Ieri il Sirente e oggi la Laga, in due giorni ho avuto la possibilità di condividere due regni assolutamente diversi: sono passata dalla cresta innevata e rocciosa del Sirente, elevata ed esposta, al verde intenso dei boschi della Laga, con le sue cascate, le felci e le pietre arenarie. Partiti da Umìto,una piccola frazione del comune di Acquasanta Terme, abbiamo intrapreso una comoda carrareccia che saliva in direzione di Macera della Morte. Il sottofondo dello scroscio dell'acqua ci accompagnava lungo tutto il tragitto. Percorrendo la strada abbiamo incontrato un boscagliolo del posto che, informatosi del nostro itinerario, ci ha detto che non potevamo scegliere momento migliore per visitare le Cascate, perchè rese ancor più spettacolari grazie allo scioglimento delle nevi. Guardando la carta, superata la zona che si chiama Forcella, abbiamo deviato a sinistra in direzione delle Cascate della Prata. Nei pressi della finale della cascata un cartello informativo riportava: Cascate della Prata quota 863 mslm. Formata dal Rio Prata, o Rio Secco, appare come una delle più belle cascate dei Monti della Laga, anche con la portata minima sprigiona il suo magico fascino. Sia lungo il sentiero che viene dalla strada brecciata di fondo valle, sia lungo quello che viene da Umito fino alla base
della cascata, ci sono una serie di piccole piazzole dove fino agli anni 50 gli abitanti di Umito bruciavano legna per ricavarne carbone facile da trasportare; Il paleontologo Guglielmo Allevi nel suo libro “Fra le Rupi del Fiobbo” (1894) parla di un primitivo insediamento umano sul crinale di fronte alle cascate denominato “Ara della Croce”, e chiama i carbonai “i neri sacerdoti del fuoco”. I reperti che furono trovati nell'insediamento furono portati dal paleontologo ad Offida, ma oggi è possibile vederli al Museo Archeologico Nazionale Pigorini di Roma, dove sono custoditi. Il sentiero percorso era anticamente usato per raggiungere l'alta montagna del comune di Montacuto (uno dei cinque comuni in cui fino al 1860 era divisa Acquasanta). I pascoli sopra la cascata sono ancora oggi usati durante il periodo estivo per le greggi. Ripreso il percorso principale, giungevamo presso il Rifugio del Papa (o Rifugio Scalelle) della Forestale, da lì in poi la strada mutava in sentiero.Il tragitto si arricchiva di elementi straordinari, come la Grotta della Spelonga e il Fornetto, di cui un cartello ne accennava la storia: il Fornetto è una grotta chiusa da un muro che, fino agli anni 50, venne usato dai pastori come rifugio per la notte. Sul muro di chiusura era stato costruito un forno (da cui prende appunto il nome) per la cottura del pane. Questa grotta è custode di molta più storia si possa immaginare. Qui transitarono migliaia di briganti, andando a combattere per mantenere il regno temporale dei Papi. Da qui passarono contrabbandieri quando il Monte Macera della Morte segnava ancora il confine tra il Regno di Napoli e lo Stato della Chiesa. Da qui passarono gli antichi che dal rietino, sono giunti a colonizzare i nostri luoghi. Qui si nascosero i partigiani durante la seconda guerra mondiale. Qui transitarono pastori che, in autunno, dal fondovalle andarono con i loro greggi nell'Agro Romano in cerca di temperature meno rigide. Fino al 1950, qui, passarono gruppi di donne che numerose portavano a valle il carbone prodotto tra questi boschi, intonando canzoni d'amore nonostante il duro lavoro.
Ripreso il percorso attraversavamo il Rio d'Imito, i Bacili, e il Fosso dell'Abete, fino ad arrivare, finalmente, al punto di migliore avvistamento della Cascata della Volpara.Un cartello del luogo riportava: Le Cascate della Volpara, che nascono dal Rio Volpara, sono caratterizzate da una serie di salti che iniziano a 2000 metri di quota e terminano a 800 metri più a valle. In inverno le cascate
sono coperte dalla neve che scivola dalle mura laterali, ma quando negli anni più freddi le cascate ghiacciano completamente, lo spettacolo lascia senza fiato. La cima della montagna, nota come Macera della Morte (2073 mslm), fu lo scenario delle guerre combattute fra i Romani e i Piceni. Lì, molti anni fa, un cippo in arenaria segnava il confine tra il Regno di Napoli e lo Stato della Chiesa. Oggi segna il confine tra le regioni Marche, Lazio e Abruzzo. Il sentiero che porta alle cascate della Volpara in passato veniva percorso dai contrabbandieri che attraversavano il confine per evitare i dazi doganali. A valle della cascata sugli scivoli di arenaria (Baccili), con la tecnica della fluitazione si trasportavano tronchi fino alla costa per costruire imbarcazioni. A metà strada circa, si trova il Fornetto, grotta chiusa con un muro utilizzata fino agli anni 50 dai pastori. Sul muro di chiusura era stato costruito un forno per la cottura del pane.
