domenica 30 maggio 2010

Monte Vettore da Forca di Presta


Stamattina, come d'abitudine, mi sono alzata presto, e la prima cosa che ho fatto è stata quella di uscire fuori per vedere il panorama. Com'è bella la montagna di primo mattino... i suoi colori amplificano delle prospettive meravigliose che col passare delle ore si affievoliscono, omologandosi tutte in una comune percezione visiva, sempre bella, però diversa. Lasciato il rifugio circa verso le otto, ci siamo incamminati per la via che da Forca di Presta (1535 m) porta su Monte Vettore (2476 m). È un percorso molto semplice: da lì si sale in maniera lineare fino in cima, non incontrando nessun tipo di particolare difficoltà. L'unico aspetto avverso di oggi è stato causato solo dal vento, che non ci ha concesso pace soprattutto nel tratto finale. Ma va bene
anche così, anzi, il vento conferiva ancor più bellezza d'insieme a quel contesto, era come se sottolineasse in qualche modo il carattere di quella montagna. Mano mano che salivo ammiravo da ogni punto di vista la Cima del Redentore (2448 m), dirimpettaio del Vettore, dall'aspetto aspro, austero e solenne (la sua parete così ripida metteva quasi timore). Dalla cima, tutta pavimentata da scaglie di pietra, si godeva un panorama da togliere il fiato: i Monti Sibillini si distribuivano tutt'intorno in maniera subordinata, e in lontananza si leggeva bene anche il profilo dei Monti della Laga, striati da lunghe lingue di neve. A completare l'atmosfera c'erano le nuvole, che correvano veloci a causa del vento, trasformandosi, aprendo e chiudendo giochi di luci e ombre. Erano bellissime, anche se non mi facevano stare molto tranquilla. È stata una giornata splendida.

sabato 29 maggio 2010

Castelluccio di Norcia e Forca di Presta

I Sibillini sono dei monti misteriosi, vantano storie e leggende di fate, streghe, magie nere e antri infernali. Tutto però si perde tra quei scenari meravigliosi, perchè di incantato lì ci sono solo le montagne: bellissime. In prospettiva di domani, che saliremo sul Monte Vettore (ultima uscita del corso di escursionismo del CAI), oggi siamo andati a Forca di Presta (1535 m), dove passeremo la notte al Rifugio degli Alpini. Non avendo mai dormito in un rifugio ero molto felice di fare questa nuova esperienza, soprattutto del fatto di contemplare per bene i colori liminari del cielo, serali e mattinieri, con tutta la dovuta calma. Siamo partiti da L'Aquila nel primo pomeriggio, in direzione di Forca Canapine. Quanta acqua abbiamo preso per strada! Si stava scatenando il finimondo tra i fulmini e la pioggia battente. Però che bello il
percorso, abbiamo incontrato dei tratti molto suggestivi, uno tra questi è stata la Piana di Castelluccio. Che meraviglia. L'abbiamo attraversata tutta per raggiungere il piccolo paese da cui ne prende il nome. Lì c'è una distesa immensa di fiori bellissimi, scandita dalla pace e dal frinire dei grilli, con narcisi, anemoni e tantissime altre piante. Di quella zona sono molto rinomati i legumi, tra cui la lenticchia, addirittura di indicazione geografica protetta (roba seria). Il piccolo paese di Castelluccio di Norcia (1452 m) ne sovrasta la piana, elevandosi ad una centinaia di metri da essa. E' molto raccolto e caratteristico, a colpirmi di quel posto sono state soprattutto le scritte fatte sui muri, incomprensibili inizialmente a mio giudizio, non capivo di cosa si trattasse, solo dopo, leggendo delle informazioni, ho compreso che si trattava di eventi che hanno avuto origine tutti da una lite tra innamorati (qui c'è la storia). Ripresa la macchina ci siamo direzionati a Forca di Presta, sul filo di confine tra le Marche e l'Umbria. Ricordavo appena quella zona, c'ero stata lo scorso anno quando ero salita sul Vettore, ma era la seconda volta che salivo in montagna e per questo la mia percezione era un po' alterata. Ho riscoperto un luogo incantato. Appena arrivati ho approfittato subito per fare un giro lì vicino, scoprendo addirittura dei prati azzurri. (Non avevo mai visto una così alta concentrazione di fiori blu in montagna!). Il rifugio è stato molto ospitale, si mangia e si beve molto bene. E poi la notte... sapendo che nei paraggi c'erano delle volpi che giravano lì intorno in cerca di cibo mi sono appostata là fuori, perchè volevo vederle da vicino. Forse avrò passato un paio di ore così, ad ascoltare la notte e ad aspettarle... ero talmente assorbita da quel contesto che ho perso la cognizione del tempo (...e un po' anche dello spazio). A domani... :-)

