skip to main |
skip to sidebar
Anello di Monte Tarino
L’acqua
affiorava dalla terra assecondando gli avvallamenti e confluendo tutta nei vari
ingressi del Fiume Aniene. Quelle
sorgenti coprivano un’ampia zona del
territorio, una volta in superficie trovavano da sole il proprio tragitto in
direzione del
mare, in direzione di quella agglomerazione materna da cui erano
attratte ancor prima di venire alla luce. I fossi si ammantavano
del grigio
delle pietre e del rossiccio delle foglie morte, ogni cosa appariva come un’estensione
d’ombra, evocatrice di una Natura
affascinante. La parte alta della salita per
Monte Tarino si vincolava tra le mani dell’inverno, la neve si addossava ancora
su
molti rilievi circostanti, evidenziando profili nuovi e sconosciuti per me
che non ero mai stata sui Monti Simbruini. Il filo di cresta
mostrava le due
facce della primavera, ormai il calore del sole si era appropriato di molte
facce a Sud, scoprendo la terra e i timidi
inneschi di vegetazione; mentre i
versanti a Nord trattenevano a fatica enormi cornici di neve. Tra le croci di
vetta correvano i
profili del Gran Sasso e di altre montagne, mentre
riconoscevo bene l’inconfondibile Piana del Fucino che, con la scomposizione
geometrica dei suoi colori, dava vita alla sua identità. Scendevamo da quel
crinale in direzione del Vallone di Acqua
Corore, le foglie secche schiacciate
dall’ultima neve costituivano un suolo perfetto. Altre sorgenti del Fiume
Aniene prendevano
vita sotto i nostri piedi, apparivano in silenzio e mano mano
prendevano voce nel lungo viaggio della loro esistenza.

Nessun commento:
Posta un commento