domenica 25 novembre 2012

Anello del Monte Marcolano, per il Vallone Forte, il Vallone di Cervara e i Prati d'Angro

Villavallelonga si lasciava alle spalle la nebbia del Fucino, che come un lago ne dava l’illusione del suo stato originario. Ci alzavamo appena di pochi metri e tutto si scopriva sotto la lucebellissima dell’alta pressione: lo sguardo sconfinava fino in lontananza, fermandosi ai baluardi delle montagne definite da una visibilità perfetta. Monte Marcolano sorgeva a sinistra nel fondovalle, il suo profilo si innalzava lasciando esaurire al percorso del Vallone Forte quasi tutto il dislivello dell’intera escursione. Percorrevamo un’immensa faggeta arricchita di esemplariantichissimi, quasi tutte le foglie avevano trovato a terra la loro dimora, in attesa dell’inverno che presto le avrebbe coperte di neve. Giunti al valico lo sguardo si apriva sui profili del ParcoNazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, montagne e vallate ne scandivano la profondità, definite dai colori più o meno carichi dell’autunno. Monte Marcolano innalzava ulteriormente il suopunto di vista, lasciando scorgere addirittura il filo di cresta della Majella innevata. Da lassù lo sguardo si inabissava nei tantissimi valloni incassati che scendevano a valle, fitti di bosco ecomprensibilmente scelti dall’orso marsicano come dimora. Tutte quelle vie di fuga terminavano a valle nei Prati d’Angro, che con il verde inteso dell’erba, sempre rigogliosa grazie al suo specialemicroclima, definivano un’area di forte contrasto con i toni ormai spenti del bosco. I faggi giganteschi sotto Rocca Genovese erano ormai completamente spogli, apparivano grigi, maestosi e vecchi,tanto da simulare l’impressione di un bosco di pietra. Scendevamo percorrendo il Vallone di Cervara, inabissandoci di nuovo nelle tonalità calde dell’autunno, le foglie ammorbidivanoil nostro passo, che in questo modo proseguiva a valle agevolato, leggero così come lo erano i nostri pensieri.

sabato 24 novembre 2012

Monte Soffiavento, da Santa Dorotea a Cupoli

Camminavamo lungo il sentiero che da Santa Dorotea saliva in direzione di Monte Soffiavento, inoltrandoci in una carrarecciasilenziosa. Alcuni alberi si rivestivano completamente della barba dei licheni, tanto da apparire proprio come un bosco dilana. Gli abitanti di Scoppito tramandavano il nome di Monte Fiataventu, portando alla memoria le contrazioni dialettali di untempo: quelle parole lontane affioravano tra i ricordi, e facevano rivivere antiche identità come lo Iùbbere o lo Iacciu dejiMuntanari. Parte di Monte Soffiavento era esposta a causa di un incendio che anni fa ne distrusse una fascia di bosco, da allorasolo alcuni arbusti ne rivestivano la cima, che così spoglia e rada guardava la conca aquilana e il Gran Sasso, vedeva esposta la Lagae scrutava la Majella, ma soprattutto ammirava Monte Calvo da una posizione privilegiata. Scendevamo verso Ovest alla ricercadi nuovi sentieri, tra miriadi di foglie al suolo che ammorbidivano il nostro passo. Ci immergevamo in luoghi che ci appartenevanononostante fossero sconosciuti, e li percorrevamo scoprendo solo sentimenti familiari.

