C’è un fiore che tutti credevano estinto, l’Adonis Vernalis, un relitto glaciale originario delle lontane steppe asiatiche e giunto fino a noi grazie alle glaciazioni. Il viaggio di questo fiore è durato 18.000 anni, un’impresa straordinaria che lo portava ad attraversare mari e monti per raggiungere l’Appennino,superando barriere insormontabili di sublimi baluardi. Spesso diamo per scontato che le cose delicate siano altrettanto fragili, ma l’essenza della forza giace su altre convinzioni. Il suo ultimo avvistamento lo relegava al Friuli Venezia Giulia, e una volta scomparso anche da lì tutti lo credevano perduto. Da qualcheanno era rinvenuto nei pressi di Castelvecchio Calvisio, con grande sorpresa di tutti i botanici, incontrando fortunatamente la cura e la salvaguardia degli abitanti del piccolo paese. L’Adonis Vernalis non era affatto estinto, ma trovava dimora solo ed esclusivamente qui, a Valle Pagano. Gli abitanti di CastelvecchioCalvisio hanno riconosciuto fin da subito l’importanza di questo fiore, rendendogli omaggio ogni anno con una festa in occasione della sua fioritura, solitamente a metà maggio. Adesso era il momento di andare a vedere quel fiore a Valle Pagano, non potevo assolutamente perderlo, così la decisione di raggiungerloin mountain bike dal lato di Barisciano, passando per la Cima della Selva, verso Monte Camarda: il mio primo giro in bicicletta. La traccia di sentiero si perdeva subito, lasciandomi in balia di continui saliscendi, tra sassi, rocce, sterpi e percorsi da ricercare e interpretare. Non immaginavo che la bicicletta potesse esserecosì impegnativa, i percorsi più ripidi li facevo a piedi, ma nonostante questo comprendevo bene che il suolo di montagna percorso così necessitava di molto allenamento. Gli odori del timo e dell’origano si spargevano nell’aria al mio passaggio, arricchendo la bellezza di quel luogo così isolato e magico. Lafatica era compensata da tutta quella meraviglia. Alla mia sinistra vedevo Santo Stefano di Sessanio e Rocca Calascio, con la sua bellissima torre a me tanto cara. La cima di Monte Camarda, alla mia destra, non era lontana, ma io ero lì per l’Adonide. Come dei piccoli punti di luce quei fiori erano vicini a me e lontani da VallePagano: il vento evidentemente ne aveva trasportato i semi anche su altri avvallamenti. Ora ero felice perché li avevo visti, così preziosi ed unici, erano delle bolle d’oro in grado di contenere il tempo. Alcune gocce di pioggia mi davano il pretesto per tornare indietro, a Valle Pagano andrò domani, magari per un percorso più facile.
venerdì 13 maggio 2011
Il fiore dell'Adonide - parte prima: dalla Cima della Selva verso Monte Camarda
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…………..pedalo nel deserto come un automa nella breccia riarsa e rovente, senza scopo, senza meta. E’ pomeriggio e vado ancora avanti, nessuna piantina è sopravvissuta per me. Neppure una piantina per me. Cosa sarebbe costato ad una semplice piantina sopravvivere per me? Mi avrebbe fatto sentire meno solo.
RispondiEliminaMa nulla compare sulla superficie sterile e dannata. Solo io mi ergo al di sopra dei ciottoli. Che inutilità! Ora sono sull’altipiano immenso, il sole ormai rincorre i suoi raggi tra le creste. Devo tornare anche se già so che è tardi e che comunque non riuscirò ad arrivare prima di notte. Anzi, credo che ormai dovrò dormire all’addiaccio. Devo comunque avvicinarmi il più possibile alla costa perché non posso correre il rischio di dover fare un lungo tragitto di ritorno senz’acqua. Ma il rischio vale una piantina? Per un uomo normale senza fantasia, ne sogni, no, sicuramente no! Ma spero che un po di fantasia e di sogni, un po di poesia sia ancora rimasta nelle profondità della mia anima, altrimenti non saprei come giustificare la mia presenza quassù a quest’ora.
Decido di andare ancora un po avanti e poi di tornare. Pedalo come un ubriaco a destra e sinistra, ma possibile che una piantina…..una semplice piantina….anche uno stecco….una misero stecco…..solo per me…
Non guardo più neppure dove dirigo la bici, poi…..un arbusto minuto, da lontano, potrebbe essere, chissà..andiamo a vedere.
Il cuore mi batte, forse, ma si !!! E’ una piantina
“Eccola finalmente, finalmente! Finalmente una piantina, Ho camminato un giorno intero per lei!” .
Mi avvicino e la raccolgo, povero stecco rinsecchito. Ha perso quasi tutto il suo profumo, ma a me non importa. La metto tra le mani e me la porto al naso, chiudo gli occhi ed inspiro.
Ora sono felice, ho trovato ciò che cercavo e carezzo le foglioline rinsecchite che, divenute fragili come cristalli, si trasformano in polvere appena toccate.
Porgo le mani a conca cercando di non disperdere i resti delle foglie e amorevolmente le ripongo in un sacchetto. Che profumo emana da esso!
Ora perché sento il petto scoppiare, perché ho voglia di piangere? Forse semplicemente questo è l’amore? Il suo profumo sa di vento, di libertà, di notti passate sotto le stelle, di speranze, di ricordi, di sogni, di rimpianti. Sa di caldo, di paura. Sa di folletti e di tempeste. Ora so perché sono venuto quassù, come avevo fatto a dubitare ?