lunedì 29 aprile 2013

Il sentiero tra la Baia delle Zagare e la Baia di Vignanotica nel Parco Nazionale del Gargano

La Baia delle Zagare e quella di Vignanotica trovavano congiunzione attraverso un percorso panoramico di grandebellezza, affacciato sul Mare Adriatico e custodito dall’ombra dei pini d’Aleppo. Le parti esposte al sole godevano del profumointenso del rosmarino selvatico, che grazie alle miti temperature dell’alta pressione (più vicine all'estate che allaprimavera) esaltava maggiormente la sua essenza. La costa orientale del Gargano si vestiva di falesie di calcare bianchissimosormontate da scoscese coltivazioni di uliveti poste a  strapiombo sul mare, un equilibrio al limite delle possibilità umane nelrendere coltivabili anche i terreni più estremi. Una biforcazione del sentiero scendeva a trovare sfogo nella Baia di Vignanotica,scoprivamo un luogo che manteneva inalterato il suo aspetto selvaggio, definito da perpendicolari perfette di maestose falesie.La spiaggia correva sotto quel muro naturale rubando al mare pochi metri, mentre sulle nostre teste volavano falchi pellegrini,gheppi e corvi imperiali. Oltre a noi, c'erano soltanto pochi turisti stranieri a godersi il mare di primavera, silenziosi nel loro riposoe rispettosi della nostra terra. Nelle ore più calde trovavamo riparo dall'intensità del sole all’interno delle tante grotte nella paretecalcarea, solo l’acqua gelida di un bagno precoce ci ricordava la stagione attuale, per il resto era come se fosse già iniziata l’estate.

domenica 28 aprile 2013

Il sito archeologico di Pietrabbondante

Il sito archeologico di Pietrabbondante beneficiava della bellezza delle campagne molisane: distese immense di verde correvano lungo tutti gli orizzonti lasciando emergere i piccoli paesi del territorio arroccati sulle proprie rocce. Ogni piccolo abitato erafiglio di terra scarnificata, la roccia veniva fuori come un’ossatura di sostegno, in grado di animare la terra come un essere vivente, mentre tutto il resto era morbidezza: lo sguardo scivolava tra avvallamenti e piccoli rilievi, fino a perdersi in quella naturaquasi del tutto incontaminata. Tra antiche pietre e mura megalitiche si rinnovava l'incanto della primavera, distese di margherite porgevano al vento la propria bellezza, custodita dai filamenti d’erba nel pieno della vita, l’immortalità era altrove, tracapitelli, arcate e antiche strutture. Correvano millenni tra noi ed i nostri antenati, eppure tutte le distanze si smorzavano nella stessa considerazione di un luogo tanto importante. Il santuario di Pietrabbondante non rappresenta semplicemente il maggiorecomplesso architettonico del mondo sannitico e non ebbe soltanto una funzione religiosa: era infatti direttamente controllato dai magistrati supremi dello stato e – accanto alle cerimonie di culto -  vi si dovevano svolgere anche diverseattività di natura pubblica. Le sue origini risalgono almeno al IV secolo a.C., quando venne impiantata un’area quadrata delimitata da muraglioni di blocchi irregolari, ancora riconoscibile tra il tempio grande ed il teatro. Si conosceimperfettamente anche una successiva sistemazione di III secolo, che si ritiene pesantemente compromessa ad opera dell’esercito di Annibale, nel 217 a.C. All’inizio del II secolo, il santuario venne ricostruito nelle forme in cui si conserva oggi, apartire dal tempio piccolo (A): riprende lo schema dei templi italici, costruiti su di un podio inquadrato in alto e in basso da cornici modanate, con pronao ed unica cella. Negli ultimi decenni del secolo ebbe inizio la realizzazione del complesso delteatro-tempio grande, frutto della progettazione di un anonimo architetto che rielaborò in maniera originale elementi della cultura ellenistica, mediandoli dall’ambiente campano e latino. Il teatro ripropone il medesimo schema decorativo di quello diSarno e dell’odeion di Pompei; la cavea è costituita da un riempimento artificiale di terreno contenuto da strutture in opera poligonale: solo l’ima cavea è costruita in pietra, mentre la summa cavea doveva essere attrezzata con gradinate mobili.Il tempio grande (B) ripropone lo schema del tempio italico al quale si unisce la caratteristica presenza di tre celle che alludono ad una triade di divinità (non identificate), elemento certamente derivato dall’ambiente latino. L’iscrizione sul fianco meridionaledel podio ne attribuisce in parte la costruzione ad un personaggio storicamente noto, C. Statius Clarus, un sannita che entrò poi a far parte del senato e partecipò alla vita pubblica romana. Il tempio B venne frequentato per uno spazio di tempobrevissimo: dopo la guerra sociale il culto fu soppresso e il santuario, abbandonato, venne assegnato con tutte le sue pertinenze a privati di parte sillana. (Il testo riportato in corsivo è stato tratto da un cartello informativo del luogo).

