giovedì 29 dicembre 2011

Il rifugio La Vecchia da Rovere

I morbidi pendii del Sirente erano addolciti ancor di più dal candore della neve, che così distesa a chiazze, a causa del vento, rivelava la realtà di due visioni contrastanti. Le pietre si stemperavano alle velature di una debole calaverna, mentre la coltre nevosa a volte ci teneva e a volte si lasciava sprofondare.Tutti quegli accumuli di neve seguivano la mano magistrale dei venti, che così sapienti delle proprie correnti modellavano tutto come le dune di deserto. Il Rifugio La Vecchia giaceva all’ombra del Sirente, incastonata su di un balcone naturale che ammirava il Gran Sasso e la Majella. Quel piccolo riparo teneva memoria dellagente che andava e che veniva, ma soprattutto tratteneva l’amore di chi l’aveva costruito: negli occhi di alcuni dei fondatori c’era il benevolo ricordo di ogni sasso ed ogni legno deposto ad edificarlo. La vecchia omaggiava una lunga maturità, fatta della memoria di un bambino durante gli anni della guerra, quando iboschi erano accoglienti per gli italiani e inospitali per i tedeschi, quando i tetti dei ripari si vestivano di zolle di terra alla ricerca di una mimesi che potesse dare scampo. Era sulla scia di quei ricordi che si edificava quel rifugio. Ammiravo la generosità di questi fondatori, che nonostante tutto continuavano da anni a mettere adisposizione la propria baita a chiunque passasse, ed io ero proprio fortunata ad averli incontrati oggi, per poterli conoscere e poterli ringraziare. All’interno, una descrizione raccontava come era nato il rifugio: Era un caldo pomeriggio d’agosto dell’anno 1993, insieme all’amico Sergio decidemmo di fare duepassi in montagna. Senza chiederci dove ci saremmo diretti, prendemmo il sentiero che da Rovere conduce sul monte Sirente a 2349 metri d’altitudine. Dopo meno un’ora di cammino a buon passo, ci lasciammo alle spalle Mandra Murata e superati due valloncelli, abbandonammo il sentiero segnato dal CAI perdirigerci verso sinistra. Risalimmo la cimata che separa il versante SO, che degrada nudo con dolce pendio, e il versante NE, che scende ripido sulla sottostante vallata di Fonte Anatella. Ci sedemmo su quelle rocce e restammo ammaliati ad ammirare e goderci gli splendidi panorami che madre natura, cosìgenerosamente e gratuitamente ci offriva riempiendoci lo sguardo con la sottostante vallata, ricoperta da una verdeggiante faggeta, e le lontane vette del Velino, del Corno Grande del Gran Sasso e del Monte Amaro della Majella che si stagliavano nel lontano orizzonte. Mentre con l’amico Sergiomeditavamo compiaciuti queste sensazioni, scorgemmo scendere da una valletta costeggiante la parete rocciosa, un solitario montanaro che, con passo lento ma sicuro come di chi stanco dopo una lunga giornata di lavoro, fa ritorno a casa. Quando ci fu vicino, lo riconoscemmo; era lui ….un altroappassionato della montagna, l’innamorato del monte Sirente: Nicola. Dopo i convenevoli di rito chiedemmo a Nicola da dove veniva, ben conoscendo che quel pianoro finiva poco più avanti lungo quell’estesa costiera che per una decina di chilometri, da NO a SE, costituisce una tra le più belle ed affascinanti catenemontuose dell’altopiano delle Rocche. “Ho iniziato la costruzione di un rifugio laggiù infondo”. Fu la risposta e alzando il bastone lo orientò in quella direzione da dove, qualche momento prima, l’avevamo visto venire. La curiosità fu molta, così mentre Nicola riprese la strada di ritorno, noi decidemmo di andare a vederel’opera appena intrapresa. Il vallone che conduce al rifugio, dopo un’iniziale depressione, corre parallelo alla soprastante parete rocciosa che lo sovrasta sul lato destro in direzione di levante, mentre sulla sinistra una fitta vegetazione arborea, costituita in prevalenza da faggi, scende ripida nella sottostantevallata tra la Fonte dell’Anatella e i prati del Sirente. Percorrendo questo pianeggiante prato ricoperto di un soffice e variopinto tappeto erboso e cosparso di fiori dalla variatissima gamma di colori che s’insinuano fin tra le rocce ravvivandole con le loro brillanti corolle, scorgemmo, all’ombra di unboschetto di faggi, il costruendo rifugio. Tra grossi massi, precipitati in ere lontane dalle soprastanti vette, Nicola e il suo amico Ugo, compagno di tante avventure in montagna, avevano iniziato la costruzione realizzando le basi con muri di pietra a secco e travi di legno. Confesso che l’iniziativa mi entusiasmòmolto tant’è che non esitai a rendermi disponibile per una valida collaborazione coinvolgendo anche molti altri amici che, in tempi e modi diversi, hanno contribuito alla completa realizzazione dell’opera. Il rifugio “La Vecchia” oggi è meta di stupende escursioni sia estive che invernali ed è aperto a tuttiaffinché ognuno se ne possa servire ed apprezzare quanto è stato fatto da: Nicola, Ugo, Ezio, Fabrizio e Francesco, ideatori e realizzatori dell’opera con la valida collaborazione di altri amanti della montagna come: Romano, Giorgio, Sesto, Siro, Fausto, Elvira e molti altri, ai quali va tutta la nostra gratitudine e riconoscenza per la disponibilità dimostrata.