della cascata, ci sono una serie di piccole piazzole dove fino agli anni 50 gli abitanti di Umito bruciavano legna per ricavarne carbone facile da trasportare; Il paleontologo Guglielmo Allevi nel suo libro “Fra le Rupi del Fiobbo” (1894) parla di un primitivo insediamento umano sul crinale di fronte alle cascate denominato “Ara della Croce”, e chiama i carbonai “i neri sacerdoti del fuoco”. I reperti che furono trovati nell'insediamento furono portati dal paleontologo ad Offida, ma oggi è possibile vederli al Museo Archeologico Nazionale Pigorini di Roma, dove sono custoditi. Il sentiero percorso era anticamente usato per raggiungere l'alta montagna del comune di Montacuto (uno dei cinque comuni in cui fino al 1860 era divisa Acquasanta). I pascoli sopra la cascata sono ancora oggi usati durante il periodo estivo per le greggi. Ripreso il percorso principale, giungevamo presso il Rifugio del Papa (o Rifugio Scalelle) della Forestale, da lì in poi la strada mutava in sentiero.Il tragitto si arricchiva di elementi straordinari, come la Grotta della Spelonga e il Fornetto, di cui un cartello ne accennava la storia: il Fornetto è una grotta chiusa da un muro che, fino agli anni 50, venne usato dai pastori come rifugio per la notte. Sul muro di chiusura era stato costruito un forno (da cui prende appunto il nome) per la cottura del pane. Questa grotta è custode di molta più storia si possa immaginare. Qui transitarono migliaia di briganti, andando a combattere per mantenere il regno temporale dei Papi. Da qui passarono contrabbandieri quando il Monte Macera della Morte segnava ancora il confine tra il Regno di Napoli e lo Stato della Chiesa. Da qui passarono gli antichi che dal rietino, sono giunti a colonizzare i nostri luoghi. Qui si nascosero i partigiani durante la seconda guerra mondiale. Qui transitarono pastori che, in autunno, dal fondovalle andarono con i loro greggi nell'Agro Romano in cerca di temperature meno rigide. Fino al 1950, qui, passarono gruppi di donne che numerose portavano a valle il carbone prodotto tra questi boschi, intonando canzoni d'amore nonostante il duro lavoro.
Ripreso il percorso attraversavamo il Rio d'Imito, i Bacili, e il Fosso dell'Abete, fino ad arrivare, finalmente, al punto di migliore avvistamento della Cascata della Volpara.Un cartello del luogo riportava: Le Cascate della Volpara, che nascono dal Rio Volpara, sono caratterizzate da una serie di salti che iniziano a 2000 metri di quota e terminano a 800 metri più a valle. In inverno le cascate
sono coperte dalla neve che scivola dalle mura laterali, ma quando negli anni più freddi le cascate ghiacciano completamente, lo spettacolo lascia senza fiato. La cima della montagna, nota come Macera della Morte (2073 mslm), fu lo scenario delle guerre combattute fra i Romani e i Piceni. Lì, molti anni fa, un cippo in arenaria segnava il confine tra il Regno di Napoli e lo Stato della Chiesa. Oggi segna il confine tra le regioni Marche, Lazio e Abruzzo. Il sentiero che porta alle cascate della Volpara in passato veniva percorso dai contrabbandieri che attraversavano il confine per evitare i dazi doganali. A valle della cascata sugli scivoli di arenaria (Baccili), con la tecnica della fluitazione si trasportavano tronchi fino alla costa per costruire imbarcazioni. A metà strada circa, si trova il Fornetto, grotta chiusa con un muro utilizzata fino agli anni 50 dai pastori. Sul muro di chiusura era stato costruito un forno per la cottura del pane.
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