domenica 27 ottobre 2013

Tavola Rotonda da Campo di Giove, anello per il Guado di Coccia e Forchetta Majella

Sopra Campo di Giove passava il sentiero della Libertà, la via percorsa dai partigiani alla ricerca della salvezza. Ne seguivamo una parte, incontrando lungo il tragitto la piccola chiesa della Madonna di Coccia. Tra il bosco e i vecchi sassi si manteneva lamemoria e la speranza, e l’appello alla Fortuna per svalicare la Majella. Madonna di Coccia: L’unica notizia certa su questa chiesetta è la data del suo restauro incisa sull’architrave: 1748. Non si hanno altre notizie, eppure essa è ben visibile sulla via cheporta a Coccia, frequentata da sempre sia dalla gente di montagna sia da coloro che per commercio o altra necessità superavano il valico. Tale traffico, che giustificò la nascita del convento di San Nicola sull’opposto versante, fu forsedeterminante anche per la nascita di questo luogo di culto certamente più modesto ma sicuro rifugio per il viandante. Sopra l’altare si trovava un bel bassorilievo della Madonna che è stato rubato alcuni anni fa. L’ambiente attiguo alla chiesa,composta da un piano terra e uno superiore, costituiva la parte abiatativa. (Notizie tratte da un cartello informativo del luogo posto da Archeoclub – Pescara COOP Majambiente). Il Sentiero della Libertà partiva da Sulmona e arrivava a Casoli, dove,durante la Seconda Guerra Mondiale, c’era una sede del comando alleato, noi lo lasciavamo nei pressi del Guado di Coccia, per continuare a salire in direzione di Tavola Rotonda. Una lunga scia di impianti dismessi segnava la montagna, mentre la bellezza siconcentrava maggiormente alle nostre spalle con Monte Porrara in risalto con dietro un denso mare di nuvole. Tavola Rotonda era imbruttita dai resti degli impianti abbandonati e dalle sue piccole strutture ricettive di legno e cemento armato, ormai quelli erano iluoghi dell’abbandono e poco importava alla massa se l’uomo ne aveva deturpato la percezione. Lasciavamo tutto alle nostre spalle proseguendo lungo l’infinita dorsale della Majella. I panorami si aprivano tra lievi saliscendi e morbidi avvallamentilunari, mirando lo sguardo intorno a gran parte dell’Abruzzo. Ammiravamo la Sfischia, un curioso fenomeno carsico di origine tettonica, dove un maestoso inghiottitoio si era formato nella frattura della terra. Quell’incavo aveva squarciato la superficieper diverse decine di metri, lasciando agli occhi la sublime percezione di un canyon profondo. Forchetta Majella segnava un punto importante dove la gente era solita passare per raggiungere Monte Amaro, da lì si ammirava il Morrone e la conca di Sulmona,da lì si continuava a godere dello spettacolo lunare sulla Majella, con i contrafforti del Macellaro e dell’Altare dello Stincone.

martedì 22 ottobre 2013

La Forcella Piccola di Monte Antelao

Da Forcella Piccola osservavamo la via per Monte Antelao perdersi nella nebbia. Lì iniziava il percorso per raggiungere il Re delle Dolomiti, dove un oracolo potente era in grado diraccogliere tutte le incertezze dell’essere umano. Occorrevano circa quattro ore di tempo per compiere quel tragitto reso ostile dalla neve e dal ghiaccio, ma anche altrettanto suggestivo dallanebbia che si concentrava e diminuiva a seconda del vento. Avevamo a disposizione solo mezza giornata e l’intenzione di ammirare il Pelmo, così abbiamo scelto il percorso panoramicosopra San Vito di Cadore, per poterlo guardare. Seguivamo ad anello i sentieri per il Rifugio Scotter, il Rifugio San Marco e il Rifugio Galassi, purtroppo tutti chiusi per la fine stagione,toccando come punto più alto la Forcella Piccola a 2120 metri di quota. Quelle montagne affilate si assottigliavano ulteriormente con le velature delle nuvole, tanto da alleggerirsi ancora di più. IlPelmo purtroppo rimaneva coperto dal maltempo, ma in compenso molte altre montagne davano sfoggio della loro bellezza. Sul ripido costone roccioso del Becchi d’Imposponda ungruppo di camosci ci osservava infastidito dalla nostra presenza. C’eravamo soltanto noi e loro, e potevamo ascoltarli fischiare dandosi l’allerta.