giovedì 15 dicembre 2011

Intorno alla Selva di Barisciano

La pioggia scendeva sulla Selva di Barisciano, perdendosi nell’ombra degli aghi dei pini. Il maltempo si animava del fascinodel vento, e tutto si energizzava sotto quell’incredibile scontro di pressioni. La tranquillità di quelle vie di montagna ci permettevadi godere della cupa bellezza del cielo, donandoci, tra i giochi di chiaroscuro e la torsione discontinua delle nuvole, la visionesuperlativa di un distinto arcobaleno colorato. Il vento seguiva i nostri passi livellando gli avvallamenti circostanti, e, mentretutto scorreva su quelle piccole colline, noi tornavano a casa consapevoli che saremo tornati presto.

domenica 11 dicembre 2011

Monte Giano dalla Madonna delle Grotte

Il cielo nuvoloso si vestiva di bianchi evanescenti, copriva la cima delle montagne, dapprima le mozzava e poi le lasciava andare, facendole vivere in danze turbolente. Quella nebbia sottile e luminosa si concentrava nella parte sommitale, eratalmente delicata da vestire il bosco di una suggestione bellissima. Quello che vedevo appariva come sussurrato, tutto si velava come l’anticamera di un sogno, dove si percepiva l’inizio ma non si era in grado di vederne la fine, dove ogni cosa siamplificava e si distendeva, lasciandosi percorrere mantenendo intatti tutti i suoi Enigmi, lasciandosi sognare, lasciandosi sfiorare, lasciandoti andare. Rimanevo incantata ad ammirare tutte quelle velature, ne comprendevo la bellezza, lo stupore e ilmiracolo, la meraviglia assoluta di un incanto semplice. Giunti sulla cima, la montagna ci regalava una visibilità perfetta: all’improvviso tutta la nebbia si era svaporata permettendoci di ammirare anche fino in lontananza. Sembrava come se ci avessefatto un dono, forse comprendeva la nostra ammirazione e in qualche modo continuava a farsi guardare. Sotto di noi, Antrodoco si distendeva protetta dai rilievi circostanti, così piccola ed ordinata, guardava dal basso la sua montagna cintasulla testa da una corona di spine. Nel silenzio del pomeriggio ridiscendevamo verso la Madonna delle Grotte, seguendo questa volta il sentiero giusto perso all’andata. Quel piccolo Santuario si affacciava sulla strada disponendo a chiunque la sua bellezza, ilsuo incastro perfetto con la roccia si animava della fusione di elementi differenti, trovando nella cavità  della terra la parte più materna e femminile possibile. Nelle Gole di Antrodoco, sito eremitico rupestre dell’Alto Medioevo, fu costruito agli inizi delSeicento il Santuario di S. Maria delle Grotte. La chiesa sorge nel luogo dove, secondo la tradizione, Bernardina Boccacci, nell’ottobre del 1601, rinvenne nei pressi di una grotta un’immagine della Vergine con Gesù Bambino. La scopertadell’immagine provocò un immediato fervore popolare tanto che il vescovo di Rieti, mons. Cesare Segni, fece erigere sul luogo un altare e vi celebrò la prima messa il 29 settembre del 1602, accordando una indulgenza di 40 giorni. La costruzione delSantuario fu iniziata il 24 aprile del 1603 e completata, grazie alle generose oblazioni dei fedeli, nel giro di appena un anno. Il progetto fu redatto dall’architetto toscano Fausto Ruggeri da Montepulciano. L’edificazione della Chiesa favorì lacolonizzazione agro-pastorale delle comunità contadine di Rapelle, Vignola, Rocca di Corno e Rocca di Fondi, rivitalizzò la viabilità e gli scambi economici con L’Aquila e con Napoli capitale del Regno sottraendo le Gole alle vessazioni delbrigantaggio. Nel marzo 1821 in questi luoghi il generale Guglielmo Pepe tentò una estrema resistenza all’invasione delle truppe imperiali della Santa Alleanza, questa battaglia segnò l’alba  del Risorgimento italiano. Il Cardinale Federico Tedeschini, illustre interocrino, onorò questo santuario donandola statua in esso conservata. Con sentita partecipazione popolare fin dagli anni ’30 il simulacro viene portato ritualmente, tra Ascensione e Pentecoste, in due processioni dalle Gole al Duomo di Antrodoco e viceversa. (Tratto da un cartello informativo del luogo, posto dalla Regione Lazio).

