La strada saliva alla volta della montagna, ripercorrendo parte
dell’antica via di Annibale che nella sua condizione più selvaggiamanteneva il
fascino intatto di una natura al di sopra del tempo e della presenza dell’uomo.
Dopo alcuni decenni dalla realizzazione della tantocontestata strada di accesso
agli altipiani superiori, i boschi si erano finalmente infittiti e la
vegetazione aveva oscurato di molto le traccedegli sbancamenti. Seguivamo la via
del Fosso di Ruella fin dove era praticabile, per vedere la via dell’acqua di
superfice, scoprendo angolidi bellezza incontaminata. I prati superiori alla
destra orografica del fosso si modulavano in dolci avvallamenti impreziositi da
fioriture rasecome il manto erboso, movimentato solo dai cespugli di uva spina
e rosa canina, e da lunghe file di muri a secco, ricordi di un passatorurale intriso
nella terra e percepito nel silenzio. Salivamo tutta la Valle di Ruella per
raggiungere il Rifugio delle Ferrarecce, i prati aperti esenza ormai più limiti dei
boschi trovavano sfogo verso il cielo e la cima delle montagne. I laghi
stagionali erano asciutti, e i pascoli seguivanocomposti i loro tragitti.
Ammiravamo la bellezza della lunga dorsale di Monte Cava, che dal Male Passo al Vado di Femmina
Morta, siinnalzava dinanzi a noi velato di nubi.
domenica 10 maggio 2020
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