lunedì 21 ottobre 2013

Maso Corto e la Val Senales

L’autunno alpino mostrava un’altra prospettiva di quello che conoscevamo, così composto da larici, pini neri e abeti rossi, verteva a sfumare maggiormente le tonalità fredde dall’ocra alverde al blu. Di tanto in tanto qualche acero raccoglieva su di sé la percezione dei rossi, ma tuttavia non riusciva a scaldare la visione d’insieme così come facevano i boschi dell’Appennino.Maso Corto si inseriva in un complesso di montagne altissime, abbellite dal contrasto della roccia nera con il candore dei residui di neve. La scorsa settimana un’abbondante nevicata avevaanticipato l’inverno, ma negli ultimi giorni le calde temperature portate dallo Scirocco l’avevano sciolta quasi tutta a quota duemila metri. Ci trovavamo lì in occasione di un meetingorganizzato da Fischer, Swix e Wintersteiger per testare i nuovi materiali dell’inverno 2013-2014. La funivia per la Val Senales saliva a quota 3212 metri, lasciando scoprire durante l’ascensionela testa delle Alpi Venoste. Lo sguardo ammirava l’inverno perenne dei ghiacciai, moltissimi atleti delle più importanti nazionali europee dello sci da fondo si trovavano lì in corso diallenamento: leggevo sulle loro divise i nomi di Norvegia, Finlandia, Italia, Germania, Estonia, Russia, Francia, Romania, e di molte altre ancora. Era bello guardarli compiere queimovimenti perfetti, sia da vicino che da lontano, dove apparivano come punti colorati in movimento su di una superficie bianca e bellissima.

venerdì 18 ottobre 2013

Le Betulle della Valle di Teve

Il Vallone di Teve si incassava tra i maestosi rilievi di Murolungo e Monte Rozza, lasciando leggere a tratti la sua conformazione di origine glaciale. Il suo bosco era talmente fitto da ostacolare qualsiasi raggio di sole, eravamo nel pieno di lunga zona d’ombra,e ci rendevamo conto di quanto fosse scuro il luogo dove camminavamo osservando il contrasto degli sfasciumi laterali investiti dal sole, così bianchi da sembrare neve. Eravamo alla ricerca di una specie di pianta che solitamente non cresce nelnostro territorio perché appartiene a climi più freddi, ma che nel Vallone di Teve riusciva ad esistere, poiché era un residuo degli ultimi cicli glaciali: la Betula Pendula. Quei pochi esemplari di betulla stabilivano nel Vallone di Teve una delle più rare stazionidi presenza spontanea dell’Italia centro-meridionale, quasi non volevo crederci quando le scorgevo tra le altre piante, il candore della loro corteccia le contraddistingueva, ma rimanevo sempre in dubbio se potessero o no essere loro, a causa dell’ombra delvallone incassato, se quel candore fosse la loro caratteristica oppure figlio di giochi di rifrangenza. Quegli alberi apparivano come presenze seminascoste, si scovavano solo se cercati, altrimenti non avrebbero mai preso rilievo tra quei faggi maestosie quei lecci secolari, si nascondevano e pareva come se preferissero passare inosservati, protetti dall’uomo in quel magnifico canale boscoso.

domenica 13 ottobre 2013

La Val di Rose e la Valle Jannanghera

Civitella Alfedena si pacificava nella quiete del mattino, la prima luce dell’autunno filtrava tra i muri di pietra bianca e le strade lastricate, rischiarando quell’antica bellezza tipica dei paesid’Abruzzo, dove la tradizione, la storia e le consuetudini erano un tutt’uno con la pietra che li componeva. L’imbocco della Val di Rose si apriva al di sopra del paese, impreziosito dal maestosobosco che lo sovrastava, mano a mano che salivamo il verde del fogliame si stemperava nelle tonalità della ruggine, scaldando la visione d’insieme. L’autunno iniziava ad indossare le sue vesti,ammiravamo il principio della danza delle prime foglie cadenti, e la timida bellezza dei ciclamini selvatici, che, come presenze preziose, facevano capolino nel sottobosco, mentre una lucearancione velava l’aria delle caratteristiche di ottobre. La parte sommitale della Val di Rose si apriva al cospetto del maestoso circo glaciale tra Monte Boccanera e Monte Sterpi d’Alto,rivelando ghiaioni e sfasciumi, e la modesta presenza dei camosci appenninici. Dal Passo del Cavuto potevamo ammirare tantissime riserve integrali e molte delle più famose località escursionistichedel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, eravamo al di sopra della Camosciara ed avevamo anche un colpo d’occhio bellissimo su Monte Petroso e Monte Capraro. Il Rifugio di Forca Resuni,poco al di sotto dei duemila metri, ci accoglieva in fase di ristrutturazione, lo sguardo si apriva verso Ovest sopra un’ampia distesa di montagne, mentre ad Est continuava il nostro percorsonella Valle di Risione, anticamera superiore della Valle Jannanghera. Quest’ultima godeva del privilegio della foresta vetusta: giganteschi faggi plurisecolari giacevano nel bosco comesuoi custodi, l’autunno faceva da cornice alla loro maestosità, filtrando tra i rami una luce dorata.