venerdì 9 dicembre 2011

Valle Ruella e Monte Ruella

Il percorso di Annibale appariva e scompariva lungo la strada che conduceva alla Valle di Ruella. Già altre volte mi ero soffermata a riflettere sull’importanza storica di quel luogo, al valoreindescrivibile che assumeva nel compiere quel salto temporale di Millenni, ne parlavo qui. L’aria di fine autunno si calava nel freddo degli anticipi d’inverno, guardavo nel cielo e cercavo di scrutaretra le tante nuvole quelle basse da neve, chissà quanto ancora dovremo aspettare in questo innaturale slittamento di stagioni. Il cielo si vestiva delle scure tonalità della prossima perturbazione,ritmandosi di velature e chiaroscuri, ma scoprendo finalmente la luce sul Gran Sasso, placando così lo sguardo da ogni insofferenza. Il freddo aumentava col vento sotto paradossi idrodinamici, tra irilievi de La Piaggia e quello di Monte Ruella, ma quietandosi poi nella percezione più placata della valle, dove tutto si distendeva scivolando su morbidi infossamenti. La strada verso Monte Cavasaliva addolcendosi di bianche spolverate di neve, ma la nebbia che si intravedeva lasciava cadere i riferimenti, così tornavamo sui nostri passi alla ricerca di percorsi più tranquilli. Monte Ruellagiaceva come una sentinella sull’abitato di Tornimparte, la sua salita ci regalava non solo la visione panoramica sulle altre montagne, ma anche la scoperta di bellissimi fossili, come sequella Montagna ci tenesse ancora una volta ad indicare il suo evidente e strettissimo legame con la Storia.

domenica 4 dicembre 2011

Il Monastero di San Colombo a Barisciano

Il Monastero di San Colombo a Barisciano si immergeva nel silenzio dei boschi sotto il Monte della Selva, lasciando trasparire dalla sua struttura parte della storia che lo identificava. Le frondedi quegli alberi ne portavano memoria da circa mezzo Millennio, avevano vissuto il passaggio dell’uomo dai primi eremiti ai successivi insediamenti, accompagnando la presenza di chiunquelì vi avesse dimorato. Un lungo periodo di abbandono lo destinava al declino, ma poi – finalmente – il  recupero operato qualche anno fa lo attivava non solo come un ottimo albergo e ristorante,ma anche come Centro di Ricerche Floristiche dell’Appennino, dove uno splendido orto botanico costituiva il Museo del Fiore. Lì dentro sono raccolte e catalogate decine e decine di migliaia dipiante, merito di un’enorme mole di lavoro operata dai botanici del Parco, adoperati alla ricerca con la passione di chi ama veramente il proprio lavoro. Appena fuori L’Aquila, quella realtàanticipava i sentimenti del Gran Sasso, dava anticamera alla tranquillità dei suoi avvallamenti brulli e silenziosi, impreziositi dalla bellezza dei piccoli borghi medievali. Da lì iniziava il Parco,da lì partivano i sentieri della monticazione, alla scoperta di aree archeologiche e antiche testimonianze italiche, tra muraglie romane, tombe a tumolo, e sentieri immersi in una Natura tornatada tempo a se stessa. Monastero San Colombo Dimora Storica - Strada Provinciale per Santo Stefano di Sessanio, km: 4,200 – 67021 – Barisciano – L'Aquila – tel: 0862.899017 –  www.monasterosancolombo.com