giovedì 27 maggio 2010

Monte Magnola dalle Fosse e il Prato della Corte


Desideravo tanto recarmi sull'altopiano delle Rocche per vedere in pieno la fioritura del narciso, adesso all'apice della bellezza. Questo però era l'ultimo giorno possibile, visto che già da domani i rocchigiani cominceranno a tagliarli per addobare i carri della festa in suo onore (info). Tenendo conto di questa considerazione rivolgo l'attenzione su Monte Magnola (2223 m), proprio perchè è raggiungibile da quella zona. A causa di alcuni impegni pomeridiani abbiamo deciso di salire quella montagna dalla via più breve di tutte, ovvero dalla base degli impianti sciistici “Magnola di Ovindoli” (1450 m). A livello orientativo il percorso è stato molto semplice, non ci potevamo sbagliare perchè abbiamo intrapreso una delle piste nere degli impianti, quella del Pistone. (Ammazza quanto è ripida). Dopo una breve sosta su monte Pidocchio (1846 m), dove ci siamo rifatte un po' gli occhi col panorama, siamo arrivate al Rifugio Telespazio del CAI di Avezzano (1979 m), impiegando circa un'ora e mezza. Proprio lì vicino c'è la stazione di arrivo della seggiovia Montefreddo (1854 m)... vedere gli impianti sciistici fuori dalla stagione invernale mi dà una sensazione di vuoto metafisico. Il vento s'insinuava tra le fessure della struttura, fischiava e sibilava in maniera sempre più forte. Ripreso il percorso verso la cima di Monte Magnola (2223 m), in un'ora scarsa siamo arrivate su. Ma a causa del vento troppo forte siamo rimaste pochissimo... (e poi io volevo andare a vedere i narcisi!)... Riscendiamo sempre per la via del Pistone, che in discesa si è fatto sentire tutto sulle ginocchia (senza dubbio era meglio la salita). Ora ci aspettavano i
narcisi. Dovevamo andare precisamente nella piana situata tra Rocca di Mezzo, Terranera e Rocca di Cambio, è lì che li colgono per addobbare i carri, e la starda principale della zona l'attraversa semplicemente. Sulla carta ho visto che questa località (andando in direzione di L'Aquila) prende il nome di Prato della Madonna (a sinistra della starda), e Prato della Corte (a destra). Come li abbiamo visti abbiamo lasciato l'auto e ci siamo immerse in quella distesa meravigliosa di fiori. Il vento caldo che soffiava in quel momento esaltava ancora di più quel profumo così inebriante, e il frinire dei grilli anticipava di molto l'estate, che sentivo già sulla mia pelle. Non volevo essere in nessun altro luogo che in quello.Non riuscivo a staccarmi più da lì. Era la stessa materia di un sogno. Vedere quei fiori mossi dal vento era come ascoltare un canto d'amore.