domenica 18 novembre 2012

Selva Grande e lo Stazzo della Pacina

I Monti della Laga si animavano di nebbie svaporate dal vento di Scirocco, che coprivano e scoprivano le montagne vestendole di mistero e suggestione. A conferire ulteriore sacralità a tuttaquella visione maestosa era il colore dorato del falasco secco, che con le sue sfumature bionde richiamava in pieno l’idea dell’oro. Il sentiero di Piana Grande saliva addentrandosi in una delle piùbelle cattedrali dei Monti della Laga: tra Cima Lepri, Pizzo di Moscio e Monte Gorzano sembrava di essere sotto pilastri insormontabili, li ammiravamo dal basso divenire semprepiù grandi, mentre lateralmente lo sguardo scendeva a valle a seguire il corso dei fiumi e i salti delle cascate. I colori dell’autunno si esponevano in tante tonalità differenti, non soloprendeva corpo il rosso e la ruggine, ma anche la straordinaria visione di un verde tardivo, più accostato alla primavera che a questo preciso periodo dell’anno. Lo Stazzo della Pacina godevadi un notevole privilegio visivo sul grande fosso in ombra e sulle pareti sovrastanti. I resti di un vecchio rifugio portavano la memoria delle pietre a secco, nel silenzio pacato di una delle piùbelle valli dei Monti della Laga. Percorrevamo parte del Sentiero dei Ficorari, che fino agli anni ’50 era una via di collegamento molto importante tra Amatrice e Teramo: un tempo venivatransitata dai contadini che con i muli partivano da Montorio al Vomano per raggiungere Amatrice, con lo scopo di vendere i propri fichi tanto rinomati, e da questa caratteristica ne derivava il nome.

sabato 10 novembre 2012

Monte Calvo dal Ponte Radio

Monte Calvo viveva l’autunno, a differenza di qualche giorno fa precocemente rivestito di neve. Tutti quei colori sottolineavano la magia della montagna: tra i contrasti animati dei rossi e laleggerezza dei gialli, ripensavo alla leggenda di monte Calvo letta nelle Montagne della Luna. Nel secolo scorso, il piccolo laghetto sottostante la cima era la dimora di una bellissima fata,sopravvissuta agli occhi di un allora pastore-bambino. Gli anni erano passati ma le parole trasmesse continuavano a vivere ancora negli occhi di chi guardava. La luce del pomeriggio sicurvava sulle montagne accarezzandole con le note precedenti al tramonto, dando ulteriore intensità ai colori già caldi dell’autunno. Quel piccolo lago era ciò che rimaneva di un grossobacino d’acqua, che secondo la leggenda si estendeva fino alla cima di monte Calvo. Le ombre della sera cominciavano a movimentare di chiaroscuro le coste della montagna, vestendo difreddo tutto quello che si nascondeva alla luce. Dalla cima osservavo il dirupo esposto a Nord, vedevo bene fonte Bregna e ripensavo ancora alla leggenda. I colori continuavano a verterenelle soffuse intenzioni del tramonto, ed ogni favola pareva animarsi sotto il suo spettro. Alcune nuvole giocavano a sfilacciarsi sul profilo del Gran Sasso; con l’allungarsi delle ombrela terra si preparava al riposo, le mucche e i cavalli si erano già allontanati per prepararsi alla notte, mentre il silenzio scivolava dietro i nostri passi e si preparavano  anche i sogni.

domenica 4 novembre 2012

Traversata da Pescasseroli a Villavallelonga

La pioggia scendeva abbondantemente sulla faggeta di Pescasseroli, senza mai smettere per tutto il tragitto fino a Villavallelonga. Ilbosco si animava del rumore del suo scroscio d’acqua e ci isolava tutti nei nostri pensieri. Salivamo su di un letto di foglie morbide,dove un folto strato ne addolciva il percorso fangoso, mentre mano a mano si evidenziavano i colori dell’autunno, attraverso lepoche foglie rimaste attaccate ai rami che filtravano la luce. La foresta vetusta si lasciava scoprire a tratti con i suoi faggisecolari, la loro dimensione imponente pareva volesse proteggerci dalle precipitazioni del cielo e i malumori del mondo:dentro la foresta tutte le negatività rimanevano fuori, solo l’energia della terra aveva una comunicazione diretta. Seguivamoil letto pietroso dei fossi, che così bianchi si stagliavano sulla natura circostante come fiumi di roccia, mentre la bruma dinovembre filtrava tra gli aceri e i faggi, sacralizzando la foresta in una percezione misteriosa. L’autunno al Parco Nazionaled’Abruzzo Lazio e Molise era bellissimo anche così, tra la pioggia battente e ininterrotta e il fango ricoperto dalle foglie cadute.