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Monte Giano e la preghiera al milite ignoto tedesco
L’autunno faceva
ingresso nei boschi bordando di ruggine le prime foglie, mentre mucche e
cavalli si riposavano all’ombra delle faggete di Cinno. Conoscevo un nuovo
percorso per raggiungere la cima di Monte Giano, un sentiero aperto sul
versante laziale che lasciava ammirare il massiccio del Terminillo. Al di sopra
della Mozza l’umidità portata dal Libeccio scavallava visibilmente la montagna,
i paesaggi si ridisegnavano sotto i contorni della nebbia, apparendo più
suggestivi e malinconici.
Sulla cima di Monte Giano portavo una preghiera per
un ragazzo tedesco ormai morto da anni, un soldato della Seconda Guerra
Mondiale di cui non so il nome ma a cui forse devo la vita. Venne ucciso dai
suoi connazionali nel sottostante paese di Antrodoco
perché aveva aiutato la
famiglia di mia nonna, e forse anche altri aquilani. Purtroppo erano poche le
informazioni che avevo su questo ragazzo, mi sarebbe piaciuto tantissimo
conoscere il suo nome, ma purtroppo anche questa storia si era persa nell’oblio
dell’eternità. Mentre mia nonna era a L’Aquila, mio nonno partì giovanissimo
per la campagna di Russia, dove morirono quasi tutti i suoi compagni, tornò a
casa da solo attraversando l’Europa con tutti i mezzi possibili: a piedi, in
bicicletta, col treno,
sfruttando i passaggi sui carretti delle persone che
incontrava, non possedendo nient’altro che la sua vita. Una donna gli donò
l’abito da sposo di suo marito appena morto, e proprio con quell’abito mio
nonno bussò alla porta di casa di mia nonna
appena rientrò a L’Aquila,
finalmente potevano sposarsi. Erano stati talmente brutti gli anni della guerra
che a stento ne parlavano, forse volevano difendere i figli dai racconti di
quelle terribili esperienze, e per questo sia mia madre che i miei zii
hanno solo
dei ricordi vaghi. Antrodoco era sotto la montagna, e appariva e spariva sotto
il peso della nebbia, lì venne fucilato il milite ignoto tedesco che con la sua
vita aveva garantito la mia. La storia dei vincitori cancellava anche quella
degli eroi senza
nome, ma io non volevo dimenticarla, e pregavo Dio per la sua pace.

L'essenza della nostra vita è fatta di presenze e di assenze, poi arriva la poesia, questo post, che riannoda il tutto. Ciao Sara.
RispondiEliminaPresenze e assenze che hanno lo stesso peso, grazie Leo, sei tanto gentile
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