domenica 23 maggio 2010

Monte Ocre da Forcamiccia


Oggi sono salita sulla cima Monte Ocre (2204 m). Finalmente quest'anno dopo due tentativi (uno, due) sfumati entrambi ad una cinquantina di metri dalla vetta, presso i Tre Bauzi (2150 m), sono riuscita ad arrivare su! Temevo un po' le ultime nevicate fuori luogo degli utimi giorni (qui il tempo è impazzito), ma ormai già si era squagliato tutto, e non c'è stato il minimo problema. Poco oltre Rocca di Cambio c'è una strada parzialmente asfaltata (segnata al suo ingresso da un cartello sentieristico del CAI) dove, finito l'asflato, inizia un sentiero che conduce alla località di Forcamiccia. Abbiamo lasciato le auto ad una altitudine di poco più di 1400 m. Forcamiccia è un punto di passaggio che collega il Piano di Campo Felice con l'Altopiano delle Rocche. Da lì il sentiero per arrivare su è davvero semplice e ben segnato. L'escursione di oggi, facendo parte del corso di escursionismo del CAI, aveva annessa una parte didattica: presso Settacque avevamo appuntamento con un ex membro del soccorso alpino, Paolo De Angelis, una persona che ho ammirato fin da subito. Ricordo di quando è venuto in precedenza a parlarci durante una lezione teorica, era la prima volta che ascoltavo l'esperienza di uno dei membri del soccorso alpino. Non parlava solo con le parole, ma anche con i gesti, le mani, e soprattutto con gli occhi. Quelli sono occhi che hanno visto di tutto. Lo capivo dallo sguardo e da come ci parlava, era testimone di cose orribili, cose che personalmente non vorrei mai vedere. Non esistono atleti o esperti o campioni: fulmini e valanghe non fanno distinzioni. Il pericolo bisogna conoscerlo (o intuirlo) solo per evitarlo. Basta una distrazione per sbagliare. Ricordo che dopo averlo ascoltato l'ho ringraziato tanto per avermi raccontato la sua esperienza, e lui mi ha detto, raccomandandosi ulteriormente, di non dare mai nulla per scontato, ma di anticiparmi sempre nei passi da fare, calcolando sempre quello che viene dopo. (Mentre mi diceva questo pensavo alla tecnica del gioco degli scacchi. Forse è proprio così che funziona. Anticiparsi sempre di quattro o cinque mosse per vincere. E in questo caso vincere significa semplicemente vivere). Ci ha fatto vedere come si presta un soccorso giusto per farci rendere conto di cosa generalmente si svolge in un contesto simile, ma solo per farci fare un'idea. Tuttavia una cosa importante ce l'ha insegnata, può sembrare scontata come cosa, ma non lo è per niente. È la prima regola del soccorritore, quella che dice Proteggi Te stesso. (Cioè se si vede una persona a terra, prima di vedere se è vivo o morto o svenuto, vedere se si può accedere lì senza mettersi in pericolo). Apprendere questo è già tanto, perchè evita ulteriori soccorsi... come dice lui, un incidente può succedere, due no. Quello del Soccorso è un tema molto ampio e complesso, ci vorrebbero mesi solo per apprenderne i meccanismi. Dopo aver salutato Paolo De Angelis continuiamo la salita per la cima di Monte Ocre (2204 m). La bellezza di quel luogo è indiscutibile. Arrivati su non trovavo più la corce storta che lo caratterizza, purtroppo è precipitata poco sotto la cima, puntandosi di testa. Per rimetterla a posto mi sa che ci vuole uno pratico. (La foto che ho messo sotto l'ho scattata il 28 luglio 2009). Abbiamo sostato poco lassù a causa della pioggia, ma nulla di preoccupante. E' stata una giornata davvero piacevole, dopo le ultime uscite basse dovute al tempo instabile, risalire un pò in quota è stato molto bello per me.

