domenica 22 aprile 2012

Monte Carpesco dai Piani di Fugno

Il maltempo oscurava le montagne più alte, tutte in balia dei venti e dei vorticosi spostamenti delle nuvole. Le tonalità del grigio facevano in qualche modo da cappa al cielo, e i colori perdevano la vitalità, come se si smorzassero nei toni e setacciassero la luce.I Piani di Fugno si vestivano di quel colore sordo, giusto il Lago di Filetto faceva da specchio al cielo aprendo un varco di luce. La strada che attraversava i Piani di Fugnetto vedeva delimitare con del filo spinato una vecchia zona militare, mille buchetrivellavano quel terreno, segno di passate esercitazioni belliche. Vedevamo dal valico la sezione frontale di Monte Carpesco, circa due o tre volte avevo provato a salirlo, ma ogni volta avevo rinunciato, ora per un motivo ora per un altro quasi semprelegato al maltempo. Eppure era una montagna bassa, di facile accesso. Monte Carpesco era la montagna dei lupi, la sua fitta vegetazione permetteva tane e ripari nei suoi anfratti, a dispetto degli avvallamenti brulli  e delle radure spoglie che vi eranointorno. Quel punto di vista si apriva su una delle zone meno frequentate del Gran Sasso, lo sguardo si inabissava nel panorama uniformato dal colore dorato dell’erba secca. Il vento fortissimo soffiava da tutti gli avvallamenti laterali, rendendoci pocopiacevole la salita, così, a pochi metri dalla cima, io e la mia amica decidevamo nuovamente di rinunciare, anche se la montagna era piccola e facile e non c’erano pericoli oggettivi. Mi rendevo conto che preferivo sempre di più rinunciare alle cime delle montagnequando queste non erano accoglienti, piuttosto che continuare e salirle ugualmente. Perché? Perché non ne trovavo il senso. Una montagna, anche se piccola e di facile accesso, era pur sempre una montagna, un qualcosa di immortale e superlativo al miocospetto, rinunciare a salirla mi faceva sentire riconoscente ad una natura meravigliosa che si componeva di tutto, dalle vette più alte alle collinette più basse. Lungo la via del ritorno una deviazione ci faceva scoprire alcune vecchie grotte scavate daipastori, profonde e con ingressi di pietra, la sorpresa ci ripagava della rinuncia: forse la montagna aveva accolto il nostro segno di rispetto e a sua volta ci aveva fatto un dono.

3 commenti:

  1. Belle considerazioni! Non e che hai qualche pezzo di dna simile al mio? Vattelo-a-pesca...il dna è quasi immortale e passa di generazione in generazione. Sai quanti "giochi di guerra" ho fatto lassù? Al solo pensiero che le granade cadono sugli uomini mi vengono ancora i brividi....
    http://www.anadomodossola.it/Reparti_Alpini/Equipaggiamento/Armamento%20di%20Reparto/Obice%20da%20155%2039%20FH%2070.htm

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  2. al link suindicato si vedono i "giocattoli" con cui sparavamo...

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