Le Isole Tremiti si perdevano nel mare, protette da tutta quella immensità sconfinata e misteriosa. Mentre avanzavamo di rotta levedevamo comparire all’orizzonte, anticipate dalle nuvole che vi erano sopra. Chissà quali sentimenti contrastanti animavano ilcuore di un isolano, così lontano dal mondo e vicino a se stesso, mosso tra l’odio e l’amore di un desiderio d’evasione e unafortissima appartenenza. Probabilmente sarebbe partito, sicuramente sarebbe tornato. Tra i boschi di San Domino e ireperti di San Nicola correva il mito di Diomede, profumato del mirto e raccontato dal vento. Le piante dei capperi rivestivano laterra, mentre strane rocce assumevano forme di elefanti. Alcune caprette nere si inerpicavano su sentieri strapiombati, nel bassodelle carceri e al di sopra del mare. I vicoli del Torrione raccontavano la storia di nonna Sisina, impastata alla nostalgia ealla memoria dei ricordi: nonostante il tempo trascorso l’abbiamo incontrata lì, ancora pronta ad accogliere chiunque bussasse allasua locanda. Il rumore delle cicale si incorporava all’ombra di un caldo pomeriggio d’estate: tra la gente che arrivava e quella chepartiva solo alcuni sarebbero rimasti, pronti come ogni sera a guardare l’orizzonte.
mercoledì 31 agosto 2011
Le Isole Tremiti
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