sabato 22 maggio 2010

Le Sorgenti del fiume Vera e le cartiere


Tutte le volte che sono passata per Tempera ho rivolto un pensiero al fiume che l'attraversa: il Vera. Mi ha sempre incuriosito tanto. A livello escursionistico è talmente tanto semplice raggiungere le sue sorgenti che per questo non viene mai tanto considerato da chi cammina. Eppure io lì ho trovato un paradiso. E non poteva esserci un'occasione migliore di quella di oggi per visitarlo. Un cartello all'interno del paese dice: Parco territoriale Sorgenti del Fiume Vera. Istituito nel 1983, si estende per circa 30 ettari includendo due gruppi di sorgenti, Tempera e Capo Vera, che con una fitta rete di rivoli formano il fiume Vera. L'area del Parco è interessata da numerose testimonianze di archeologia industriale; l'abbondanza di acqua favorì infatti la nascita di numerosi opifici: una ramiera, due valchiere, due cartiere, un mulino e un pastificio. Peculiarità del paesaggio vegetale è la presenza di numerose piante acquatiche... (il resto del cartello è illeggibile perchè rotto). Seguendo la via del Mulino si arriva nei pressi di una Madonnina: alla sua destra inizia il sentiero che porta alle Sorgenti (è molto semplice arrivarci perchè per individuarlo basta risalire la traiettoria del fiume). Il letto del fiume era talmente bello e talmente pulito che a guardarele alghe mosse dall'acqua si rimaneva ipnotizzati! Sembravano dei lunghi capelli rossi pettinati dal vento, dove l'armonia faceva capo ad ogni cosa. Ogni tonalità di verde vibrava ai nostri occhi, ed eravamo completamente avvolte da quell'energia così bella, così pulita e incontaminata. Inoltre l'aria era profumatadall'odore intenso del caprifoglio. Mi si riempiva il cuore di gioia solo ad assistere a così tanta bellezza. Tra felci, ortiche e ranuncoli abbiamo ammirato anche i resti di un'antica cartiera, posizionata dall'altro lato del fiume. Quanto volevo andare lì per vedere da vicino quella struttura! Solo che per arrivarci era un po' complicato... l'unico passaggio era costituito dal tronco di un albero precipitato che faceva da ponte (ma non mi sembrava il caso). Percorso tutto quello che lì era percorribile siamo riscese al paese: forse qualcuno del posto poteva meglio illustrarci su come raggiungere le cartiere. E così è stato, incontrando la gentilezza e la disponibilità della gente. Abbiamo percorso una strada che da Capuera (Capo Vera) sale verso il cimitero: a poco dall'inizio del percorso una deviazione conduce ad una seconda cartiera. Non è accessibile, è recintata e danneggiata dal terremoto. Forse è pure proprietà privata. Giunte alla località di San Biagio (il cimitero) siamo riscese per la Costarella, rintercettando l'inizio del sentiero con la Madonnina. Un'altra indicazione di una signora del posto (per raggiungere la prima cartiera) è stata quella di attraversare il ponte che conduce ad una proprietà privata, e da lì seguire il sentierino che costeggia il fiume sulla destra (si può passare perchè è di libero accesso a tutti). Da lì poi si attraversano dei campi di erba medica e graminacee, dove se uno è poco poco allergico ci muore. Che meraviglia però vedere il polline librarsi nell'aria! Giunte a poco dalla cartiera che si scorgeva tra le ortiche, ci siamo purtroppo dovute fermare. Nonostante la superficie dove camminavamo fosse rialzata dal letto del fiume, lì era un pantano acquitrinoso. Facevamo fatica a capire anche solo dove mettere i piedi: l'erba era talmente alta che ci alterava completamente la percezione del terreno. La paura non era ovviamente quella di sporcarci (già c'eravamo infangate per bene) ma quella di tovare delle falle. La zona di Tempera è stata talmente tanto danneggiata dal terremoto che lì addirittura si è registrato uno spostamento ed un abbassamento della falda acquifera. Abbiamo deciso di non avventurarci oltre, ma di tornarci più in là, magari in autunno, quando le piante non costutuiranno più un impedimento percettivo.

