserva sono state avviate alcune importanti iniziative di conservazione della fauna, il Progetto Lontra del WWF Italia, con la realizzazione sulle rive del lago di un centro di riproduzione e di educazione del rarissimo mustelide. Altri progetti di conservazione, in collaborazione con l’Università LaSapienza di Roma sono: Progetto recupero della testuggine terrestre, Progetto Anfibi, Progetto Capriolo, Giardino delle Farfalle. La Riserva Lago di Penne ha concentrato la sua attenzione sul progetto Ecologia dei Mustelidi: per la prima volta in Italia sono stati applicati radio collari ad oltre trenta puzzole (Mustela putorius) allo stato selvatico. I risultati di questa ricerca sono stati sorprendenti in quanto sono stati acquisitinuovi elementi conoscitivi inerenti l’ecologia e la biologia della puzzola europea. Con l’Università dell’Aquila è in corso una collaborazione per le attività del laboratorio entomologico e la creazione di un nuovo Museo della Farfalla, con relativi tirocini formativi del corso di Educazione ambientale della facoltà di Scienze ambientali. Il Progetto Anfibi, oltre alla ricerca sul campo inerente l’ecologia delle diverse specie appartenenti aquesto gruppo, ha previsto la costruzione di alcuni stagni artificiali, volti a favorire l’aumento della popolazione di raganella (Hyla intermedia). La qualificazione ambientale, a totale rimboschimento naturalistico, è inserita in un progetto di ripristino dell’ambiente naturale. (Notizie tratte da un cartello informativo del luogo).

domenica 16 dicembre 2012

Le Quartora dalla Chiesa della Beata Cristina

La Chiesa della Beata Cristina giaceva nel silenzio del territorio di Lucoli. Alcuni tiranti sottolineavano la memoria del terremoto,tenendo strette crepe che separavano decori in pietra bellissimi. Dei cavalli bevevano nei pressi della fontana adiacente,conferendo ulteriore calma al risveglio di quel mattino di dicembre. La chiesa intitolata alla Beata agostiniana ( 1480-1519) fu costruita nel 1596 sul sito in cui ella si recava a pregare. La facciata è arricchita da portale e finestre riccamente decoratisecondo un gusto tardo barocco. L’edificio è ad unica nave con volta a botte ribassata completamente affrescata. Una balaustrasettecentesca separa la nave dal presbiterio occupato dall’altare principale e da due laterali. Nella parte posteriore della strutturasi erge la torre campanaria caratterizzata da spigoli arrotondati e suddivisa in tre ordini, di cui quello mediano decorato dastemmi e fascia cordonata. L’orologio era fermo poco oltre le undici e mezza, le gravi lesioni alle strutture portanti larendevano purtroppo inagibile. (Informazioni e testo tratti dal sito della Regione Abruzzo). Dai pressi della Chiesa cercavamo ilsentiero per raggiungere Monte Le Quartora, che conoscevo solo dal versante di Roio Piano. Sopra Valle Fico lo sguardo si apriva suL’Aquila e la zona sottostante di Campoli, animata dai ruderi di vecchi casolari abbandonati. I vari saliscendi montuosiscoprivano macchie di neve nelle zone d’ombra: il vento su quegli altipiani era stato inclemente, tanto da spazzare via tutti gliaccumuli delle ultime nevicate. L’aria fredda di dicembre soffiava su di noi sconsigliandoci di raggiungere la cima per ammiraremonte Ocre e i monti di Bagno: raggiunto il tabellone tornavamo indietro sui nostri passi, alla ricerca della quiete e lontani dal vento.

sabato 8 dicembre 2012

I boschi del Puzzillo

I boschi del Puzzillo erano talmente carichi di neve da piegarne i rami e nascondere il sentiero. Lo sguardo si incantava di visioniintatte, dove tracciavamo il percorso su centimetri e centimetri di neve farinosa. Salivamo alla ricerca del bosco vecchio, dove glialberi si distanziavano tra loro secondo le leggi del loro equilibrio di convivenza: i tronchi si innalzavano come colonne di marmo,così bianche e perfette, modellate dal riverbero del sole. Sotto la cima del Puzzillo lo sguardo si apriva sulla Piana di Campo Felice,un vento freddissimo ci dava il tormento, a dispetto del bosco che, nella sua calma, conteneva pacatamente tutti gli equilibri.

venerdì 7 dicembre 2012

La Crocetta dal convento di San Giuliano

Il sentiero che dal convento di San Giuliano conduceva a Monte Castelvecchio, alla famosa Crocetta, era uno dei percorsi più conosciuti dagli abitanti dell’Aquila, solo io non lo avevo maipercorso, anche se da tempo ne avevo la curiosità per vedere la voragine che si era aperta nel terreno a seguito del terremoto del 2009. La terra si era incredibilmente squarciata in quellaspaccatura, avevo visto delle foto a riguardo, ma dal vivo faceva certamente un altro effetto. Diversi aspetti segnavano quella zona, quasi a volerne compromettere la bellezza, la montagna sivestiva di alberi spettrali, carbonizzati, che portavano la memoria anche dell’incendio del 2007, ma più il sentiero saliva e più si scoprivano le montagne, più quel territorio si riappropriava dellabellezza del suo punto di vista. La città dell’Aquila riposava sotto un sottile strato di nebbia, la neve si spolverava sui tetti e sui rilievi più bassi, fino a manifestarsi in maniera assoluta sullemontagne più alte. Il massiccio del Gran Sasso era completamente imbiancato, immacolato di tanto in tanto dalla luce del sole che filtrava tra le nubi, così come il Sirente e la dorsale Monte Ocre:quel piccolo balcone si affacciava su tutta la città e le montagne circostanti rilevando la bellezza dal suo invidiabile punto di vista, anche se basso. Nonostante i segni del terremoto e dell’incendio,la Crocetta continuava ad essere percorsa dagli aquilani, che come sempre ne seguivano i sentieri fino a marcarli e rimarcarli, come se quei tracciati fossero le linee di unione di un legameprofondo, ed ogni passaggio ne sottolineasse per l’ennesima volta l’importanza.

lunedì 3 dicembre 2012

La Valle della Giumenta da Prato Capito

I rami sottili dei faggi si intrecciavano tra loro, quasi a voler stabilire un sodalizio tra ogni singola pianta, la neve poi ricoprivatutto e sigillava quelle unioni in una superficie unica. Quella visione pareva l’intelaiatura di un tetto, come se quella strutturafosse l’idea di un qualcosa in grado di proteggerci, come un riparo, una casa, il bosco ci accoglieva al suo interno e si lasciavapercorrere nelle sue dimensioni più intime. La neve aveva coperto ogni cosa, persino i tronchi degli alberi ne erano rivestiti,il suo candore schiariva ulteriormente il silenzio del bosco, così assoluto e intatto da ogni altra presenza. La valle della Giumentasi marcava solo delle nostre tracce, di tanto in tanto ne incrociavamo qualcuna di qualche animale, ma erano davveropoche e quasi completamente rivestite. Ci affacciavamo sulla Valle del Morretano dove il bianco dominava su tutto, persino ilcielo era coperto di nebbia, tanto da cancellare i profili della terra e generare così un’unica estensione. Fissavo il candore della nevee scoprivo interminabili giochi di frattali: senza riferimenti visivi la vertigine viveva dell’illusione ottica di uno strano caleidoscopio naturale.