sabato 20 aprile 2013

Seiser Alm - I boschi di Castelrotto tra Marinzen Alm e le Sedie delle Streghe

Il cielo si caricava della fitta presenza di nubi, spesso inclini a continue precipitazioni. Il bosco di Castelrotto ci proteggevasotto la stretta tessitura dei suoi rami, lasciando filtrare l’umidità in manifestazioni di  nebbia svaporata, disposta più a conferiremistero che a disorientare. La leggenda delle streghe viveva in quei boschi di alberi altissimi, dove le piante compivano veri e proprislanci verticali alla ricerca della luce. Alcuni sedili in pietra ne rievocavano il mistero, accrescendo di molto il proprio valoregrazie al contesto naturalistico circostante: ogni cosa appariva incantata come sotto l’attrattiva seduzione compiuta da unamegera. Il fondo del sottobosco si ammantava di morbide distese di muschio impreziosite dai fiori dell’erba epatica, scoprendosisolo lungo la via del sentiero, ordinato e inconfondibile, che ci guidava nei nostri itinerari. Le radure sommitali si aprivano alcielo lattiginoso, la neve ghiacciata segnava il limite del nostro cammino, suggerendoci percorsi più bassi. Il laghetto artificialedi Marinzen specchiava a tratti i riflessi delle montagne sbiadite nella nebbia, la sua superficie viveva i giochi d’espansione dellegocce d’acqua, dove ognuna cercava l’altra attraverso l’estensione di anelli concentrici. La quiete dei pascoli di altaquota vedeva distese immense di verde, le piante compivano tutte i propri miracoli, con la vita che rifioriva attraverso le gemme più preziose.
 
Per dormire a Castelrotto consiglio: PENSIONE DORFBLICK - FAM. GOLLER KONRAD - S. MICHELE 4/1 - 39040 CASTELROTTO - ALTO ADIGE – ITALIA - TEL: 0039 349 1753438 http://www.dorfblick.it/ita/index.html

venerdì 19 aprile 2013

Seiser Alm - I ruderi di Castel Salego e di Castelvecchio

Le nuvole pesavano sul cielo di Castelrotto, convertendone l’azzurro in una luminescenza lattiginosa. Il caldo percepito nei giorni precedenti lo caricava elettricamente, ed ogni lontananzaviveva il rimbombo della vibrazione dei tuoni. Tra gli antichi boschi di abete rosso giacevano i resti di antichi castelli, collegati tra loro da un fitto reticolo di sentieri perfettamente curati. Quellaterra pareva accoglierci in ogni suo più piccolo angolo, anche dove tutto appariva lontano dalla presenza dell’uomo, trovavamo la cura di chi amava la propria terra. Il Castello di Salegg vedeva iruderi delle sue mura innalzarsi al cielo, alla ricerca dello stesso slancio verticale del grande massiccio dello Sciliar sullo sfondo. Il panorama godeva della vista di vallate verdissime, così ordinateed omogenee da dar risalto alle malghe che accoglieva. “Nel cuore del cosiddetto bosco di Hauenstein nei pressi di Siusi allo Sciliar, possiamo vedere i resti dell’antico castello Salego.Probabilmente il castello fu costruito nel XII secolo dai signori di Saleck. Assieme ai signori di Castelrotto, questi furono citati come ministeriali del Vescovo di Bressanone verso il 1178.Quindi il castello era stato dato in feudo a varie famiglie. Nel 1473 la proprietà di Castel Salego passa completamente alla famiglia Zwingensteiner. Nel XVI secolo invece, il castellofaceva parte della possesso dei signori di Wolkenstein. Infine, nel XVII secolo il castello cadde in rovina...” (Il testo riportato in corsivo è stato citato dal sito www.seiser-alm.it , in questa pagina continua il resto dell’articolo). L’ombra del bosco custodiva anche i resti dell’antico maniero di Castelvecchio, poco distante, le sue pietre tenevano la memoria di tempi lontani, arroccate sudi un bastione di roccia e reso accessibile da una serpentina scalinata. Un tempo apparteneva ad un menestrello, adesso apparteneva al bosco e a chi lo visitava.
Per dormire a Castelrotto consiglio: PENSIONE DORFBLICK - FAM. GOLLER KONRAD - S. MICHELE 4/1 - 39040 CASTELROTTO - ALTO ADIGE – ITALIA - TEL: 0039 349 1753438  http://www.dorfblick.it/ita/index.html

domenica 14 aprile 2013

Anello di Rocca di Cambio per un canalino di Monte Ocre e la cresta di Monte Cagno

La montagna si vestiva delle due facce della primavera, i lati esposti a Sud si innescavano della nuova vita della vegetazione dimontagna, mentre a Nord tutto appariva ancora serrato nelle mani dell’inverno. Dove giungeva il calore del sole la neve siscioglieva e dava spazio alla fioritura dei crochi, spesso lambiti dai piccoli ruscelli di scolo generati dal disgelo. La zonadell’Acquazzese appariva come una terra mista, un luogo ibrido del transito delle stagioni dove si trovava di tutto, dalla neve allefoglie secche e all’erba rinnovata. I tanti canali a Nord di Monte Ocre si riempivano di neve trasformata ormai da tempo, alcunitenevano in grembo lo scivolo di piccole slavine, mentre altri tenevano in testa corone di cornici ghiacciate. Un passo dopol’altro il paesaggio cambiava sotto i nostri occhi: più salivamo di quota e più il nostro sguardo scrutava a valle alla ricerca divisioni orizzontali. Sulla cima, i ripidi pendii si smorzavano lungo il crinale roccioso, la primavera aveva scoperto il filo di cresta,rimarcando in questo modo il profilo della montagna. Molte delle vallate sommitali continuavano a coprirsi di neve, quel mantoesitava a scoprirsi nei punti di maggior accumulo, donando all’orizzonte il ricamo di superfici maculate. Il bordo rocciosodella cresta di Monte Cagno viveva l’equilibrio in bilico di enormi cornici di neve, alcune si erano addirittura staccate sotto i nostriocchi, dandoci così la possibilità di ammirare lo straordinario spettacolo della forza della Natura.