giovedì 20 maggio 2010

Madonna delle Canali e il Lago di San Giovanni

Questa mattima il cielo sembrava aprirsi finalmente al sole, dopo tutte queste giornate di pioggia era un miracolo. Non se ne poteva più di questo tempo così instabile che ci faceva mettere in contotutti i suoi capricci. Ci siamo dati appuntamento alla Stazione di Paganica, e da lì, in base al tempo, avremmo deciso dove andare. Monte Le Quartora mostrava la sua costa completamente pulitadalla neve. Quella è davvero una bellissima montagna, non eccessivamente alta (1783 m) ma estremamente panoramica. Salivamo da Ripa di Bagno (816 m), seguendo il piccolo sentiero che passava per la chiesetta della Madonna delle Canali (963 m). I macigni crollati lì a causa del terremoto facevano molta impressione, in diversi tratti il sentiero era completamente ricoperto da massi sbriciolati.Mano mano che salivamo il Fossato di Fonte Maché (1224 m) il vento aumentava d'intensità, mentre le nuvole si infittivano, così decidevamo di tornare indietro, magari alla ricerca di percorsipiù riparati. Guardando la cartina l'attenzione andava sul Lago di San Giovanni (799 m).

domenica 16 maggio 2010

Monte Camarda da Castelvecchio Calvisio, passando per Valle Pagano


Che tempo infame... pioggia, pioggia e pioggia. Il giro programmato di oggi, però, fortunatamente non ha subito cambiamenti a causa del maltempo. Siamo partiti da Castelvecchio Calvisio accompagnati da Luciano Di Martino, un esperto botanico molto preparato del Parco Nazionale della Majella: con una innata pazienza ha risposto ad ogni nostra minima domanda su piante, fiori, arbusti e tutto quello che poteva essere vagamente verde. Le sapeva tutte!! E' inimmaginabile la miriade di piante che abbiamo incontrato in appena dieci metri di strada! La carrareccia seguita passa proprio sopra il Piano Buto, una vallata su cui sono ancora evidenti i segni di un'antica centuriazione agricola di molti secoli fa, fatta per i soldati tornati dalla guerra. E' una strada prevalentemente pianeggiante, e lì abbiamo incontrato mandorli, pini, ginepri, ornielli, orchidee, viole, meli, ciliegi, garofani, globulari, ellebori e tanti, tanti, tanti altri tipi di piante... (non potrò mai ricordarle tutte...). La meta della nostra escursione era tuttavia Valle Pagano, perchè lì è presente un fiore molto importante e protetto, creduto estinto da anni: l'Adonis Vernalis. In teoria ai nostri occhi sarebbe dovuta apparire una vallata di fiori color oro, purtroppo a causa della pioggia non è stato così: i petali dei fiori già dischiusi hanno risentito molto dell'acqua battente, sgualcendosi un po' e perdendo così la linea di bellezza che tanto li identifica nella specie. (Erano stupendi ugualmente!). Fino a qualche anno fa questa pianta era considerata estinta perchè era scomparsa anche dal Friuli Venezia Giulia (ultimo luogo in cui stentava a mantenere la propria specie). Averla rinvenuta in Abruzzo, dopo averla creduta persa, deve esser stata davvero una grandissima sorpresa per i botanici! Pare che, attualmente, in l'Italia, si trovi solo qui a Valle Pagano! Questa pianta, originaria delle steppe dell'Asia, ha cominciato la sua migrazione ben 18.000 anni fa grazie alle glaciazioni, che, finite, l'hanno imprigionata nelle valli dell'Appennino abruzzese. Per questo è considerata un relitto glaciale. E' una pianta estremamente velenosa in ogni sua parte. Valle Pagano si trova proprio sotto Monte Camarda (1382 m), così già che c'eravamo io e qualcun altro deciadiamo di salire sulla cima, giusto per guardare un po' il panorama dall'alto, prendendo la direzione più ripida, più infrattata però anche più breve. Nonostante non sia alta come montagna, da lì si gode un bellissimo panorama su buona parte della vallata sottostante: disinguevo bene San Pio delle Camere, Castelnuovo, San Demetrio, Barisciano, e molti altri paesi dell'altopiano.